Capitolo 16

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"Ain't much I can do but I do what I can
But I'm not a fool there's no need to pretend
And just because you got yourself in some shit
It doesn't mean I have to come deal with it"

Tornai a casa sconvolta, la serata era andata bene, se togliamo l'incidente, la nostra sclerata, sua cugina Kloe, Elena che non faceva altro che ripetermi quanto bello fosse il loro rapporto prima della litigata.
Insomma, una serata fantastica no?
Mi trovavo davanti alla porta con il cuore a mille. Quella volta non mi ero dimenticata di mandare messaggi a Mat per avvertirlo di ogni minimo cambiamento. In ogni caso sapevo anche che uno dei miei, o forse entrambi, mi stavano aspettando all'interno. Mamma me lo aveva ripetuto tutto il pomeriggio prima di partire: "Attenta", "Stai giocando con il fuoco Bel" e frasi di avvertimento dello stesso stile. Ero consapevole della realtà che nascondevano quelle parole, ma non volevo credere. Desideravo fingere che andasse tutto bene, che il nostro incontro sarebbe stato un motivo per ritrovarci e non troncare del tutto. Ma come ogni singola mia fantasia, doveva finire nel più brutale dei modi.
<<Bel>> papà, come immaginavo, seduto sul divano a guardare un film d'azione, cercava di tenere gli occhi aperti per aspettarmi.
<<Ciao papà>>
<<Come stai?>> chiese.
Dov'era la domanda 'com'è andata?' Al ritorno da una festa, questa è la domanda principale, sapere il generale della situazione, non concentrarsi su un solo individuo che tra l'altro ero io.
<<Bene>> risposi secca, sedendomi accanto a lui.
<<Bel...>> mi richiamò mio padre con quel tono che spronava a continuare.
<<Papà che vuoi che dica? Aveva ragione mamma: Ho giocato con il fuoco, mi sono bruciata, però è servito da lezione non voglio più avvicinarmi a questo dolore.... papà fa male>> dissi cominciando una ad una a far scendere le lacrime.
<<Piccola mia, non sarò io a dirti che passerà, perché un giorno lo farà, ma posso dedurre che fa male adesso. Sai che ti dico però? Hai presente quando da piccola salivi sul muretto e volevi camminare da sola, e io ti brontavo perché saresti caduta? Allora tu, senza che io dicessi nulla mi prendevi la mano e iniziavi a camminare con me? >>
Annuii a ogni sua parola, ricordando i giorni spensierati in cui da bambina tutto mi era semplice, vivevo d'istinto.
<<Anche adesso è così, io ti do la mia mano dandoti sicurezza e forza.>> aggiunse mio papà, portandomi a offuscare la vista dalle lacrime. Io amavo quest'uomo.
"Fanculo tutti i ragazzi del mondo, papà è il mio eroe" gridò la mia vocina, sorridendo nell'oceano in cui gallegiava.
<<Vai a letto ora, domani ti preparo il tuo piatto preferito!>> esclamò dandomi un bacio sulla fronte, com'era suo solito fare anni e anni fa.

Un tuono ruppe il mio adorato sonno. Stavo sognando di essere finita in un'isola con delle persone strane che vi abitavano, a cavallo di Unicorni bianchi, era tutto verde e fertile, speranzoso, fino a quando una orribile tempesta di fiamme si scatenò nel regno indulgendo tutti a combattere, ma non essendone capaci molti morirono bruciati da quell'orrendo mostro, che indovinate? Aveva gli occhi verdi.
Scesi in cucina dove tutta la mia famiglia si era riunita per il pranzo.
<<Buongiorno>> disse mamma, guardandomi con compassione. Come da copione, papà aveva spifferato tutti i miei sentimenti riguardo la sera prima e lei prendeva le misure su come comportarsi. Mamma non teneva mai dentro quello che provava, al contrario di me, diceva sempre le cose come stavano anche la quando la realtà faceva male. Stavolta però, si trattenne con tutta la sua forza e per quanto gli fosse dura gliene ero grata.
<<Andiamo a giocare?>> disse Emma con pieno euforismo, come ogni singolo giorno della sua vita. Mi chiedevo spesso se anche io ero così da bambina, sempre pronta ad affrontare la vita con un sorriso e una determinazione che nemmeno un atleta nelle finali olimpiche avrebbe.
<<Certo>> risposi piegando le labbra all'insù in quello che era un sorriso, o una specie.
<<Comunque Bel, Il Villa mi ha chiesto di te stamani, dovresti chiamarlo sai>> sussurrò mio fratello mangiandosi il suo piatto di pasta carbonara. Papà aveva rispettato gli accordi, aveva cucinato in mio onore quella prelibatezza e vi posso assicurare che non esisteva niente di meglio e di più rassicurante di quel piatto.
Annuii a Mat non prestando minima attenzione alle sue parole, ero immersa nei pensieri... di nuovo.
Finì in fretta di mangiare, lavai i piatti e corsi in camera dove c'era Emma.
<<Com'è andata ieri?>>
"Vedi Papà, questa è la frase da fare dopo una festa" pensai tra me e me. Alla fine risposi alla piccola con un Bene e lei, con la sua speciale intelligenza, presa da papà, capii che stavo mentendo.
<<Non è vero... comunque...>> disse fissandomi negli occhi per un breve istante. Era uno sguardo spaventato e triste, non sapevo a cosa fosse dovuta tale angoscia, ma la abbracciai d'istinto.
Amavo farla sentire al sicuro tra le mie braccia, avevo promesso a me stessa che niente e nessuno mai ci avrebbe separato. Mi sarei più che volentieri offerta volontaria agli Hunger Games se ci fosse finita lei.
<<Ho visto il papà di Stefano... lo picchiava forte in testa>> disse Emma con le lacrime agli occhi. Lei come me.
Abbracciai ancora più forte la mia piccola e la rassicurai con frasi quali: " Va tutto bene"; "Risolveranno la questione vedrai" e altre scemenze che dici solo per non far preoccupare. Una parte di me era stanca di dover sempre fingere, fingere che andasse tutto bene, ma non mi andava giù ammettere che stava tutto andando a rotoli.
Il mio mondo, quell'angolo sicuro che mi creai con Stefano fu disintegrato dalle sue stesse mani, quelle con cui aveva costruito il nostro castello.
Ero esausta di fingere, ma non abbastanza quanto ero spaventata dall'ammettere la verità.
<<Andiamo a vedere come sta?>> Emma lo disse con fil di voce, persino lei aveva compreso che tra noi andava male, ma questo non le impediva certo di costringere il mio sedere ad alzarsi da quel letto e dirigersi verso casa sua.
Mi alzai e mano nella mano aprii la finestra. Un improvviso vento gelido mi colpi in faccia. Amavo l'aria fredda, mi faceva sempre sentire viva in tutta questa tristezza. Sentivo qualcosa che mi faceva bene interiormente, anche se fuori mi consumava la pelle. Un po' come gli autolesionisti, solo che loro facevano sul serio e non li capivo, ne gli capirò mai. Come trovano loro il coraggio di farsi male da soli non lo sapevo. Io non ero una di tale forza -O debolezza, dipende dai punti di vista- a fare certe cose. Per fortuna la pioggia era finita, comunque sia, il legno di Filo rimase bagnato.
Scavalcai il vetro della finestra e mi appoggiai al primo ramo, la stessa cosa fece mia sorella. Piano piano, incamminandoci nella direzione opposta.
<<Bussa tu>> dissi io ad Emma come se davanti a me dovesse apparire un mostro. L'identica creatura che aveva raso a suolo la mia città di Unicorni bianchi.
<<Okay>> sbuffò lei esasperata, picchiettando le dita sul vetro.
Menomale che i miei erano in salotto, ovvero dall'altro lato della casa, evitando così di vedere noi dalla finestra.
Fu proprio lui ad aprire.
<<Ciaoo>> Si rivolse ad Emma con un'espressione felice, o forse fingeva pure lui.
<<Ciaoo>> le gridò lei di rimando, saltando tra le sue braccia e quest'ultimo in tutta risposta la prese e la fece girare in alto, per poi buttarla sul letto delicatamente. Avrei tanto voluto ritornare bambina in quel momento. Desideravo con tutta la mia potenza poter tornare indietro nel tempo, ma la vita va sempre avanti, mai una volta che si fermasse a dare uno strappo indietro tanto per renderti felice. Niente. Alla vita di te, non frega niente.
<<Ciao>> disse poi rivolgendosi a me. Guardai bene in viso e sotto il suo occhio una scia violastra lo copriva. Conoscevo la causa di esso, e sapevo anche che Ste non avrebbe mai voluto che ne parlassi. Considerando poi i nostri rapporti. Stavo per rispondere al suo saluto quando.. La suoneria: "te extraño" del mio telefono iniziò a espandersi nell'aria. Aveva gli occhi puntati ancora su di me, solo pochi minuti in più perché poi andò a giocare con Emma, lasciando la finestra aperta.
<<Pronto?>>
<<Hey Bel...>> rispose Alessio dall'altra parte.
<<Heylà come va?>>
<<Bene... senti ti va di prendere una pizza oggi a casa mia con me e Marco?>> disse del tutto tranquillo, come se nulla fosse successo tra noi, come se in quei giorni fossimo ancora insieme.
<<Te lo ridico tra poco>> dissi chiudendo la chiamata. Volevo essere più felice di così, infondo mi fece piacere la sua telefonata.
<<Bel>> fu mia sorella a richiamarmi dalla sua finestra.
Andai anche io dall'altra parte.
Quella stanza. Esattamente due anni che non ci mettevo piede ed era proprio uguale: ancora le nostre foto appese alle pareti, foto della sua famiglia unita persino una foto con Emma, dove Ste la teneva in braccio.
<<Guarda ci sono io>> mormorò la piccola saltellando su e giù nel letto indicando a me la foto in questione.
Stefano nel frattempo tornò, era andato a fare un pane e Nutella alla mia dolce sorellina.
<<Ecco qua a te>> disse sorridendo a lei e dandole un bacio sulla guancia. Vedere quel gesto mi fece tornare in mente una cosa:

Io avevo sei anni e lui otto, stavamo guardando quella fila infinita di cartoni che davano sul canale sei. Partivano da Dragon Ball finivano con Arale alle sei e mezza precise, poi iniziava il telegiornale e noi approfittavamo per cenare. Prima di ciò, comunque alle ore 16:00 mia madre, o la sua, dipende in quale casa eravamo ci portava il classico Pane e Nutella, accompagnato da un succo alla pesca o un estatè, sempre alla pesca. Uno di quei pomeriggi stavamo mangiando tranquilli guardando Beyblade, un cartone che amavo io più di lui, nonostante mamma non faceva altro che ripetermi che era da maschi. Ma i patti tra noi erano chiari: io guardavo i cartoni diciamo maschili, anche quelli che odiavo come Inazuma Eleven e lui in cambio guardava Rossana e Arale che altrettanto odiava. L'importante per noi era stare insieme, condividere difetti e pregi, cose belle e brutte.
Insomma, tornando a noi, stavo mangiando il mio panino, quando la sua risata sovrastò il tono dei personaggi allora io mi arrabbiai perché ero in una situazione importante nella trama della storia e avevo scoperto, solo alla fine, che il suo gesto fosse dovuto al fatto che avevo la punta del naso sporca di Nutella. Stavo per pulirmi ma la sua lingua mi superò e toccò il mio nasino.
<<Ci penso io a te>> disse. E ricordo ancora che arrossii, sentendomi strana è felice. Parole che una bimba, se pur piccola, stampa nella sua mente e la appende come promemoria nella bacheca della tua testa.

"BASTA" urlai alla mia testa e con la scusa del: si è fatto tardi, convinsi Emma a venire via con me a casa.
Dopo poi, mandai un messaggio ad Ale avvertendo che sarei venuta con mio fratello. Con mia sorpresa persino papà e mamma diedero approvazione. Avevano capito che era Alessio la chiave della mia lontananza con Stefano.

*Spazio Autrice *
Salveee, ecco qua il mio capitolo, so bene che non è un granché, spero comunque che vi piaccia, commentate dicendomi il vostro parere ❤😁
Detto questo volevo ringraziarvi ancora siete fantastici, vi adoro 😙😙😙

Come un fiume verso il mare  #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora