Capitolo 34

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Daniel

Da dove sono seduto vedo Amanda dormire beatamente. La brezza fresca che entra dalla portafinestra, le muove leggermente i capelli, sembra un angelo.
Apro il laptop e preparo una mail per Vincent, sono curioso di conoscere le novità su Sara.
Non l'ho più sentita dopo le sue minacce, è temo che questo silenzio non porti a nulla di buono.
Mentre aspetto una risposta dal mio investigatore privato sorseggio un whisky e ammiro la vista spettacolare che si gode dal terrazzo della nostra camera d'hotel.
Vancouver illuminata dalle luci della notte sembra un quadro appeso in una galleria d'arte. Vengo riportato alla realtà dal suono di una nuova mail in entrata e mi affretto ad aprirla.
Questa volta Vincent mi ha fornito più materiale rispetto al solito. Nel dossier sono allegate alcune foto di Sara mentre incontrava alcuni uomini. Una fotografia era più nitida rispetto alle altre, e mi soffermai per un'istante sul volto dell'uomo seduto di fianco a Sara in un caffè di Chicago. Mi ricordava vagamente qualcuno di mia conoscenza, ma non riuscivo a ricollegare né il dove, né il quando lo avessi già visto.
Salvai una copia delle foto in una cartella privata e protetta sul laptop e iniziai a leggere il dossier. Un nome catturò subito la mia attenzione e finalmente capii. L'uomo in compagnia di Sara a Chicago era Jack Sallivan, uno dei motivi per cui scappai lontano da Londra anni prima.
Mi rabbuiai all'istante. Quel nome, quel volto che adesso iniziavo a ricordare, stavano riportando a galla nella mia memoria momenti che avevo faticato tanto a dimenticare. D'impulso digitai il numero di Vincent per inviargli un sms

Tutto quello che c'è da sapere su Jack Sallivan deve essere sulla mia scrivania entro domattina.

Quando mi sdraiai accanto ad Amanda la guardai con gli occhi di chi è consapevole di amare qualcuno. Nulla spaventava più i miei sogni, da quando la realtà sembrava essere diventata un incubo.
Cosa ci faceva Sara in compagnia di Jack? E come mai Jack era riapparso dal nulla dopo così tanti anni?
I pensieri nella mia testa pesavano come macigni. Addormentarsi fu più difficile del previsto .

Tornati finalmente a New York, decido di prendermi una giornata libera dal lavoro e riaccompagno Amanda al suo appartamento.
È difficile dirgli di no quando mi invita a salire di sopra, ma per la mattinata ho ben altri programmi.
Imposto sul navigatore l'indirizzo che mi ha mandato Vincent, e do tutto gas sull'acceleratore.
Districarsi nel traffico dell'ora di punta di New York mi ha reso irascibile, e quando parcheggio sotto al palazzo del suo ufficio, mi sento nervoso come non mai.

Mi aspettava seduto dietro alla sua scrivania, i capelli più grigi del solito, disordinati.
« Non te la passi bene ultimamente vero?»
« Sono chiuso in questo maledetto ufficio da due giorni. Il mio sedere deve essere diventato quadrato o non so cosa..» disse alzandosi e massaggiandosi il fondoschiena con le mani.
« Mi dispiace. So di averti messo fretta ma..» mi interruppe con un gesto della mano
« Credo che dovresti leggere questo», mi spinse una cartellina sulla scrivania
« È tutto quello che sono riuscito a trovare su Jack Sallivan » spiegò. Aprii la cartellina e iniziai a leggere quei fogli. Le informazioni su Jack risalivano più o meno ad un passato recente. Niente Londra.
Poi qualcosa attirò la mia attenzione, al punto tale da avere come l'impressione di sentire la mascella toccare il pavimento. Vincent dovette interpretare qualcosa nel mio stupore perché si schiarì la voce e mi parlò « Non eri a conoscenza che Jack per anni ha lavorato alla Helton Holdings?»
Lo guardai come se sentirgli dire quelle parole avesse reso più reale tutto. Jack era tornato nella mia vita. Mi aveva raggiunto dal passato, e avrei dovuto scoprire il perché.

Amanda

Non ero riuscita a convincere Daniel a salire a casa mia. Negli ultimi due giorni il suo atteggiamento era cambiato. C'era qualcosa che turbava il suo umore, e anche se lui pensava che con un falso sorriso potesse darmi l'impressione che tutto andasse bene, sapevo che non era affatto così. Non mi mangiavo la foglia.

Dopo un fine settimana di assenza il mio appartamento era un disastro.
Piatti e scodelle di un paio di giorni, erano impilati disordinatamente nel lavello, e quell'odore di qualcosa andato a male, mi fece rivoltare lo stomaco. Mi pizzicai il naso tra due dita, e cercai di fare mente locale su dove avessi lasciato i miei guantoni rosa extralarge.
Dovevo ridare una pulita alla svelta. Poi, avrei dato una bella strigliata a Fredd.

Finii di pulire e dato che non avevo niente di meglio da fare, decisi di disfare la valigia e di fare il bucato.
Mi sentivo proprio una donna di casa, come la mamma sperava che sarei diventata. La mamma, presi il telefono e la chiamai.
Rispose al terzo squillo
« Mandy, tesoro ..» ,
« Ciao Mamma » sospirai frustata. Per la mamma ero ancora la piccola Mandy.
« come stai figlia mia, ti fai sentire poco.. Eh.. Beh non vieni neanche più a trovarci». Aveva ragione. Mancavo a casa dei miei da.. Wow, doveva esserne passato di tempo. Non ricordavo nemmeno l'ultima volta che gli avevo fatto visita « Hai ragione, ma lo sai qui a New York come vanno le cose. È una città frenetica e poi sono stata fuori per lavoro questo fine settimana». Bastò quella frase per far scatenare la curiosità di mia madre, che iniziò a tempestarmi di domande.
Decisi di passare del tempo al telefono con lei. Le raccontai degli ultimi successi della Helton Holding, e del viaggio di quel fine settimana a Vancouver con Daniel.
« Daniel il figlio di John?» sembrò quasi stupita. « Si mamma, te ne avevo parlato. Daniel è il mio capo. Io sono la sua assistente. Se c'è da accompagnarlo per faccende di lavoro lo accompagno..» conclusi esasperata.
« Faccende di lavoro? Così le chiamate al giorno d'oggi?» spalancai gli occhi, come se potesse vedermi. Dove voleva andare a parare mia madre? « Non so a cosa tu stia alludendo mamma, ma ti sbagli. Papà è alla RedWines?»
« Si, cambia pure argomento. Tanto non me la bevo. Ho sentito troppo entusiasmo nella tua voce quando mi raccontavi di questo fine settimana. Di solito ci si strappano via i capelli per tutto lo stress che comporta lavorare anche il sabato e la domenica » . Mia madre. Più veloce di una lepre a capire come stanno veramente le cose.
Cercai di dissuaderla da quei pensieri assicurandogli che si stava sbagliando di grosso, poi le raccomandai di salutarmi papà, promettendole che sarei andata a trovarli presto.
Quando chiusi la telefonata, il telefono bruciava come un tizzone ardente.
Inviai un sms a Daniel
Come va? Ti va una pizza a casa mia per cena?

Mi aspettai di ricevere subito una risposta, come Daniel era solito fare, ma non fu così.
Fissai il cellulare così intensamente ed a lungo, che ad un certo punto pensai di poterlo sollevare con la forza del pensiero. La telecinesi, era qualcosa che mi aveva sempre affascinato.
Passarono ore e dovetti addormentarmi sul divano, perché non riuscì subito ad identificare cosa fossero quei strani colpi che sentivo ripetersi da quasi cinque minuti.
Tum-Tum-Tum . La porta. Scattai in piedi dal divano con una strana agitazione nel petto.
Mi diedi una rapida occhiata allo specchio del camino, e cercai con una mano di lisciare quella crocchia disordinata che erano diventati i miei capelli. Indossavo una tuta di Fredd. Larga e così poco da me. Sui pantaloni di lato, correva una striscia di paillettes rosa. Ovviamente le aveva fatte aggiungere Fredd da una sarta. Diceva che anche per fare jogging ci voleva un certo stile. Afferrai il cellulare dal divano  e andai verso la porta. Daniel non aveva risposto al mio messaggio, ma ero sicura di trovarmelo davanti con una pizza in mano, non appena avessi aperto la porta. Voleva farmi una sorpresa, pensai sorridendo mentre con una mano aprivo la porta.
Il sorriso mi morì  sulle labbra. Iniziai sentire freddo. Tanto freddo, e la stanza tutta intorno prese a vorticare velocemente.
Mi sarei aspettata chiunque quella sera dietro la mia porta. Chiunque, ma non Jack.


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