Addii

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Amber

Avevo combattuto il sonno come la più esperta delle amazzoni, ma alla fine mi ero addormentata. Avevo passato quasi otto ore a dormire.

Ne mancava poco più di una al decollo. Un'ultima ora e gli avrei detto addio per sempre.

Mi ci volle poco per capire che era sveglio.

-Come sapevi della piastra- mi chiese.

Sapevo che quella domanda era rimasta lì per quasi otto ore a vagare nella sua testa.

-Non ha importanza Wade, non più- sospirai.

Wade. Era così strano dirlo. Avrei voluto piangere dopo ogni volta che avevo dovuto pronunciarlo.
Il farlo mi rendeva consapevole che Simon non era mai esistito.

Avevo amato una idea.

-Dillo- sussurrò.

Chiusi gli occhi e portai la mente a quella notte.

-Quella notte che ti ho tirato la bottiglia, in ospedale ho sentito tuo padre parlare con il medico di questa piastra che avevi nella spalla-

La notte in cui lo avevo quasi ucciso la prima volta.

Sorrisi al quel pensiero.

-Cosa c'è da ridere?- chiese in tono burbero.

Alzai le spalle e allacciai la cintura di sicurezza.
Mancava poco al l'atterraggio.

-Niente sembra che, Io che tento di ucciderti sia una costante- gli rivelai.

Lo guardai di sottecchi per gustarmi la sua smorfia.
Sapevo che stava sorridendo o che voleva farlo ma non mi avrebbe mai dato quella soddisfazione.

La hostess interruppe i nostri sguardi.
Poggiò una delle sue manine sul braccio di Wade, richiamando la sua attenzione.

Lui non tentennò neanche un secondo prima di girarsi.

-Allyson- disse.

Lo sapevo perfino io che era il nome sbagliato.

La ragazza si abbuiò per un istante prima di indicare la targhetta di metallo sul bavero della giacca.
-È Ayleen- disse con fare ocheggiante.

Mi infilai le cuffie per isolarmi ne avevo avuto abbastanza di quel viaggio.

Prima di alzare il volume.
Sentii l'aitante hostess darsi un appuntamento con il mio vicino.

E pensare che Simon ci aveva messo quasi dieci anni prima di chiedermi di uscire.

Una carriera ad hollywood gli sarebbe di certo stata più proficua e risparmiato un sacco di sacrifici.

Pensai alla mia nuova vita, alla mia libertà e al fatto che non ci sarebbe stato posto per gente come Wade o Simon.

L'atterraggio fu persino peggiore del decollo.
In quel momento me ne fregai di chi avevo accanto e mi impossessai del suo braccio. Impiantai le me unghie nella sua pelle. Alzai perfino il rumore della musica per non sentire la sua voce.

Ancora pochi secondi e tutto sarebbe finito.
Potevo resistere.

La musica si fermò.

Dovevo farcela, strinsi gli occhi ancor di più.

-Se non vuoi restare qui sopra e farti anche il viaggio di ritorno ti conviene alzarti. Siamo rimasti solo noi due qui sopra- disse burbero.

Staccai immediata mente la presa. Tolsi la cintura e lo scavalcai. Non avrei sprecato neanche un minuto in più con lui.
Presi il mio bagaglio a mano e mi allontanai più velocemente possibile.

Sperando che non ci sarebbe stato seguito a quelle ore.

Mi guardai intorno cercando di individuare qualche agente con cui il caro Wade avrebbe potuto fare i conti. Da un lato mi dispiaceva, sapevo che dovevo un chiarimento, ma era la persona che mi aveva ferita di più al mondo.
Neanche mio padre era stato in grado di ferirmi così.

Dovevo allontanare quei pensieri.
Metterli in silenzioso.

Era ora di ricominciare, con la mia nuova vita, chiudere con Leony, chiudere con Simon.

Se Simon e Leony erano stati devastanti, per Wade e Amber non ci sarebbe stato un futuro.

Una volta arrivata agli arrivi il mio cellulare prese vita.
Mi arrivarono una miriade di messaggi.

La maggior parte erano dei "Bentornata in America".

Wade si era organizzato bene.
Da un lato ero contenta cosí nessuno lo avrebbe scoperto.

Per un instante chiusi gli occhi. Pronta a dare il mio addio al passato.

Presi fiato e mi voltai, per l'ultima volta.

Nonostante una parte di me era certa di trovarlo da qualche parte dietro di me, rivederlo mi diede il colpo di grazia.

Lo vedevo.

Simon, Wade non aveva importanza perchè lui era lí. Mi fissava e io fissavo lui.

La miriade di voci e di persone che erano tra noi non esistevano più.

Poi lo vidi sorridere, e fu come un dardo scagliato sull'unica parte del mio cuore ancora sensibile al dolore.

Stava aprendo le braccia verso di me.

Io non capivo, non lo capivo o forse non volevo.
Mi girai intorno per vedere se potesse avercela con qualcun altro.

Ma sapevo bene che non era così.

Passarono secondi, lunghi come ore. E quando si rese conto che non mi sarei avvicinata a lui, la sua espressione iniziò a mutare. Fu come guardarsi in uno specchio, vedere il mio di dolore.

Ma è proprio per rispetto a quello, che non potevo, non potevamo.

Avvicinarmi a lui anche solo per un ultima volta mi avrebbe reso impossibile distaccarmi.

Quindi chiusi gli occhi e andai via.

Mi allontanai quasi correndo. Solo una volta fuori mi girai nella direzione in cui lo avevo lasciato.

Lui era ancora lí.
Ma tra le braccia della cara hostess.

Ignorai la parte di me furiosa con me stessa, e continuai verso la mia nuova normalità.

Take a lieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora