Stefano
"E mi chiedo cosa da te mi ha spinto via. Mi chiedi perché rido? Ti rende irascibile la mia ironia"
Ed eccola scendere le scale in tutta la sua bellezza: quello che io chiamavo Vestito a pantaloni, perché non sapevo il suo reale nome, completamente nero. Il tutto adornato con collane che coprivano interamente, o quasi, il suo delicato collo. Truccata semplice rispetto al suo solito.
<<Hey>> mormorai appena la vidi. Era bellissima in tutti i sensi.
<<Ciao>> rispose inquadrandomi da capo a piedi.
Per l'occasione avevo indossato uno smoking, il quale, con mia sorpresa riservavo ancora. I miei capelli sempre biondo limone e come da manuale senza filo di trucco.
<<Alessio?>> chiesi sapendo già che non veniva.
Ludo mi aveva avvertito dicendomi che avevano litigato per un certo matrimonio in corso.
<<Non viene>> fu la sua risposta. Secca e decisa, non si lasciava intimorire.
Eravamo solo io e lei. Nessuno contava più.
<<Siamo solo io e te allora?>> provocai, notando che diventò rossa in viso.
<<No, passiamo a casa di Elena viene lei>> mi informò, colpendomi con aria di sfida.
<<Sai dove abita?>>
<<No>>
<<Mh... come ci arriviamo a casa sua? >> nemmeno il tempo di finire questa frase che sulla sua rubrica comparve il nome di una certa Elena in via di chiamata.
<<Bel?>> disse una voce dolce dall'altro capo del telefono.
<<Sei in viva voce indica a Stefano la strada per casa tua>> borbottò la ragazza di fianco a me.
<<Hai presente il negozio di scarpe FootWorld?>> chiese Elena, cercando di fare da navigatore.
Ecco cosa significava farsi guidare da una ragazza, non che dicesse qualcosa di utile al mio senso d'orientamento, no, loro si capivano con i negozi di scarpe.
<<No>> risposi.
<<Ti guido io, so dov'è>> intervenne Bel.
Mi soffermai sulle prime tre parole: "Ti guido io" se dette in altre circostanze mi sarei eccitato, e non poco.
<<Okay Bel, arrivata li prendi la stradina sulla destra e a qualche metro ci sono io >> informò Elena prima di riattacare.
Ci fu silenzio tra di noi, poi. Solo il lieto frastuono della musica ci ronzava intorno impedendo la vista dei pensieri fluttuanti. Non volevo dire ciò che mi passava per la testa e ci avrei scommesso l'anima che neanche lei voleva rivelare ciò che provava in quel momento.
<<Cosa ti aspetti di sapere?>> mi chiese d'un tratto voltando la sua testa verso me.
La domanda che mi spezzò il cuore.
<<Non lo so... >> risposi nervoso.
<<Magari se sta bene, o magari sapere dov'è...>>
<<O magari sapere il perché>> aggiunse lei al posto mio abbassando lo sguardo sui suoi piedi.
<<Il perché lo so>> replicai girando i miei occhi nella sua direzione per un secondo.
<<Sarebbe?>>
<<Sai, tua madre che era il punto di riferimento da una vita di colpo muore, muore per colpa di tuo fratello che la voleva a una stupida partita di calcio e tuo padre che non faceva altro che ripetere a lei quanto fosse importante quella misera partita. Allora lei di corsa venne da te e fece un incidente dove morì... stare in questa città significa convivere con il dolore, significa dover affrontare ogni giorno la vita senza lei.. significa morire>> dissi morendosi il labbro tanto da farlo sanguinare, avevo promesso di non piangere più e così era stato, a due mesi dalla scomparsa di Emily, nessuna lacrima era più fuoriuscita da me.
Guardavo la strada, ma in realtà vedevo solo una serie di ricordi di quei tempi in cui ero felice, quei tempi in cui mamma, Emily e pure Bel erano le donne della mia vita.
<<Stefano Attento!>> urlò Bel con gli occhi spalancati.
Fu un secondo, una grossa macchina si trovava a un metro da noi e suonava ripetutamente il clacson. Paralizzato, tutti i miei arti erano immobili, sarei morto lì.
"Stefano Grezzi e Isabel Mancini, morti insieme in un incidente d'auto"
La sua manina afferrò il volante e lo girò a trecento sessanta gradi, così da finire su un albero. Rovinati, ma vivi.
<<Stai bene?>> mi domandò respirando a fatica.
Scossi la testa. Come potevo io stare bene? Avevamo avuto un incidente per colpa mia. Di nuovo. La colpa di ogni morte, di ogni uccisione, di ogni lontananza, di ogni bottiglia che papà scolava era mia, solo ed esclusivamente mia.
Pensavo che avrebbe iniziato a farmi una ramanzina riguardo a tutta la situazione, invece si alzò ed uscì dalla macchina, nel freddo gelo di novembre.
Rimasi solo con la mia vocina a pensare.
Sbattei i pugni sul volante più volte e piu volte ancora, continuando a mordermi il labbro e bruciarmi la gola per non permettere alle lacrime di uscire.
Si aprì la portiera dal mio lato e la ragazza con il vestito nero, coperta completamente di lacrime, a differenza mia, si avvicinò a me e senza darmi modo di dire una parola mi baciò.
Fu dolce, confuso, bello, stupendo, triste, angosciato, pieno di rammarico. Un bacio pieno di amore e odio. Le sue mani spingevano sul mio petto e il cuore rispondeva, facendo forza per salire su e andare a trovare il suo.
Alessio? Non era nulla per me, come per lei. Si sarebbero lasciati nel giro di una settimana ne ero sicuro.
<<Cosa fai?>> Le chiesi ammiccando un sorriso.
<<Ti impedisco di pensare>> rispose staccandosi e avviandosi di nuovo al mio fianco nel sedile.
<<Che significa?>>
<<Che non mi piaci più, ma sapevo che facendolo non avresti più pensato a tale tragedia... comunque non è colpa tua. È stato solo un incidente Ste. Ora vai che Elena ci aspetta>>
Chi dice che in giorni non può succedere nulla? Bastano anche e solo venti minuti a passare da estranei ad amanti, fino a tornare di nuovo estranei; bastano venti minuti a passare il bilico tra vita e morte certa.
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Come un fiume verso il mare #Wattys2016
RomanceIl rapporto di Stefano e Isabel è un amore nascosto dietro le vesti di un'amicizia. Si conoscono da sempre, ma non hanno mai avuto il coraggio di esprimere i loro reali sentimenti. Con l'improvvisa morte della madre di Stefano, lui si allontana di...