14. Alessandro

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Scostai mia sorella e la misi alle mie spalle. Quell figura era ancora immobile e celata dell'oscurità, sicuramente ci stava fissando e altrettanto sicuramente era umano ma mai avrei potuto dire se fosse pericoloso o meno.

-"Siete umani! Grazie al cielo!"

Una voce roca distusse l'inquietante silenzio che aleggiava nell'aria e la figura venne avanti lasciandosi finalmente illuminare dagli ultimi fiochi raggi di sole provenienti dalla porta rotta alle nostre spalle.

L'uomo era sulla quarantina, volto stanco e segnato da qualche ruga, labbra fini e barba incolta e poi penetranti occhi neri che si erano illuminati appena aveva compreso di aver davanti altri umani.

Nonostante il fisico asciutto le spalle e le braccia sembravo essere abbastanza forti, reggeva una padella nella mano destra e le nocche ormai bianche facevano intuire quanta tensione avesse provato. Come biasimarlo, in fin dei conti? Dove aver provato lo stesso nostro panico, con un unica differenza, noi siamo in 13, lui sembra essere solo.

-"Mi dispiace, non volevo spaventarvi, ma credevo fosse quei mostri. Voi state bene?"

L'uomo si avvicinò di più allentando la presa sulla sua arma improvvisata, ci guardava attentamente cercando possibili ferite e quando ebbe finito ci sorrise calorosamente.

-"Noi fortunatamente stiamo tutti bene, lei è solo?"

-"Datemi pure del tu se vi va! Mi chiamo Paolo, in cucina ci sono mia moglie e mio figlio, si stavano nascondendo"

-"Ok Paolo, io sono Giorgia, voi state tutti bene? E da quanto siete qui?"

Paolo fece finalmente cadere la padella e anche molti di noi lasciarono scivolare le armi convincendosi che per il momento il pericolo era scampato e persino Giorgia, nonostante fosse la più esposta, sembrava tranquilla senza le sue lame. Io e Omar però decidemmo di tener salda la presa sul coltello, non potevamo fidarci così tanto di uno sconosciuto.

-''Questo posto è vostro? Mi dispiace per i danni ma non abbiamo avuto altra scelta. Siamo qui da tre giorni e sembra proprio un posto sicuro''

Giorgia gli sorrise e gli si avvicinò rassicurandolo riguardo ai danni alla finestra. Sicuramente quello sarebbe stato l'ultimo dei nostri problemi.

-''Io e Alessandro rimaniamo qui, voi cominciate a recuperare i borsoni, la situazione sembra sotto controllo.''

I ragazzi lasciarono la stanza facedomi rimanere in compagnia di Omar e dell'uomo dai capelli leggermente brizzolati. Guardai in viso il mio amico, i muscoli tesi mi suggerivano quanto fosse nervoso e guardando meglio in giro potevo capirne anche il motivo.

Da dove eravamo entrati partiva una leggera striscia di sangue rappreso che continuava sotto i nostri piedi e imbrattava qua e la tutta la stanza. Le scale alla nostra destra, che portavano al piano superiore, erano anch'esse sporche anche se le macchioline terminavano bruscamente a metà facendo intendere che chi era intento a salire si era dovuto per qualche motivo bloccare in quel punto.

Mi avvicinai di più a Omar che osservava Paolo con diffidenza, anche gli abiti dell'uomo erano leggermente sporchi di sangue ma che sembrava a sua volta troppo poco per provenire da un possibile combattimento con quei mostri.

-''Dovresti andare a tranquillizzare la tua famiglia, avete bisogno di qualcosa?''

-''No, abbiamo trovato qui abbastanza viveri, in realtà non siamo riusciti a cucinare nulla dato che il gas non ne vuole sapere di accendersi ma quello che c'era è bastato e noi per fortuna stiamo bene''

-''Meglio così e dato che adesso ci siamo anche noi vedremmo di risolvere il problema con il gas''

L'uomo annuì e lasciò la stanza passando per la porta di fronte a noi e raggiungendo la cucina dalla quale provenivano suoni confusi, fra i più distinguibili c'era la voce stanca di una donna ma che sembrava prendere vigore piano piano fino a trasformarsi in veri e proprio urletti di gioia.

Infection #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora