Capitolo 31

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Il secondo dossier è proprio davanti ai miei occhi.
Non ho sentito Vincent per tutta la giornata, ma Richard ha salito puntuale dalla portineria la busta gialla con tutte le risposte di cui ho bisogno. O magari nessuna.
Sposto lentamente la copertina di lato, e le prime cose che vedo sono una serie di fotografie, che catturano vari istanti in cui Sara è in compagnia di altri uomini.
Uno di questi lo riconobbi subito. E' Nate, il mio migliore amico. Nella foto lui e Sara sorridono seduti al tavolino di un bar a mentre sorseggiano un caffè.
Stranamente non ne rimasi sorpreso. Sara e Nate si conoscono da quattro anni, quando si presentò ad entrambi al Roundhouse, nel pieno centro di Covent Garden.
Appena la sentimmo parlare, entrambi trovammo il suo accento British molto sexy. Certo, non vibrante quanto le H aspirate, e le R roche e gutturali che sussurrano le donne dall'accento  francese, ma seducente quanto basta a far gare a chi dovesse offrirgli per primo da bere.
Sara fu gentile ad accettare un Martini con ghiaccio da ciascuno di noi, ma il suo sguardo, da dietro quelle sue lunghe ciglia dorate e semi nascosto dal bicchiere di vetro, puntava dritto ed intenso nel mio.
Perchè io e non Nate? mi viene da pensare solo adesso.
Lo supero in altezza solo di qualche centimetro, lui è biondo come l'oro, io nero come la pece, ed uno dei nostri conti in banca ha più zeri dell'altro, e guarda caso proprio il mio. Magari era per quello che si era avvicinata a me, pensai.  Ma cosa voleva veramente quella sera di quattro anni fa la ragazza bionda dall'accento British ? Un'altro Martini? Avermi tra le lenzuola? Un orgasmo? L'accontentai, per quella sera e per tante altre ancora, fino a quando New York divenne la mia scusa perfetta per allontanarmi da lei.
Adesso a distanza di anni, non avrei più potuto esaudire le sue richieste. Non mi interessavano più le sveltine occasionali. Non dopo Amanda.

Amanda

Era già venerdì. La valigia vuota sul letto, aspettava che la riempissi di coraggio.
L'inaugurazione del ristorante di Jensen, fu qualcosa a cui non potei rifiutarmi di partecipare. Me lo aveva detto Daniel e ribadito John, a fine turno ieri mi aveva convocata in ufficio e pregata di salire sul volo diretto a Vancouver insieme a suo figlio.
Mi limitai ad annuire, con le spalle basse e pesanti. Arresa.
Buttai alla rinfusa indumenti presi a casaccio dai cassetti, e dalla gruccia appesa nell' armadio, tirai giù un tubino color verde petrolio, lo ripiegai a metà  poggiandolo sul mucchio di vestiti che non ero riuscita a riordinare.
Andai verso il bagno, e riempii la vasca di acqua bollente e sali profumati alla mandorla.

I miei muscoli tesi avevano bisogno di calore per distendersi. Allontanai tutti i pensieri negativi e lo stress, concentrandomi solo sul battito del mio cuore che pulsava nel petto.
Tum-Tum   Tum-Tum
Contai due, poi dieci e poi chissà. Le mie palpebre si chiusero lasciando spazio al buio e ad uno strano senso di pace.

Quando mi costrinsi ad aprire gli occhi, l'acqua era diventata ormai fredda e l'orologio sulla parete segnava quasi mezzogiorno. Ero rimasta per più di un ora immersa nella vasca da bagno, e quando uscii fuori  le mani e i piedi ormai avevano preso un colorito pallido ed un aspetto squamoso.
Presi la prima cosa dall'armadio a muro e la indossai. I capelli  si erano arricciati per l'umidità e decisi di legarli in una coda bassa e morbida.
Arrivai come sempre in anticipo di qualche minuto in ufficio, e iniziai a preparare le cartelle per la riunione del primo pomeriggio con i soci di maggioranza.
Avremmo sicuramente parlato di Vancouver e di Jensen, ecco perché anche io avevo il mio posto a sedere attorno alla scrivania.
Jensen non aveva fatto altro che parlare di me, sin dal nostro primo incontro, quando il ristorante che stava per inaugurare, era ancora solo un mucchio di diapositive e progetti.

Distribuii le cartelline ad ogni posto e aspettai che tutti si accomodassero per spegnere le luci ed accendere il video proiettore.
All'appello mancava ancora qualcuno però. Daniel.
Lo vidi entrare qualche istante dopo, con la sua solita postura fiera e autoritaria.
Indossava un completo grigio di buona fattura, ed una camicia azzurra che spuntava da sotto un gilet a doppio petto a quadri.
Portava ancora gli occhiali, e quando li sfilò dal viso i suoi occhi di ghiaccio illuminarono tutta la stanza.
MI aveva lanciato uno sguardo fugace, mentre prendeva posto sulla sua sedia, un solo istante occhi dentro occhi, era bastato a mandarmi in brodo di giuggiole.
Quante donne faceva sentire così? Tante immaginai, ma in cuor mio speravo di essere l'unica.

La riunione si concluse dopo quasi un ora.
Tutti i soci lasciarono la stanza insieme a John, mentre io era ancora impegnata a riordinare la sala riunioni.
Sentii un clic della porta e mi girai di scatto.
Daniel avanzava verso di me, il suo sguardo diventò finalmente caldo. Liquido.
Non riuscii a sfuggire alla sua presa,  e senza sapere come mi ritrovai intrappolata tra il suo corpo e la scrivania.

« Dovrei starti lontano. Ma non ci riesco» ammise con un forte sospiro.
Continuavo a non capire.
« Perché mi stai allontanando?» gli chiesi.
Daniel mi prese il viso tra le mani , e con il pollice prese ad accarezzarmi dolcemente il labbro inferiore che aveva iniziato a tremarmi
« Devo. Ci sono tante cose che non sai Amanda» ammise guardandomi negli occhi
« Puoi parlarmene. Parlami Daniel, sono qui»
« Credimi, vorrei. Ma non è così facile. Non posso»
Sembrava sconfitto quando appoggiò la sua fronte sulla mia, ed improvvisamente avvertii  il peso che l'uomo davanti a me, portava come un fardello sulle spalle.
Avrei voluto saperne di più, ma non era quello il momento per fargli altre domande.
Di qualsiasi cosa si trattasse, in quel momento Daniel non voleva parlarmene, ma avvertivo comunque il bisogno di stargli vicino, di dimostrargli che per lui c'ero e che sarei sempre stata presente così presi coraggio e feci  l'unica cosa che desideravo fare in quel momento.
Alzai lo sguardo verso il suo, e lo baciai.
Daniel dischiuse immediatamente le labbra e le nostre lingue si toccarono.
Era proprio come ricordavo. Menta e gelsomino, misto ad un gusto forte di uomo che solo uno come lui poteva avere, e che mi stava  già facendo bagnare.
Il bacio divenne sempre più intenso e profondo, e i respiri di entrambi pesanti.
Daniel mi sollevò sulla scrivania e mi fece sdraiare di schiena.
La sensazione del legno freddo contro la mia pelle bollente, mi provocò un brivido di piacere.
Allungai le mani verso il suo petto. Desideravo spogliarlo, strappargli la camicia di dosso Daniel le allontanò e le strinse in una morsa salda sopra la mia testa.
La sua mano libera risalì  lenta lungo la mia coscia, cercando quel pezzettino di pelle nascosta che stava bramando il suo tocco. Quando lo trovò ebbi un sussulto poi mi abbandonai al piacere mentre Daniel mi accarezzava nei punti giusti.
Con la bocca mi lasciava baci umidi lungo il collo, soffermandosi proprio sotto il lobo, nel punto magico che mi faceva arricciare le dita dei piedi.
« Quanto mi sei mancata»  sussurrò con la voce arrochita dal desiderio
« Anche tu. Ti prego non fermarti, io ..» risposi
« Schh. Non c'è cosa che desideri di più in questo momento che sentirti sciogliere tra le mie mani».
Daniel intensificò il movimento delle sue dita dentro di me , fino a che non lo strinsi come in una morsa.
Iniziai a tremare scossa da uno degli orgasmi più intensi della mia vita. Mugolai di piacere e Daniel continuò a baciarmi
« Qualsiasi cosa stia accadendo, non tagliarmi fuori.» lo implorao 
« Non voglio rinunciare a te» disse stringendomi al suo petto.
« Neanche io».

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