Capitolo 28

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Londra, sei anni prima

Daniel si considerava il ragazzo più fortunato al mondo. Mesi e mesi di pressioni alla fine avevano convinto il padre John, a cedere alla sua folle idea di proseguire gli studi universitari a Londra. E adesso era qui,
nella città dove il sole si nasconde spesso dietro le nuvole, dove i pullman sono rossi e a due piani, e dove le macchine camminano al contrario.
Ci avrebbe impiegato un po ad abituarsi al cambiamento, me ne era felice. Era quello che desiderava.
Suo padre John era da sempre il suo mentore e la sua fonte di ispirazione.
Sul lavoro lo aveva sempre reputato un uomo forte, caparbio, all'apparenza senza paure, che riusciva ad imporsi sugli altri ottenendo sempre quello che voleva, ma se gli avessero chiesto di descriverlo nella vita privata e come padre, avrebbe dovuto tirare fuori parole diverse.
John non si era mai imposto. Con Daniel c'era sempre stato un sottile filo di differenza. Non l'aveva mai obbligato a camminare dietro la sua ombra, al contrario l'aveva sempre lanciato nelle sue scelte, augurandosi che prendesse quelle giuste, e non lo deludesse mai. Daniel si augurò lo stesso. Con i suoi studi in economia, sperava un giorno di poter lavorare al fianco del padre, di poter condividere insieme a lui , le stesse passioni e lo stesso entusiasmo.
Si impegnò al massimo per raggiungere sempre buoni voti, e per un lungo periodo di tempo ci riuscì.
Le telefonate di John e Lisa nel fine settimana, erano un susseguirsi di lodi al suo impegno e un continuo incoraggiamento a fare sempre di più. Daniel si sentiva orgoglioso, ed i suoi genitori erano orgogliosi di lui.

Fino a quel momento non si concesse le distrazioni dei suoi vent'anni.
Pensava solo a passare i pomeriggi e le sere tra i libri di diritto e di statistica.
La statistica era legata in qualche modo alla teoria della probabilità, e quante probabilità potevano esserci da 0 a 1, se quella sera invece di studiare per l'esame del giorno dopo, avesse seguito il consiglio del suo compagno di stanza e fosse finalmente uscito per andare ad una festa?
Iniziò velocemente ad elencare i pro e i contro, e man mano che i contro aumentavano, fece una scelta impulsiva sbattendo la copertina del libro sotto il suo palmo e lasciandosi finalmente andare al divertimento.
Solo per una sera, si era detto.

Quando arrivò davanti l'edificio della confraternita capì che non sarebbe stato facile far prevalere i suoi buoni propositi d'ora in poi. Quando hai un assaggio della vita da universitario spensierata e vibrante , ne vuoi sempre di più.
E fu così. Da una festa al mese, passò ad una ogni settimana, e così si circondò di persone nuove.  Luke, Liam, Adrian e Jack, erano diventati il gruppo fisso con cui uscire, sedere a mensa e marinare lo studio.
Ormai i libri quasi facevano la polvere sulla sua scrivania, ma ogni tanto,  assalito dal senso di colpa, si buttava notti intere a studiare per poi dare un esame sufficiente alla promozione. Ma le lodi erano sempre più lontane.

Ad una festa conobbe Emily. I suoi capelli biondi, lunghi fino a sfiorarle le natiche, l'avevano fatta spiccare tra le altre ragazze. Quando iniziò a parlare con lei, capì che oltre alla naturale e innocente bellezza, possedeva uno spiccato senso dell'umorismo che lo facevano ridere a crepapelle.
Avrebbe voluto presentarla ai suoi amici, era sicuro che sarebbe stata simpatica anche a loro. Si guardò intorno ma tra le centinaia di ragazzi con bicchieri rossi in mano, non vide nessuno di loro.
Non era la prima volta che lo piantavano in asso così. Già ad un paio di feste, era capitato che ad un certo momento della serata,sparissero tutti e quattro senza dargli spiegazioni. Quella sera decise di andarli a cercare. Chiese ad Emily di aspettarlo e si addentrò tra la massa.
Ogni volta che si avvicinava a qualcuno che gli assomigliasse, veniva scacciato via in malo modo.
Perlustrò tutto il pian terreno, ma di loro non c'era traccia. Decise di cercarli al piano di sopra. Una serie di porte chiuse lo scoraggiarono. Probabilmente al loro interno alcune coppiette si stavano dando da fare, e lui non voleva fare il guastafeste. Poi una voce dal fondo del corridoio, fece arrestare i suoi passi. Assomigliava molto a quella del suo amico Liam, e questo bastò a farlo tornare indietro e a dargli coraggio per provare ad aprire la porta.
Quando lo fece rimase di sasso. Non avrebbe più potuto cancellare quell'istante dalla sua mente e dai suoi ricordi.
Aveva trovato i suoi amici.
Luke, Liam, Adrian e Jack erano tutti lì, davanti a lui, e lo fissavano in cagnesco come quando qualcuno interrompe qualcosa di veramente importante. Ed era così.
Spostò leggermente lo sguardo sul letto dietro di loro, e ciò che vide, lo fece smettere di respirare fino a quando non sentì i polmoni seccarsi.
Una ragazza, probabilmente ubriaca, era sdraiata in intimo, imbavagliata e con i polsi e le caviglie legate, sul letto.
Probabilmente erano stati loro a indurla a bere fino a farla diventare così, inutile e priva di sensi.
Liam stringeva una macchina fotografica tra le mani. Era uno di quei modelli che davano subito le istantanee, e stava fotografando lei.
Da ogni posizione, da ogni prospettiva.
« che cazzo state facendo?» finalmente Daniel aveva trovato coraggio per parlare
«secondo te cosa stiamo facendo amico? Ci divertiamo» la risposta gli arrivò allo stomaco come un pugno.
Conati di vomito cominciarono a spingere per uscire. Mai come in quel momento, si era pentito di non essersene rimasto in stanza a struggersi tra numeri e probabilitá.
« questo voi me lo chiamate divertimento? È viva almeno? Cristo.» riuscì a dire e fece per avvicinarsi al letto ma la mano di Luke gli si parò davanti.
« non darti troppa pena amico, sta bene. È solo ubriaca» spiegò.
« perché l'avete ridotta in questo stato? A che gioco state giocando? E tu perché continui a scattarle queste cazzo di fotografie? Smettila.» chiese rabbioso verso Liam
« stai calmo amico, non pensavo fossi così scassa palle. Lo sai chi è la bella addormentata?» Liam rispose indicando con la mano libera il corpo della ragazza, sempre più pallida e inerme. Daniel scosse la testa. Mezzo viso era coperto da un bavaglio nero, ma da quello che poteva vedere, non le sembrava di conoscerla.
« è la figlia di uno dei docenti dell'ateneo. Uno stronzo pezzo di merda, che lo scorso semestre mi ha bocciato all'esame per cinque crediti.
Cinque fortuitissimi crediti, ti rendi conto? » spiegò arrabbiato
« continuo a non capire cosa ci faccia mezza nuda e legata come un salame con voi che la fotografate» spiegò Daniel
« le fotografie ci servono per minacciare il paparino. Doveva pagare in qualche modo per avermi bocciato all'esame. Gli spediamo queste belle cartoline a casa e gli chiediamo dei soldi»
« voi siete fuori di testa. E se non volesse pagare? Se non si lasciasse intimorire dalle vostre minacce?»
« allora non sarà contento di vedere le foto della sua principessa, tappezzate per tutto l'ateneo» concluse Liam.
« anzi dovremmo farne qualcuna di più spinta» propose Adrian e Liam annuì. Mosso da un barlume di coraggio Daniel cercò di strappargli la macchina fotografica dalle mani « dammi questa cazzo di macchina fotografica o giur...» non terminò la frase. Un pugno così forte da farlo quasi girare su se stesso gli si assestò sulla mascella. Sentì dolore, un dolore mai provato prima, e poi vide il buio.

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