Capitolo 4

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"Ora è tardi, asciughi gli occhi, entri in classe tra i banchi, ti siedi e con la penna hai già scritto sopra: MI MANCHI"


Nella mia testa ero convinta di una sola cosa: Avevo litigato con il tempo. Il bianconiglio mi odiava, e aveva deciso di non portare anche me nel paese delle meraviglie. Io vivevo nella realtà dell'orrore, per affermare ciò,  la mia data di nascita bastava. Il trentuno di ottobre, giorno in cui tutti si mascheravano da mostri spaventosi, era il medesimo giorno in cui io compivo gli anni.
<<Bel, Ancora? MUOVITI>> sbraitò mio fratello suonando il clacson ripetutamente.
Mandai un bacio al volo al resto della famiglia e corsi nella sua macchina vestita con la divisa orrenda che la scuola ci obbligava a portare.
<<Potevi prendere il Bus!>> mi urlò Mat sfecciando tra le strade, oramai piene di lavoratori e studenti.
<<No, c'era lui>> risposi truccandomi esageratamente con la matita nera.
<<Okay>> sbuffò mio fratello finalmente arrivato, davanti all'edificio. <<Ci vediamo dopo>> aggiunse poi, riprendendo la strada verso casa.
Guardai l'esterno di quella scuola e mi salirono i brividi. Non era cambiata di una virgola: stesso colore dei mattoni sovraposizionati uno sopra l'altro, quella polvere del cemento dovute alle moto e dalle auto che sgommavano...
Presi un profondo respiro e mi avventatai all'interno. Tutti gli studenti si erano riuniti nelle loro aule e io ero rimasta l'unica fuori.
5A, eccola.
Andai in quella direzione e bussai titubante. Il cuore mi batteva a mille, solo io  potevo permettermi una tale figura, ma pur di non vederlo, questo ed altro.
<<Avanti>> mormorò una voce dentro quell'aula.
Spinsi la maniglia ed entrai. Mi sentii tremare, tanto che le mie gambe non si reggevano in piedi.
<<Signorina Mancini, Benvenuta, io mi chiamo Fabio, sono il nuovo professore di storia. Accetto il suo ritardo oggi solo, perché so cosa significa doversi alzare dopo tre mesi di vacanza, ma per gli altri giorni si adegui. Adesso, vada a sedersi accanto all'alunno Villa. >> Disse il prof. Mi aspettavo un vecchio decrepito o una vecchia che strillava. Lui era totalmente il contrario di queste caratteristiche: Era giovane, aveva occhi ghiaccio, molto più dei miei, i capelli mori con qualche ciuffo ribelle che gli ricadeva sulla fronte. Da favola.
<<Smettila di fissare il prof. Pervertita>> commentò qualcuno da fondo. Girai la testa e la vidi. La bionda seduta con le due amichette in un banco a tre: Ludovica, Beatrice e Daniela.
Seguì un boato di risate, tutti tranne i miei pochi amici si stavano prendendo gioco di me. Due figure in una sola mattinata, però bell'inizio. Mi sa tanto che Dante con la frase: "Lasciate ogni speranza o voi ch'entrate" avrebbe dovuto appenderla su questa classe o perlomeno spostare quest'ultima all'inferno. Non era tanta la differenza.
<<Se può aiutarti, mi guardano tutte.>> disse il prof incitandomi con la mano a sedermi nell'unico posto vuoto.
Gli altri quattro si erano posizionati nei loro posti: Dylan e Tyler i due cugini insieme, Lydia e Cristal, le due migliori amiche insieme. Io ero rimasta da sola con uno sconosciuto accanto. Il suo cognome era Villa, la sola informazione che sapevo di lui.
<<Salve ritardata, sono Alessio>>
<<Piacere, io sono Hairottononparlareconme>>
<<Nome un pò lungo, secondo me i tuoi litigavano mentre te lo hanno dato>> disse lui, facendomi ridere in quel silenzio che si era creato.
"Siamo a tre" commentò la mia vocina sentendosi osservata.
<<Ascolta Mancini, siamo a scuola>>
<<Sembra più un carcere >> intervenne Alessio, prima che io borbottassi le mie scuse.

Le ore passarono e già al ventiseiesimo minuto avevo riempito il banco di scritte: "Mi manchi"; "Se la vita ti sorride, ce l'ha con il tipo che sta alle tue spalle";  "Ogni gesto ha una scelta dietro"; "Tempo al tempo".
<<Durante l'anno non ci sarà più posto>> disse il mio compagno di banco. Nessuno di noi due seguiva le raccomandazioni sugli esami che a ogni ora ci ricordavano i prof. Come se fosse loro passatempo farci salire l'ansia. Mai nessuno che chiedeva delle vacanze, no, il traguardo erano gli esami solo quelli, dovevamo vivere con gli esami, mangiare con l'ansia degli esami, andare fuori e pentirsi per un mese per averli trascurati... esami, esami, esami, ed era solo il primo giorno.
<<Parlami un po' di te, ragazza>> Chiese Alessio, distogliendomi dai pensieri.
<<Poco da dire>>
<<Secondo me, cara Hairottononparlareconme, nascondi qualcosa>>
<<Mi hai scoperta, faccio parte di un'associazione segreta...>>
<<No, aspetta, fammi indovinare>> mi interruppe. <<Sì chiama: Nontisopporto, Vero?>> mormorò accennando convinzione in quelle parole. Sbagliava, in realtà mi piaceva come tipo, simpatico ed euforico, mi serviva uno sconosciuto così. Non glielo diedi a vedere però.
Due posti avanti a me, le mie due amiche non facevamo che guardarmi di sottecchi e sorridere, lanciando segnali come labbra a forma di bacio, mani che si toccano. Mimavano loro i gesti che volevano facessi io. Scossi la testa e, presa da una strana euforia che probabilmente il mio vicino di banco mi tramandava decisi di alimentare il fuoco. Volevo vedere le due peperine rimanerci di sasso.
Stavo rimurginando nella mia testa uno scherzetto con i fiocchi, quando la sua voce stridula mi si impiantò nelle orecchie.
<<Sapete, ieri Stefano è venuto a casa mia?>>
<<Avete parlato?>> Chiese Beatrice, sapendo benissimo che non l'avevano fatto.  Volevano la soddisfazione non la comunicazione. 
Rimasi ad ascoltare, come se il dolore già non bastasse, avevo deciso di farmi male sempre più.
<<Non me ne ha dato il tempo, si è piombato a casa e ha iniziato a baciarmi con convizione>>
Mi morsi il labbro inferiore, impedendo in questo modo alle lacrime di uscire, non doveva succedere qui. Non davanti a tutti.
<<Attenta, mordersi il labbro poco è sexy, troppo è orrendo>> commentò Alessio. Era sempre pronto a far battute questo?
<<Stai zitto>> Replicai distendendomi sul banco con fare poco elegante.

<<Mancini>> una voce grossa, mi risvegliò. Alzai la testa e notai di essere a scuola, mi ero addormenta e avevo pure fatto un bel sogno in cui vivevo a Los Angeles con attori e vari Vip.
<<S-Scusi>> balbettai assonnata.
"Quarta figura, fatta." mancava solo un'ora alla fine di questa giornata orrenda.
<<Ogni anno sempre peggio! Avevi iniziato bene i primi due anni, perché ti sei ridotta così agli ultimi?>> Mi chiese la prof di matematica che tanto odiavo. Non ero brava nella sua materia, non mi riusciva nulla. Amplificate le difficoltà da quando quello che mi aiutava era scomparso. Dovevo dimenticarlo io.  Lydia poverina non poteva stare dietro a me per sempre,  ogni tanto ci provava, ma risultavo sempre un fallimento.
<<Villa, facciamo così, aiutala tu dato che sei bravo>> aggiuse lei guardando il ragazzo moro con i capelli sparati in alto lateralmente, negli occhi marroni.
<<Okay>> Taglio corto lui, guardandomi come se mi ritenesse ritardata. Ci mancava solo essere aiutato sa uno sconosciuto pallone gonfiato.
Bussarono alla porta e la prof fu interrotta dal suo parlar d'esame.
<<Salve>> La voce di Stefano si fece avanti, avendo i nostri occhi puntati su lui. I miei quattro confidieri mi lanciarono un veloce sguardo, poi, tornarono su di lui. Avevo nuovamente il cuore a mille nel solo vederlo, e non ne potevo più. Era straziante per me dover dipendere da lui, cambiare il mio umore al solo la sua vista. Mi irritavo da sola a certi atteggiamenti.
<<Scusi il disturbo, cerco Ludovica. Può uscire un attimo?>>
Il cuore assunse la stessa essenza del colore dei miei occhi. GHIACCIO. Mi sgretolai un'altra volta, eppure era stato chiaro nel dire quelle parole a me. Parole che mai avrei seguito. Come puoi dimenticare l'amore della tua vita se costretto a vederlo ogni giorno?
Sentivo l'aqua salata pronte all'attacco. Gli occhi si trasformarono in lucido ed erano in vena di voler uscire. Mi si infiammò la gola da quanto trattenevo il respiro. 
Prima che i miei occhi finissero di guardare la scena in cui quella si alzò e andò a posizionarsi davanti a lui, due dita mi sfiorarono il mento e mi girarono il volto verso sinistra. Pochi secondi dopo due labbra pigiarono focosamente sulle mia. Rimasi incredula nel vedere Alessio baciarmi con tanta potenza, neanche ci conoscevamo.
Con la coda dell'occhio notai Stefano guardarmi incredulo e allora spinta dal coraggio, baciai il mio compagno di banco con più forza.
Sentivo gli occhi degli altri incollati addosso,  ma me ne fregai altamente. Avevo fatto un gesto stupido dovuto a una scelta stupida,  ma oramai non avevo più nulla da perdere.
Sembrava ci legasse un forte sentimento, in realtà era vendetta da parte di entrambi: A lui piaceva Ludovica, come a me Stefano.

Come un fiume verso il mare  #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora