« Hijo? Tu tienes hijo? ».
Damastair voltò uno sguardo sconvolto sul latino. « Io... io non lo sapevo », balbettò, e si girò verso la sirena. « Kate... noi abbiamo... un figlio? ».
Il piccolo mezzodemone lo fissò con uno sguardo scettico. Leònidas dovette ammettere che non era del tutto repellente: gli occhi enormi gli davano un'aria indifesa, da cucciolo smarrito, le piccole scaglie sembravano morbide come pelliccia, la coda si agitava nervosa come se il piccolo si vergognasse di trovarsi lì: probabilmente quei movimenti erano l'equivalente belfagor dello stropicciarsi le dita e strusciare i piedi a terra.
« Tu sei il mio papà? », domandò con la sua vocina sottile.
Damastair fissò Kate con aria terrorizzata.
Lei gli annuì. « Sì, amore mio, questo è il tuo papà ».
« Dios mìo... », scrollò il capo Leònidas, « Tu tienes hijo... hai un figlio! ».
Il belfagor si voltò verso di lui. « Puoi darci cinque minuti, per favore? », gli domandò, solo vagamente scocciato.
Leònidas, quasi lieto di aver trovato una scappatoia per quel momento imbarazzante, si affrettò ad uscire sul pianerottolo della scale e a sedersi su di un gradino. Si sentiva sottosopra: un demone con un figlio. Un figlio per metà umano, per di più! Sembrava impossibile, ma quella storia stava diventando persino più assurda! Chiuse gli occhi un momento, cercando di non pensare a Damastair e Kate insieme: era un pensiero capace di dargli i brividi.
Era fuori da nemmeno due minuti quando la porta si socchiuse e il piccolo mezzodemone lo raggiunse sulla scala, andando a sedersi accanto a lui. « Ciao », squittì.
« Hola ».
Il bambino aggrottò la fronte. « Ho detto ciao ».
« Anch'io ».
« Non è vero. Hai detto ola ».
« Hola », lo corresse Leònidas, « Significa ciao, nella mia lingua ».
« La tua lingua? Perché? ».
Leònidas corrugò le sopraciglia. « Perché? ».
« Perché? », ripeté il bambino mezzodemone.
« Perché cosa? ».
« Uffa », sbuffò il piccolo e si raggomitolò su sé stesso, con le braccia incrociate attorno alle gambe e la coda avvolta attorno al corpo. « Nessuno mi dice mai niente ».
Leònidas boccheggiò come per protestare, ma poi chiuse la bocca: sembrava più saggio non dire niente. Non sarebbe sopravissuto ad un altro perché?.
« Sai che a volte riesco a leggere nella mente delle persone? », trillò dopo qualche istante di silenzio il bambino, tutto allegro.
Leònidas si trattenne a stento dal battersi il palmo della mano contro la fronte. « La cosa non mi sorprende », gemette.
« Posso leggere nella tua? », domandò educatamente dopo un altro attimo.
« Qué? ».
« Mamma dice che non è educato leggere nella mente delle persone. Dice che bisogna sempre chiedere il permesso », sfarfallò coi grandi occhioni da rettile, « Posso? ».
« Dios santo, no! ».
Il bambino aggrottò la fronte. « Perché no? ».
Leònidas balzò in piedi e corse alla porta, che spalancò chiamando il nome di Damastair. Un momento dopo ne uscì leggermente pallido e prese il bambino per una mano. « Cómo te llamas, chico? », gli domandò, ficcandosi nervosamente le mani nelle tasche.
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NIGHTERS - La Guardiana
ParanormalFrank non è una ragazza come tante. E' una Guardiana, uno sceriffo del soprannaturale, come sua nonna prima di lei. E quando si ritrova tra le mani una misteriosa reliquia che tutti sembrano volere, dovrà improvvisamente imparare di chi fidarsi. Tra...