Capitolo 22

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Cinque o sei cocktail più tardi, ridevo sguaiatamente per qualche stupita battuta di Matt. La musica sovrastava ogni mio pensiero lucido, e la vista si annebbiava sempre di più, facendomi vedere i bicchieri sfocati e moltiplicati sul bancone.
Anche Matt sembrava avere quattro occhi e otto braccia ad un certo punto. La sua voce non mi arrivava ma le sue mani che afferrarono decise le mie, erano un chiaro invito a seguirlo in pista, che io accettai.
Mi dimenticai di Brooke, della gente che mi stava intorno e del mio buon senso, quando mi ritrovai a ballare appiccicata a Matt.
Il suo corpo aderiva sempre di più  al mio, e quel contatto, anche nel mio stato di ubriachezza, mi infastidiva. Provai più volte a respingerlo e ad allontanarlo quando le sue mani palpavano con poca discrezione il mio sedere, ma nello stato in cui mi trovavo ogni tentativo di autodifesa veniva fuori come un gesticolare furioso delle mie braccia.
Mi serviva aiuto, mi girava la testa, e prima di sentire le palpebre sempre più pesanti e i sensi abbandonarmi, mi sembrò quasi che qualcuno fosse sceso dal cielo a salvarmi.

Daniel

Parlava, parlava, parlava. Mi stava riempendo la testa di cazzate da ore.
Il mio amico Nate, evidentemente esasperato tanto quanto me, si era lanciato alla conquista di una rossa provocante due divanetti più in là,
e a me, era toccato rimanere in compagnia di Sara. Bella, si. Ma frivola e snob. Il tipo di donne che mi piaceva avere solo nel mio letto. Niente di più. Lei c'era stata, e più di una volta.
A Londra potevo contare sempre sulla sua compagnia quando avevo bisogno di rilassarmi.
La chiamavo, e un'ora dopo era sotto di me che si contorceva e gridava il mio nome.
Ma adesso non era più così. Ero sempre affascinato dalle donne, le ammiravo, le veneravo, ma una in particolare, aveva catturato i miei pensieri e non riuscivo a stare con nessun'altra, perché desideravo avere lei.

Forse a Sara non era chiaro che fossi cambiato, perché da quando era arrivata a New York per seguire la settimana della moda, e posare per un servizio fotografico per Vogue, ci stava provando con me con poco pudore e scarso risultato.

«ma mi stai ascoltando D?» digrignai i denti e serrai la mascella. Odiavo quel soprannome che mi aveva dato.
«ci sono, ma non chiamarmi mai più in quel  modo» le dissi, con un tono aspro che speravo fosse riuscita a cogliere.
«mmmh.. Una volta ti piaceva» mi disse avvicinandosi a me e poggiandosi il mio braccio sulla sua spalla. Con una mano strinsi la balaustra di ferro della balconata, fino a far sbiancare le mie nocche, poi mi scostai bruscamente da lei.

« siamo qui perché hai insistito che passassimo del tempo insieme visto che sei di passaggio a New York», sottolineai la parola passaggio.
« ma i tempi sono cambiati, ed anche io. Ciò che una volta mi piaceva, adesso non mi piace più» la congedai e mi diressi al piano di sotto.
Avevo bisogno di bere qualcosa di alcolico per eliminare la sensazione di fastidio che provavo.
A metà pista mi bloccai. Qualcosa attirò la mia attenzione.
Un vestitino rosso e la chioma castana di una ragazza che gesticolava goffamente verso un tizio un po troppo vicino a lei.
Sembrava un goffo tentativo di autodifesa. Quando vidi che le mani di lui, stringevano il suo sedere e lei cercò di liberarsi della sua presa ma senza riuscirci, cambiai direzione e con ampie falcate ero intenzionato a raggiungerlo e a metterlo al suo posto.
La ragazza si girò, e il pavimento parve sprofondarmi sotto i piedi. Riconobbi Amanda in uno stato confusionale, e in un lampo, mosso dalla rabbia e da non so cos'altro, mi lanciai addosso al tizio scagliandogli un pugno sul naso che adesso iniziava a sanguinare copiosamente.
Mi girai giusto in tempo per afferrare Amanda tra le mie braccia, prima che cadesse a terra.
Era svenuta e mi affrettai a trovare l'uscita e a chiamare Ray per portarla all'attico.
Cercai di farmi largo tra la folla, quando una biondina mi sbarrò la strada. Ed era con Nate.
Dalla rossa alla bionda. Bene.

«lasciami passare, devo portarla fuori» ruggì.
«tu non porti da nessuna parte la mia amica» si oppose. Nate si piazzò alle sue spalle e mi rivolse un occhiata inquisitoria,
« Brooke la tua amica è in buone mani. Daniel si prenderà cura di lei» a sentir pronunciare il mio nome, spalancò gli occhi.
«tu sei Daniel? Quel Daniel?» ma di che Daniel stava parlando? Ero confuso.
«Amanda è mia amica, e tu devi essere il coglione» sussultai sentendomi chiamare in quel modo. Amanda aveva forse parlato di me? Chissà cosa le aveva raccontato.
« la porto nel mio ...» terminò la frase al posto mio « attico» . Okay, quella donna conosceva molto di me. Le donne hanno il vizio di raccontarsi tutto. Non mi avrebbe sorpreso se si fosse messa a recitare il mio numero di conto corrente.
Sparì per un secondo e poi tornò a piazzarsi davanti a me, «tieni» mi porse una giacca e una borsetta.
« sono di Amanda. Portala a casa sua. 5 di Riverside Drive. Occupati di lei finché non arrivo io» mi si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio « non farmi pentire di lasciare le sorti della mia migliore amica nelle tue mani. È la tua occasione per rimandiare a . . Beh lo sai» finì e si allontanò da me.
Compresi il significato delle sue parole e annui.
« mi prenderò cura di lei» .

Conoscevo già il suo indirizzo. Ricordai la prima volta che ci incontrammo in un taxi.
Non ero solito ad utilizzare i mezzi di trasporto, ma quel pomeriggio avevo appena fatto scalo da Londra, e non avevo ancora la mia Audi ed il mio autista.
Arrivammo sotto casa di Amanda e Ray accostò . La presi tra le braccia e lei emise un verso di lamento. Le baciai la fronte imperlata di sudore e mi feci aiutare da Ray per aprire la porta d'ingresso, una volta entrati nell'appartamento lo congedai.
Appoggiai Amanda sul divano e andai alla ricerca del bagno. Nel piccolo corridoio affacciavano solo tre porte. Il bagno davanti a me, e due camere da letto una difronte all'altra.
Non impiegai molto ad individuare quella di Amanda. Era ordinata e piena di cornici con delle sue foto. Sarei voluto rimanere più tempo per osservarle con calma ma non era il momento. Apri i cassetti del suo comò, e cercai una maglietta da farle indossare.
In bagno mi procurai un'asciugamano umida e tornai nel salone da lei, che era ancora sdraiata nella stessa posizione.
Le passai l'asciugamano più volte sul volto, asciugandole il sudore freddo che aveva sulla fronte. Cercai di riscuoterla ma la sentì solo mormorare qualche parola senza senso, per poi tornare nel suo stato di trance.
Mi sedetti sul divano e delicatamente me la strinsi al petto. Le abbassai con una mano la cerniera del vestito mentre con l'altra la reggevo dalla vita.
Toccare la sua pelle, mi provocò delle scariche di adrenalina lungo tutto il corpo.
Vederla in intimo poi, mi fece aumentare i battiti. Le infilai la maglietta e la portai di peso nella sua stanza, adagiandola sul letto.
Mi sdraiai accanto a lei, e le circondai la vita con un braccio. Con l'altro le accarezzavo i capelli e immaginai di poter ripetere quel semplice gesto, tutte le sere della mia vita.

«se solo sapessi quanto mi piaci e quanto ti desidero Amanda» le sussurrai all'orecchio.

Si mosse tra le mie braccia e il mio cuore perse un battito. Mi aveva sentito? Quando chiamai il suo nome però non rispose.
Proprio quando avevo trovato il coraggio di dirle quello che provavo per lei, era troppo ubriaca perché lo ricordasse anche il giorno dopo. Ma forse era meglio così. Ero preso da Amanda in una maniera del tutto nuova per me, ma non potevamo stare insieme. 

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