Capitolo 2

6.1K 281 78
                                    

"Ogni tanto passo ancora sotto casa tua e quando penso che il destino ti ha portato via, il dolore spinge fuori le mie lacrime..."


Fu Dylan il primo a seguirmi, mi raggiunse e stette a fissarmi per cinque buoni minuti, per poi dire:
<<Sei stata fantastica! Non pensavo l'avresti mai fatto>> e detto ciò, mi racchiuse in uno dei suoi Abbracci-Togli-Respiro che io adoravo tanto. Mi faceva sempre sentire al sicuro, e la cosa perfetta di lui, era che non giudicava mai "Hanno tutti le loro ragioni per fare qualcosa, stupide o meno che siano. Dietro ogni gesto c'è una scelta" diceva sempre. Era una delle mie frasi preferite, ricoperta in ogni pagina di diario. Il vero motivo per cui incidevo questa frase ovunque era per il semplice fatto che volevo crederci, ma non ci riuscivo. Il suo abbandono per la droga, fu troppo.
<<Sì sarà arrabbiato?>> chiesi ancora incerta su ciò che le mie mani fecero sulla sua guancia. Avrei preferito accarezzargliela, ma chi era lui per dirmi: "rispetta i piatti, so che ancora ti piaccio"
"Mi piaci un corno, io non ti sopporto" intervenne la mia vocina prima di me. Ero in perenne pace con lei, non litigavamo mai. Testa e cuore erano separati da un profondo divorzio, che nulla avrebbe cambiato, e da allora solo e unicamente il cervello era il Leader. Niente cuore, niente sentimenti... mi stavo prendendo in giro, mentire a me stessa per credere in quello che volevo essere, che però non ero.
<<Non te ne deve fregate nulla, Bel! A lui non frega niente se tu stai male, perché te ne deve importare a te?>>
<<Già, lasciamo perdere è meglio, mi offrì da bere?>>
<<Ovvio, scegli>> disse Dylan indicandomi le bottiglie di fronte a noi.
Indicai una, e prima che lui la buttasse in un bicchierino, gliela rubai e mandai giù.
<<Passa anche a me oh!>> la voce di Tyler si fece spazio tra i ragazzini.
<<No, è mia!>> risposi io, mettendo un finto broncio, il quale non fece altro che far ridere il resto del gruppo.
<<Bel, sai che tuo fratello mi ha regalato un braccialetto, che è la fine del mondo>>
<<Che dici? Ti abbiamo fatto il regalo insieme>> replicai confusa.
Mio fratello? Cristal? Dai, fuori dal mondo. Anche se, una sera mentre guardavamo delle foto mie e delle mie amiche di quando eravamo più piccole, lui commentava che lei era la più bella di tutte. Dovevo chiarire questa cosa con lui.
<<Sisi guardaa>> urlò lei entusiasta mostrandomi il bellissimo braccialetto, bianco con quelli che sembravano piccoli diamanti. Semplicemente bellissimo.
<<Non è che ti ha detto qualcosa di Cristal?>> Chiese Lydia, nelle speranze dell'amica.
<<No>> risposi, non volevo problemi, prima di mettere in chiaro le cose di mio fratello, conoscendolo poteva averlo fatto per stupida scommessa o qualche penitenza.

Un'ora dopo, ero a casa. Avevamo festeggiato mangiando una torta talmente grande che nemmeno a un matrimonio, inoltre un'altra bottiglia di champagne buttata giù, divisa in quattro persone.
Mi distesi sul letto a peso morto e appoggiai la testa dolorante sul cuscino mio adorato. Avevo le gambe a pezzi per colpa dei tacchi e dell'alcool.
Notai tra la stanchezza che Emma non era lì, probabilmente mamma se l'era tenuta con sé. I suoi sei anni, le permettevano di dormire tranquillamente nel letto dei miei.
Stavo quasi per addormentarmi, quando una figura si materializzò alla finestra. Una forte pioggia si era insediata nella città da circa dieci minuti, per fortuna era finita la festa. Le gocce ricadevano sulla sul vetro con la luce della notte come sfondo. Un miraggio perfetto.
"Sono ubriaca" pensai primariamente, ma appena la figura si fece più netta,iniziai seriamente a tremare. Avevo le lacrime agli occhi per la paura, non ero la persona più coraggiosa del mondo, un film Horror per me consisteva in dieci giorni fissi di Peppa Pig e Masha e Orso per calmarmi.
Bussarono.
<<Avanti...>> mormorai a bassa voce pensando che l'entrata di qualcuno spaventasse il ladro o l'assassino, o chiunque si trovasse alla mia finestra.
Bussarono più forte. Con la coda dell'occhio, riuscì a percepire che in realtà non stavano picchiettando sulla porta, ma sulla finestra.
"STA CERCANDO DI APRIRLA!" si allarmò la mia vocina spaventata. Corsi in cucina e tornai con un tegame. Mi tremava la mano e il mio cuore andava per conto suo accelerando a ogni passo il battito cardiaco.
"Uno... due... tre..."
Aprii la finestra di scatto e tirai una padellata in testa a quell'uomo.
"Ah" Imprecai soddisfatta. Stavo per tirargliene un'altra, quando la sua voce mi bloccò.
<<Prima lo schiaffo ora la padella? Ma che problemi hai?>> lo riconobbi subito. Se il cuore andava a mille prima, aveva iniziato ad andare sui duemila.
<<Non volevo... ma cavolo pure tu, che ci fai sulla mia finestra?>>
Borbottai dimenticandomi che una volta ci entrava ogni giorno.
Vicini di casa da sempre, e andare uno a casa dell'altro era abitudine quotidiana. Passavano per l'albero che univa le nostre due finestre: Filo, avevamo chiamato questo albero così, era il nostro filo di comunicazione un tempo. A essere sincera non pensavo lo avrebbe mai fatto di nuovo.
<<Volevo farti i miei complimenti, uno schiaffo da te giuro che non me lo sarei mai aspettato >> Si staccò dal muro ancora fradicio e andò a sedersi sul letto matrimoniale che condividevo con mia sorella.
<<Grazie, adesso vai?>>
<<Perché? Non vuoi venire qui e abbracciarmi>> sussurrò, dando a quelle parole un suono così provocante che mi fece trasalire.
"LA TESTA! ASCOLTA ME, MANDALO VIA" urlava il capo dentro me. Volevo farlo, ma il cuore stava riaffiorando, stava riaquistando potere.
<<No, no che non voglio! Adesso vai che devo dormire, sono stanca e domani ho da fare!>>
<<Non vuoi mandarmi via>> disse come se leggesse il mio cuore a memoria. Sentii il marchingegno posizionarsi in gola.
<<Vattene Ste>>
<<È quello che vuoi? >>
<<È quello che voglio>> Affermai convinta di quello che non ero. Avevo la necessità di sembrare invincibile ai suoi occhi, come se tutto quello che facesse fosse distante da me, quando in realtà mi logoravo l'anima ogni singola notte.
<<Stai quasi diventando brava a mentire>>
<<Perché? Perché ti comporti così? Perché hai deciso di diventare un fallito, avevi tante aspettative>> gli urlai a bassa voce. Cercai cioè di alzare la voce, ma non tanto da svegliare gli altri.
<< Non sai cosa si prova>> mormorò lui con una voce che non sembrava la sua, tanto era sgretolata.
<<Allora spiegamelo, dimmi cosa ti turba, cosa ti conduce a prendere qualcosa che ti farà morire prima>>
<<Da quando ti interessa la mia vita? Sei la prima che va in giro urlando che mi odi perché sono un drogato di merda>>
Mi si bloccò il cuore a quelle parole, non pensavo gli desse fastidio, davo per scontato che mi odiasse. Allora era ancora legato a me? C'era una vana speranza che non si fosse del tutto rimbecillito?
Un messaggio interruppe la nostra conversazione. Dal display lessi il nome: Ludovica e mi si ritorse lo stomaco. Lei, era la tipica bionda che tutti amano... portarsela a letto, tutti la considerano solo per quello. La classica antipatica, della serie Sonobellasoloio che va in giro sempre con due amiche che le fanno da cagnolino guida. La tipica ragazza che Stefano desiderava. Una che soddisfaceva senza impegni.
<<Stefano>> Cercai di attirare la sua attenzione dal messaggio, il quale aveva acceso una luce nei suoi occhi, chissà cosa mai gli aveva proposto.
Mi sentii avampare al solo pensiero così lo scacciai riprendendo il discorso. I suoi occhi si puntarono sui miei e io tremai. Un solo sguardo era in grado di smuovermi come nessun'altra cosa poteva fare mai. La Marijuana era la sua droga, lui era la mia. Infondo ognuno si fa male a modo suo.
<<Sai benissimo che non è vero>>Dissi poi, cercando di mantenere il mio cuore a una velocità accettabile. Fu un'impresa impossibile.
<<Non sai cosa significa provare dolore>> Ribatté il ragazzo di fronte a me. La luce nella stanza era spenta, ma il chiarore della luna bastava a illuminare una piccola parte per permetteva ai nostri occhi di guardarsi, di scrutarsi e nel mio caso di affogare in quel limpido Verde smeraldo.
<<Stefano, mia madre ha sofferto di leucemia per quattro anni, tornavo a casa e non sapevo mai cosa aspettarmi, a volte lo sai anche tu delle condizioni in cui si trovava.>> Gridai quanto più avevo in testa.
<<Bel, tua mamma ha sconfitto il cancro, sta bene puoi abbracciarla quanto ti pare. Mia madre è morta in un incidente d'auto, mia sorella è scomparsa non so dove e non vuole saperne niente né di me né di nessun altro qui. Aggiungiamo che mio padre si è dato all'alcol più estremo tanto che a volte vuole picchiarmi. A differenza di quei ragazzini che si drogano per sembrare fighi io ho, non uno, ma ben tre motivi per farlo!>>
Le sue parole furono lame, sapevo tutto quello che mi stava raccontando, ma non me ne aveva mai parlato di persona, si limitava a mandarmi via e alla fine decisi di lasciarlo in pace anche se dentro di me non lo abbandonai mai.
<<Ste... >> mi si fermarono le parole in gola, furono sostituite dalle lacrime che dirompevano senza precedenti. Non avevo mai pianto davanti a lui. Egoisticamente pensai che facendolo avrebbe cambiato le cose, l'avrebbe indotto da me.
<<No>> mi fermò prima che continuassi. <<Sono venuto qui per un'altra cosa. Ascoltami bene, voglio che tu mi dimentichi, non sono il tipo per te. Due anni fa sei uscita dalla mia vita e ne sei fuori tuttora non sperare in qualcosa che non accadrà mai. Perché non m'interessi proprio. Prendi in mano la tua vita, io ho deciso la mia. >> disse scandendo bene ogni parola.
Le lacrime non la smettevano di uscire, provocandomi uno scompiglio dentro me allucinante. Aveva rubato il mio cuore, preso e accartocciato in meno di venti minuti.
<<Addio>> mormorò alzandosi dal letto e scendendo da Filo.
Con l'anima a pezzi mi distesi sul letto e mi soffocai gridando al cuscino, l'unico vero amico che si era assorbito tutte le mie lacrime e le mie delusioni.

Come un fiume verso il mare  #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora