10. Tonino

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Finito di disinfettare e fasciare la ferita alla spalla della mia migliore amica mi alzai e camminai a passo sicuro fin dove le luci di emergenza lasciavano l'area in penombra. Era lì che avevo visto accucciarsi Roberta pochi minuti prima ed ero sicuro che non si sarebbe mossa se nessuno le avesse dato una bella scrollata.

Siamo sempre stata una comitiva difficile, noi. 

-''Va tutto bene?''

Mi avvicinai con cautela appena capì che mi aveva riconosciuto e quando aveva annuito poggiai la schiena al freddo muro bianco scivolando lungo la sua superfice umida mi acomodai accanto a lei, sfiorandole una spalla con dolcezza.

-''Che vuoi che ti dica?''

Lei di tutta risposta si allontanò leggermente stringendo le gambe con le braccia e poggiò il viso sulle ginocchia socchiudendo i grandi occhi scuri.

Anche io conoscevo le debolezze di quella ragazza dalla carnagione lattea, lei aveva la brutta abitudine di considerarsi inutile, o addirittura un peso, e il fatto di non aver contribuito per nulla durante il casino successo all'area ristoro doveva averla convinta di più di quelle sue stupide paranoie.

Lei poteva definirsi la solita ragazza che si nasconde dietro evidenti finti sorrisi e risate troppo forti e fuori luogo, in ogni caso qualunque sentimento cercava spesso di celare veniva svelato facilmente, suo malgrado.

-''Siamo tutti sulla stessa barca purtroppo, ma almeno siamo insieme, giusto?''

Il suo sguardo stanco si posò su di me, le iridi quasi nere velate dalla tristezza e le occhiaie che da sempre albergavano sul suo volto risultavano più scavate ed evidenti del solito, rendendo il suo viso magro quasi scheletrico. 

-''Ripeto, che vuoi che ti dica? Questa situazione non fa per me, devo solo abituarmici, datemi tempo''

Sbuffai piano cercando di non farmi sentire mentre il suo viso si girava per evitare di guardarmi. Per un secondo un silenzio quasi innaturale sembrava essersi impossessato di noi ed i suoni che prima si potevano udire chiari adesso risultavano lontani ed ovattati.

Per l'ennesima volta qualcuno aveva alzato una corazza che io non avrei potuto sorpassare.

Infondo siamo sempre stati una comitiva difficile, noi, perchè ognuno a modo suo si ostina a chiudersi in se stesso senza lasciarsi mai aiutare dagli altri. Ovviamente c'è chi lo fa spesso e chi di rado, ma prima o poi tutti sono passati da quel periodo di silenzio e scarsa voglia di vedere gli altri ed è una cosa che mi ha sempre fatto incazzare.

-''Dalila mi senti? Dove siete arrivati?!''

Il tono di Omar era cambiato drasticamente rendendomi facile comprendere che finalmente era riuscito a mettersi in contatto con gli altri e che probabilmente stava andando tutto per il meglio.

Guardai un'ultima volta la ragazza prima di alzarmi e raggiungere gli altri, sarebbe stato inutile invadere i suoi spazi finchè non si sarebbe calmata. 

Mi avvicinai al ragazzo dalla barba incolta e cercai di cogliere le voci che probabilmente provenivano dall'aggeggio che aveva velocemente portato all'orecchio ma sfortunatamente non riuscì a capire nulla.

-''Capisco, fate piano, vi stiamo aspettando. Chiudo.''

Omar si girò nella mia direzione e la sua espressione serena suggeriva che fosse tutto apposto. L'aria diventò d'un tratto più leggera e tutti capirono senza bisogno di parole.

Se prima ci eravano lasciati cullare dall'ansia e dal dolce far niente adesso il tutto si era trasformato grazie alla frenesia che l'imminente fuga da quell'inferno ci aveva portato, persino io, che solitamente non mi faccio prendere dalle emozioni, cominciai a riordinare tutto vicino ad un pullman a caso. 

Infection #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora