17.

2.1K 115 0
                                    

Justin P.O.V

Guardai la sua folta chioma sparire. Sospirai, chiusi gli occhi e appoggiai i gomiti sul tavolo. Ero stanco, non avevo dormito per niente. Il motivo...il motivo era uno, ma cercavo di negarlo al mio cervello. Mi strinsi i capelli e mi alzai bruscamente dalla sedia. Andai dentro al bar pagando per poi uscire e avviarmi un po' troppo velocemente verso la macchina. Salì in fretta e chiusi la portiera entrando nel silenzio più assoluto. Stupido. Stupido coglione.
Le immagini di lei allo specchio mentre si osservava i lividi erano ben evidenti nella mia testa. Come ho potuto...come ho potuto lasciarla da sola! Come ho potuto fare il deficiente prima in macchina e farla arrabbiare! Come...come?!. Strinsi il volante cercando di far tacere i miei pensieri.
E...e se non ci fossi stato nemmeno nel momento in cui lei era in bagno? E se non mi fossi mai accorto di quello che le stava succedendo?. Alzai lo sguardo spostandolo sul sedile vicino. Delle immagini orrende e piene di violenza mi apparvero nella testa. Accesi il motore cercando di far sparire le immagini. Feci retromarcia sentendo le gomme stridere e mi misi dritto verso la strada, senza pensarci due volte schiacciai l'acceleratore sfrecciando verso l'imbocco per uscire dal parcheggio. Pensi davvero di riuscirla a proteggere se fai l'egoista!. Pensi che il tuo passato non la inghiottisca come ha già inghiottito te!. Ha ragione, quando dice che sei solo il male.
La freccia del tachimetro saliva sempre di più mentre le mie nocche, per via della forza applicata, diventavano bianche come il latte. Digrignai i denti cercando di controllare il mio respiro.
Non capisci che sei male per lei! Non capisci che sei veleno per lei?.
Veleno? Già...veleno.
Imboccai una strada secondaria perdendomi nelle vie del centro. Non prestai molta attenzione, le strade le conoscevo bene perciò mi sarebbe bastato poco ritrovare la strada per qualsiasi altra parte. I muscoli erano tesi e sentì il mal di testa riaffiorare. Solo in quel momento mi resi conto d'essere davvero stanco.
Stanco...tutta la notte rimasi ad osservarla cercando di captare ogni suo dolore. Cercando di immaginare come uccidere quel verme. Pensando allo schifo che ero. Pensando a lei...si, sempre lei. L'idea che avrebbe avuto in mente Luke non era affatto bella. Lo conoscevo abbastanza da saper già le sue mosse. Questo mi avvantaggiò sul tutto. Fin dall'inizio lo osservai, aveva messo gli occhi su tante ragazze. Le selezionava. Patetico schifoso. Non ti ricorda qualcuno? Sospirai amaramente sentendo una strana angoscia aggrovigliarsi attorno alle mie ossa. Ma Luke non era la metà di quello che ero io. Non ci arrivava nemmeno.
Di certo a me non poteva scappare. Uno dei miei grandi prego era il poter capire ogni singola mossa delle persone a me intorno. Mi bastava poco per capire cosa a loro passasse nella testa, ogni movimento per me erano rivelazioni. Ogni loro scatto. Era quasi inquietante. Tranne lei, lei era qualcosa di imprevedibile. Kia sembrava una di quelle ragazze totalmente diverse. Non appartenenti a questo modo...oppure a questa epoca. Lei era diversa. Lo è sempre stato. Sono io...quello uguale. Non cambia. Rimane lo stesso demone. Sempre, e comunque. Mi avviai verso una stradina che portava ad un enorme capannone. Parcheggiai lì vicino sulla ghiaia e spensi il motore. Sospirando uscì dalla macchina e la richiusi. Misi le mani dentro alle tasche ed andai verso il bagagliaio. Lo aprì e ne estrassi fuori un borsone nero. Lo misi in spalle e richiusi il bagagliaio. Lo sistemai sulla spalla per poi avviarmi verso il capannone. Apri la porta e un'ondata di fresco mi investii. La porta si richiuse dietro di me e in quel preciso istante vidi Giacomo venirmi incontro.

-"ma hey Bieber, che ti porta da queste parti?"

Lo guardai. Giacomo era un vecchio amico di mio padre, era proprietario di una delle palestre più grandi della città. Era munito di ogni cosa possibile, ogni tanto venivo da lui per allenarmi e per dare sfogo alla mia ira, sempre più frequente. Giacomo era sulla quarantina, era alto e abbastanza muscoloso. Pur essendo proprietario della palestra non usufruiva molto di tutto ciò.

-"il solito"

Dissi freddo. Mi scrutò per qualche secondo per poi guardarsi indietro e farsi spazio.

-"accomodati pure"

Sorrisi lievemente quasi invisibilmente e andai verso lo spogliatoio. Mi cambia velocemente mettendo dei pantaloncini e una maglietta sbracciata...quella grigia con scritto Vans in nero. Quella maglia che avevo messo a Kia. Aveva ancora il suo dolce profumo. Sospirai ed uscì. Mi avviai verso uno dei sacchi da box guardandolo. Delle mani calde mi strinsero le spalle facendo pressione sui nervi. Sapevo chi era. Mi irrigidì comunque sentendo dolore hai muscoli. Non emisi gemito.

-"Justin sei troppo teso, devi rilassare i muscoli o finirai per farli scoppiare"

Disse Giacomo mettendosi poi dietro al sacco. Lo guardai in silenzio.

-"mani nude?"

Incalzò indicandomi le mani. Non mi andava di mettere guanti o fasce. Andava bene così. Alzai le spalle mettendomi in posizione. Scrollai le spalle e con velocità e agilità inizia a colpire il sacco. Ogni pugno conteneva stress e rabbia. Si vedeva, si percepiva. Giacomo faceva fatica a stare al mio passo. Colpì il sacco cercando di far liberare totalmente la mia mente. Era difficile. Avevo solo le immagini della sera precedente. Eppure...eppure erano banalità. Ma non se si trattava di Kia. Ogni cosa diventava esagerata e di estrema importanza. Patetico. Tu non sei questo. Colpì il sacco più forte sentendo i muscoli scaldarsi e la mandibola serrarsi. Giacomo mi osservava mentre teneva il sacco. Provava a capire il mio stato d'animo, ma l'unica cosa che presentavo era un'espressione seria.

-"Justin basta"

Disse spostando il sacco. Bloccai il mio pugno ad un centimetro dal sul viso. Lo guardai respirando a fatica. Nel momento in cui aprì le mani sentì come la carne squarciarsi. Indifferente mi osservai le nocche notando dei vari taglietti e lividi.

-"Justin stai bene? Sei strano...ti vedo pensieroso"

Osservò. Stavo iniziando ad infastidirmi. Lo guardai e mi stirai la schiena.

-"basta con le domande"

Parlai tagliente. Giacomo mi conosceva da parecchi anni, ormai sapeva del mio comportamento strano è bipolare. Odiavo le domande e lo sapeva. Era inutile insistere. Non avrei risposto.

-"mi ricordi tuo padre...era sempre silenzioso e con lo sguardo d'acciaio. Era impenetrabile, freddo e tagliente. Non mostrava quasi nulla. Rispondeva ad ogni domanda col silenzio. E si sfogava tramite là collera. Non aveva mai avuto controllo sull'Ira"

Disse osservandomi. Il suo tono di voce era dolce e quasi malinconico. Mi voltai dandogli le spalle. Chiusi gli occhi respirando affondo e avviandomi verso lo spogliatoio.

-"sappi, ragazzo. Che non potrai scappare in eterno da ciò che in questo momento cerchi di reprimere."

Mi voltai leggermente ghignando.

-"non ho bisogno di scappare. Semplicemente perché niente mi fa paura, niente."

Dicevo la verità?...avrei voluto dir di sì. Ma avrei negato ogni cosa.

Rimani Con Me Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora