Raph - Malato

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Arrivo fino al cancello. Lui è lì, con una coperta sulle spalle e il volto pallido. Percorro gli ultimi metri di corsa e, arrivato accanto a lui, istintivamente lo abbraccio. -Jessie, ma cosa...

-Tranquillo- mi sussurra con la voce flebile -sono solo malato.

Ci avviamo lungo il vialetto. La sua casa è uno spazioso appartamentino, al quinto piano di un condominio circondato da un verde cortile, e da una siepe molto alta.

-Non c'è nessuno in casa- mi dice. -Mia sorella è uscita, e resta in compagnia di alcune amiche per qualche giorno... e i miei genitori stasera faranno tardi a lavoro. Accomodati pure sul divano.

Si avvicina ai fornelli, e lo vedo che giocherella un po' per far accendere il gas. Mi avvicino a lui e gli stringo le braccia attorno ai fianchi. -Sicuro che sia tutto a posto?- gli dico, dandogli un bacio sulla guancia. Quanto gli voglio bene! E vederlo così mi rattrista tantissimo.

-Sì certo, ora che ci sei tu mi sento molto meglio- mi sussurra, guardandomi dritto nelle pupille dei miei occhi marroni.

Prese in mano le due tazze di tè, mi porta a vedere la sua camera. 

Lascia le tazze sul comodino e mi fa guardare fuori dalla finestra. Sulla città è calata un po' di nebbia, ma da lì si riescono a vedere anche i palazzi più lontani. -Wow!- esclamo, mentre lui si è steso sul letto. Quello è davvero un paesaggio mozzafiato, se lo guardassi tutte le mattine allora sarei di buonumore tutti i giorni, per davvero.

Mi avvicino a lui, si è già addormentato. Gli accarezzo i capelli e con le labbra gli tocco la fronte. Scotta ancora tanto. In fondo è solo una volgare febbre, ma lui sembra davvero stare tanto male, come se nella sua vita mancasse qualcosa.

Era una sensazione che sinceramente io non avevo mai provato, ma non pensavo che lui potesse mai provare qualcosa del genere. Ormai lui doveva iniziare il quarto, e, cavolo!, era ancora una delle persone più popolari di tutta la scuola. Gli amici non gli mancavano, i buoni voti a scuola nemmeno, la sua famiglia l'aveva sempre approvato in tutto... e poi aveva me. Noi eravamo molto legati, l'uno per l'altro significavamo molto. L'unica cosa che gli mancava, a bene pensarci, era una ragazza; ma sinceramente non ne avevamo mai parlato, quindi davo per scontato che a lui per il momento non interessasse averne una.

-Raphael- sussurra nel sonno.

-Sono qui- gli dico accarezzandogli la testa.

-Non mi lasciare, ti prego. Resta qui con me.

Do un'occhiata all'orologio: sono ancora le tre. -Posso fermarmi, certo- gli dico.

Continuo a guardarlo, lì che sta male. -Ho freddo- bisbiglia ad un certo punto. -Ho tanto freddo...

Gli prendo una coperta, e gli copro le spalle e la schiena. Posso trattenermi ancora per un po', così, senza esitare, mi tolgo le scarpe e mi infilo sotto le coperte, accanto a lui. Finalmente sta riposando un po'. Non so bene cosa gli manchi, ma, a vederlo così, l'unica cosa che vorrei è fare per lui tutto ciò di cui ha bisogno.

La vita segreta di Jessie HuskDove le storie prendono vita. Scoprilo ora