Selena

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Nico Pov

Poco dopo che Will uscì dalla mia cella, lacrime amare mi rigarono le guance. Mi sentivo stupido a piangere solo per averlo visto ma non potevo farci nulla: provavo ancora qualcosa per lui. Nel profondo credevo alla storia di Will, avevo visto la verità nel suo sguardo, ma non volevo ammettere la verità. Preferivo credere che mi avesse mentito per tutto questo tempo e che avesse inventato tutta quella storia solo per sapere il nascondiglio della perla, per poi poterlo andare a riferire al padre.

Mi scostai i capelli e accarezzai il tatuaggio della fenice: aveva un significato molto profondo, di rinascita, di ricominciare da zero per costruirsi una nuova vita, lasciandosi il passato alle spalle. Mi sembrava di sentire ancora il tocco caldo e delicato delle dita di Will che percorrevano i contorni del tatuaggio. Quando Will era entrato nella cella ero sveglio, avevo solo finto di dormire, e quando accarezzò il tatuaggio chiusi istintivamente gli occhi, deliziato da quel tocco. Sapevo che dovevo scostarmi da lui, ma non ci riuscivo. Il suo tocco mi rilassava, mi faceva dimenticare le atrocità degli ultimi giorni.

Mi presi la testa tra le mani, sospirando. Perché doveva essere tutto così dannatamente difficile? Perché, per una volta nella mia vita, non potevo essere felice, senza dover temere nemici che vogliono uccidermi o incappare in profezie mortali?

I giorni trascorrevano lentamente e, come per miracolo, le torture di Apollo cessarono alcuni giorni fa. A quanto pare vuole tenermi in vita nella speranza che gli riveli il nascondiglio del gioiello. Non glielo avrei mai detto, neanche se mi portasse ad un passo dalla morte glielo direi. Preferisco morire piuttosto che consegnare nelle sue mani un oggetto così potente.

La monotonia di quegli ultimi giorni si spezzò quando una donna si presentò nella mia cella. Ero sdraiato sulla brandina e osservavo il cielo plumbeo dalla piccola finestrella quando dei passi rapidi e leggeri mi distolsero dalla mia osservazione. Mi alzai e mi avvicinai, per quanto mi concessero le catene, alla porta della cella. La donna parlò sottovoce alle guardie, che annuirono e aprirono la porta della cella, facendola entrare. Non riuscivo a vedere il suo volto, coperto dal cappuccio del mantello nero che indossava. Quando fu di fronte a me si inchinò con reverenza.

"Vostra Altezza" disse rialzandosi dall'inchino. Non era un gesto di scherno ma di rispetto nei miei confronti. Solo in un secondo momento realizzai che non stava parlando inglese, ma italiano.

"Chi siete?" dissi, parlando a mia volta nella mia lingua madre. Per tutta la risposta lei abbassò il cappuccio: i lunghi capelli biondo oro le ricaddero morbidi sulle spalle, sul suo viso, bello e regale, scintillavano due splendidi occhi color zaffiro. Quegli occhi...non avevo mai visto occhi simili, tranne una volta....

"Selena?" domandai incerto, sconcertato dalla donna che avevo di fronte a me.

"Vedo che, nonostante siano passati molti anni, tu mi riconosci ancora" disse lei con un dolce sorriso "Sei cresciuto, Nico, e sei diventato uno splendido uomo" concluse, poggiando delicatamente una mano sulla mia guancia.

"Cosa...come...come mi hai trovato? Cosa ci fai tu qui?" mille domande mi turbinavano nella mente, sapevo che se non avessi avuto delle risposte la mia testa sarebbe esplosa.

"Risponderò a tutte le tue domande, ma prima mangia qualcosa" disse lei, tirando fuori un piccolo pacchettino e una fiaschetta di vino. Selena aprì il pacchetto, rivelando alcune fette di pane, del salame e del formaggio. Sebbene non fosse un gran che il loro profumo mi fece brontolare lo stomaco. Da troppi giorni non mangiavo altro che delle rancide zuppe, pane raffermo e acqua putrida. Afferrai il pacchetto e mangiai tutto avidamente, gustandomi ogni singolo boccone. Mi sembrava di non aver mai mangiato nulla di più buono in vita mia. Quando finii di mangiare bevvi tutto d'un fiato il vino, assaporando nuovamente il gusto di quella bevanda divina.

La Perla Nera (Solangelo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora