capitolo 22

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-mamma- urlo a squarciagola dalla cucina. –si tesero- si presenta davanti a me tutta preparata di tutto punto, come sempre. Non so come faccia a essere ogni giorno così perfetta. Io, ad ogni ora del giorno sembro impresentabile, goffa e impacciata. Sicuramente da questo lato non ho preso da lei.

-mamma hai preso tu il mio computer?- chiedo indispettita. –no... è questo il...ohh- mia madre ricompone i pezzi e io annuisco alla 'grande scoperta'. –si, e sai avevo scritto la ricerca di storia la dentro e mi serve per domani. Grazie a dio me ne sono accorta- alzo le mani al cielo rovesciando i cereali. –cavolo la colazione!- sbuffa frustata dai miei movimenti scoordinati.

-facciamo che dopo scuola vieni nel mio ufficio, ok?- mi domanda sorridente. Ma cosa c'è da sorridere.

Ci sono persone stronze a questo Mondo. Quelle che ti sorridono e ti danno una mano per ricavarci qualcosa in futuro, altre che ti sollevano ributtandoti di nuovo nelle sabbie mobili. Stronze, soprattutto.

-ok- mi alzo prendo la borsa e corro giù per le scale.

-ehi Speedy Gonzales-mi raggiunge Niall col fiatone. –dove corri?- mi chiede. Lontano da tutti, penso. –allora come è andata con Myles? Come le lo hai chiesto?- domando sapendo già la risposta. –beh le ho fatto una torta e quando le ho offerto una fetta c'era scritto se voleva venire al ballo e ha detto di si- esulta da campione. Che bambino. –ah- dico andando verso scuola.

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-ragazzi come sapete domani ci sarà la verifica- annuncia il prof. ovviamente me lo ricordo, stronzo. Ma cosa pensano i professori che noi siamo delle macchine? Sono stanca, stufa, ne ho due marroni della scuola, delle feste, della vita. È un circolo vizioso che ritorna esclusivamente nel riquadro 'merda'. Come i programmi televisivi dove giri la ruota sperando che si fermi nella 'zona' dei 100000 dollari per poi finire su niente. Perché dimostra che nella vita o ti guadagni le cose oppure ti manda a calci in culo in Merdalandia. E non è piacevole. –qualche domanda?- non ho capito niente. – allora vedo che siete tutti dei geni possiamo continuare...- ma che cavolo. Non ci ha neanche fatto alzare la mano e pretende che prendiamo 110 e lode all'esame di domani. Stronzo!

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camino tra i corridoi dirigendomi verso l'aula di arte. Finalmente un'aula ricreativa, dove ti puoi sfogare rompendo gli schemi. Alleluia!

-ragazzi oggi voglio che su quelle tele esprimiate le vostre emozioni, paura, insicurezze, felicità- appena nominata quella parola mi metto a ridere. tutti si girano a guardarmi come se fossi una pazza, beh guardatevi voi imbecilli. –qualcosa non va signorina James?- mi chiede quella 'figlia dei fiori ' della prof. –no niente, mi scusi- dico facendole un sorriso di scuse. Pensando mentalmente a un dito medio da rinfacciarle.

Inizio prendendo il pennello più spesso, tracciando linee mosse e imprecise nere sulla tela. –di cattivo umore oggi, piccola?- non so ma mi spunta un sorriso sulle labbra. Ma invece che farglielo notare alzo gli occhi al cielo. –sempre- rispondo secca. –divertita ieri sera?- mi chiede infastidendomi. –perché ti interessa?- mi giro con faccia scontrosa. –curiosità- dice sedendosi accanto a me. Dopo un po' di tranquillità mi chiede –cosa disegni?- bella domanda. sinceramente non lo so neanche io. Linee confuse gialle nere, blu sono davanti a me senza alcun significato. –boh- la sputo lì. –sai ogni cosa ha un significato. Solamente lo scopriamo troppo tardi- mi vuole dare lezioni di vita? Che si faccia i cavoli suoi. –le ho tracciate a caso Harry. Non c'è

Una spiegazione per tutto mamma mia- sbuffo. –va bene stai calma. Ciclo?- chiede

-e tu, ciclo?- gli chiedo facendolo ridere. prendo del rosso e gli macchio i pantaloni nella 'zona neutrale'. –non dovevi farlo- mi annuncia prendendo il verde con il pennello schizzandomi la faccia. –ti dona sai?- mi dice. Non continuo sapendo già che la prof. a un certo punto ci spedirà fuori dall'aula. Almeno mi sono divertita.

-tu cosa stai disegnando?- chiedo avvicinando a lui.

Pov Harry

Cazzo. Si sta avvicinando al mio disegno. Sinceramente non voglio che lo guardi potrebbe capire male. Lo ammetto, ho disegnato Sam perché è l'unica persona che mi fa provare delle emozioni che non sono odio, dolore, tristezza. Beh alcune volte mi incazzo anche con lei ma mi fa sorridere. Prima che possa fare qualcosa è già dietro di me che osserva la tela. –wow- dice sconvolta. –è bellissimo- non si è accorta che è lei il mio soggetto. –per caso sono io?- chiede con un pizzico di speranza. Non posso dirle che è lei. Penserebbe che mi piace ma la cosa che ci tiene legati è l'attrattività fisica, credo. Mi piacciono i suoi occhi pieni di vita, felicità, voglia di vivere; Le sue labbra, carnose e morbide; ma anche quello che si aspetta da me, è per questo che non la voglio deludere, non voglio vederla soffrire distruggersi davanti ai miei occhi come il resto delle persone che mi circondano. –no- dico sbottando. –è quella che mi sono scopato ieri. Oramai non ricordo il suo nome ma era veramente indimenticabile a letto- la informo scioccandola per la mia schiettezza. Si allontana per dopo aver sussurrato un 'ok' sconfitta. –sei gelosa?- chiedo per farla incazzare. –neanche morta-dice gesticolando con le mani. –come vuoi- dico ritornando a dipingere guardandola di sfuggita per cogliere nuovi particolari. Continuo così fino alla fine dell'ora quando dobbiamo consegnare i nostri 'capolavori ' come dice l'insegante strafatta, secondo me.

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Pov Sam

Sto studiando da tutto il giorno per matematica. Esercizi su esercizi e dovrei averli capiti. Mi alzo raggiungendo la porta per andare nell'ufficio di mia madre. Esco stanca dall'appartamento inspirando aria fredda della New York.

-ehi piccola, cosa ci fai tutta sola?- sul serio? Ogni volta che svolto l'angolo me lo ritrovo davanti. –devo andare da mia madre- dico indicando la strada da percorrere davanti a me. –se vuoi ti do un passaggio- mi offre anche un aiuto adesso. –non deve andare a casa di una delle tante?- chiedo ricominciando a camminare. –no, voglio stare con te- mi gira la testa alla sua confessione e mi tremano le gambe mentre divento rossa in volto. –andiamo- mi strattona per un braccio accompagnandomi verso la sua lussuosa macchina.

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-grazie- dico scendendo dalla macchina. –niente ricompensa?- dice alzando le sopracciglia. –no, resterai a secco- dico avanzando verso le porte scorrevoli. Sento la portiera sbattere e il suo corpo dietro di me toccarmi la parte bassa della schiena.

Ci dirigiamo verso l'ascensore catturando i milioni di sguardi dei dipendenti che lavorano nella hall dell'enorme edificio. Appena le porte si chiudono Harry mi guarda intensamente prima di bloccarmi alla parete. Mi blocco sotto al suo sguardo, come una scossa elettrica ti paralizza. Mi sento sbagliata vicina a lui ma allo stesso tempo non vorrei essere in nessun altro posto.

-perché?- mi chiede appoggiando le nostre fronti. –perché cosa?- chiedo non capendo la sua domanda. –perché resti con me?- mi chiede. –perché non scappi come le altre persone che mi conoscono? Aspetta nessuno mi conosce davvero- afferma abbattuto. –lasciati andare, Harry. Fammi avvicinare a te in modo che ti conosca, da sapere qual è il tuo colore preferito

alle tue più grandi paure- gli confesso distogliendo lo sguardo. Mi solleva il mento potendo così immergermi nel verde dei suoi occhi. – e qual è la tua paura più profonda?- mi sussurra all'orecchio. – innamorarmi- dico prima che le porte si aprono facendo entrare un mucchio di impresari e segretarie vestite con colori scuri e gonne attillate.


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