Confusione

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Simon.

La trovai in cucina intenta a divorare una pila di pancakes. I piedi nudi e le gambe semi scoperte, risvegliarono una parte di me. Fotografai mentalmente la scena.

Poggiai il piatto sul bancone della cucina.

-Ho fatto costruire un recinto per quel ammasso di peli- dissi.

Alzai gli occhi al cielo. Non volevo assolutamente che quel gesto sembrasse romantico perchè non lo era. Avevo soltanto trovato una soluzione rapida al mio problema. Il gattaccio non poteva tornare a casa sua vista la presenza di Ann e Matt. Non volevo la presenza degli amici ficcanaso di Leon. Quindi eccoci alla soluzione finale.

Lei si girò verso di me con la bocca ancora piena di pancake.
Fece una faccia sbigottita.

Sospirai.

-Ho fatto preparare un nuovo spazio per il gatto.- Indicai l'esterno.

Leon, guardò un punto non bene identificato fuori dalla finestra.

-Insomma deciditi, o lo spedisco in un rifugio oppure lo porti subito fuori di qui.- alzai la voce.

Dannata donna.

Lei mandò giù il boccone e mi lanciò uno sguardo di sfida.

-Prima voglio costatare che razza di posto è, non so mica se sia adatto ad un gatto, al mio gatto. Poi conoscendoti non saprei proprio cosa aspettarmi.- rimproverò con le braccia sui fianchi.

Digrignai i denti.
Decisi di non aggiungere niente sarebbero state parole sprecate.

Mi avviai verso l'uscita sperando che mi seguisse.

-dove vai così di fretta, aspettami Simon!- urlò da dietro.

Non avevo di certo tempo da perdere.
Stavo iniziando a pentirmi.

-Ti vuoi fermare! Si dia al caso che sono mezza nuda in un giardino pieno di telecamere e ci saranno non più di dieci gradi!- brontolò.

Mi voltai mentre lei stava tirando la striminzita vestaglia per cercare di coprirsi.

-Non ti facevo così pudica!- ribattei

Aveva impuntato i piedi a terra ed un ciuffo ribelle era uscito dall'elastico.

Feci dietro front e me la caricai sulla spalla.
Lei iniziò a ribellarsi e a scalciare come una gazzella.

-Che diamine! Lasciami andare, che razza di zotico cavernicolo sei. Leva la tua mano dal mio culo!- urlò.

Affrettai il passo senza risponderle fino ad arrivare a destinazione.

-Simon pronto parlo con te!- cacciò un urlo ancora più acuto.

La lasciai a terra.

-Che modi!-

Stava per aggiungere qualcosa quando si guardò intorno.

Finalmente quella sua boccaccia aveva smesso di parlare.

C'era una strana luce nei suoi occhi, deviai lo sguardo, era troppo per me.

-Porta il gattaccio qui, sentenziai prima di voltarmi-

Potevo finalmente donare alle mie faccende, e stare sereno per quanto riguarda quella maledettissima allergia.

-L'hai fatta tu?-

Mi fermai di colpo.

-L'hai costruito tu?- ripetè.

-Secondo te ho tempo per mettermi a fare cose del genere?- controbattei.

Mi voltai.

Stava facendo scorrere il dito su una delle mensole su cui vi era poggiato il cibo per i gatti.

Lei si voltò, mi ritrovai così a fissarla negli occhi.

-L'hai fatto tu, lo so, è identica alla casetta dei pirati che mi avevi costruito con Matt un tempo.-

Strinsi i pugni.

-Portaci il gatto.- mi limitai a dire.

Mi voltai e uscii.

Allungai il passo prima di poter fare e dire qualcosa di cui potevo pentirmi.

-Grazieeee- il suo profumo mi stava circondando.

Me la trovai incollata alla schiena come un tempo.
Le sue gambe si stringevano intorno alla mia vita.

Senza pensarci strinsi le sue gambe per evitare di farla cadere e non mi mossi.

La sua faccia era sprofondata nei miei capelli ed era troppo maledettamente vicina.

-Prego scricciolo- dissi senza rendermene conto.

Mi accorsi subito dell'errore che avevo fatto, e cercai di liberarmi di lei, cosa che si dimostrò semplice, visto che scivolò immediatamente.

Camminai furioso verso il mio ufficio.

La stavo facendo avvicinare troppo. Colpii ripetutamente la superficie lignea della mia scrivania prima di sprofondare nella mia poltrona.

********

Leony.

-Scricciolo!- ripetei ad alta voce.

Mi aveva chiamata "scricciolo". Non ricordavo l'ultima volta che lo avesse fatto. Forse i primi mesi che ci eravamo conosciuti. Quando eravamo ancora due anime innocenti.

Dopo essermi risvegliata dalla trance. Ripensai alla meravigliosa casetta che aveva fatto per Meeko.
E tutto quello che avevo accumulato per anni e anni nei cassetti più profondi del mio io, venne a galla.
Neanche l'orgoglio, anni e anni di cattiverie riuscirono a reprimere quello che da sempre avevo provato e provavo per lui.
Tirai su con il naso e decisi di affrontare una volta per tutti la situazione.

Rientrai in casa e andai in uno dei porti in cui si sentiva al sicuro il suo studio.
Era lì, lo vedevo dal vetro semi opaco della porta, che aveva chiuso.

Aprii la porta scorrevole con entrambe le mani.

-Uno dei due deve affrontare la situazione e a quanto pare quel qualcuno devo essere io.- urlai anche se forse non era proprio quella la mia intenzione.

Ma è difficile contenersi o controllarsi quando tutte le tue emozioni straboccano come un fiume in piena tutte allo stesso momento.

Mi asciugai il volto.

-Voglio una possibilità, una sola, l'ultima, per rendere tutto questo reale.- dissi decisa prima di asciugarmi un'altra lacrima e un'altra ancora.

Poi non fui più la sola a preoccuparmene. Mi ritrovai tra le sue braccia, tra le sue labbra.

Take a lieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora