Scomode verità

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Cristina entrò nella stanza come una furia.

«Possibile che mia madre mi faccia preparare le camere a degli stupidi ragazzini come se fossi la loro cameriera?» Chiese lanciando con rabbia le lenzuola su uno dei letti. «No, ecco... non sono stupidi... ma mia madre non la sopporto» aggiunge sentendosi in colpa per averli chiamati stupidi. «Volevo assistere all'interrogatorio di quei due, potevo imparare qualcosa, no?» si girò verso Diego. «Non è vero che avrei potuto imparare qualcosa?» Gli chiese aspettandosi una conferma.

Diego la guardò con un mezzo sorriso che invece di scioglierla come faceva di solito la innervosì ulteriormente. Lo sapeva che il ragazzo avrebbe avuto una spiegazione logica, razionale e completamente giusta per quella situazione e, per una volta, avrebbe voluto che non fosse così perfetto. Desiderava solamente che l'abbracciasse e le dicesse "hai ragione"; per una volta avrebbe voluto provare la sensazione di aver vinto su sua madre.

«Lo sai cosa? Non dirmelo, non voglio saperlo» aggiunse girandosi e iniziando a preparare il primo letto.

Cristina sentì il corpo caldo di Diego appoggiarsi alla sua schiena e le braccia avvolgerla stringendole la vita. I leggeri baci che le lasciava sulla pelle del collo stavano facendo vacillare tutta la sua convinzione. Chiuse gli occhi e assaporò quel momento.

«Se facciamo in fretta con queste camere, possiamo tornare all'istituto e assistere all'interrogatorio» sussurrò il ragazzo. «Oppure possiamo approfittare di un posto completamente deserto e prenderci qualche momento per noi» aggiunse con un filo di voce.

La rabbia di Cristina si dissolse quasi completamente, si voltò verso il ragazzo e si perse in quegli occhi scuri. Quando Diego si avvicinò per baciarla chiuse gli occhi e assaporò il gusto dolce delle sue labbra e della sua lingua. In quel momento, mentre le mani di Diego affondavano nei suoi capelli, aveva dimenticato non solo sua madre ma anche di come si facesse a respirare.



Jace era appollaiato su una trave del soffitto della palestra dell'istituto di Città del Messico da ore. Sotto di lui i ragazzini che avevano salvato dalla chiesa erano seduti sul pavimento della stanza pensando di essere soli. Avevano deciso di osservarli per un po' sperando che parlando tra di loro fornissero informazioni utili a scoprire chi li aveva rapiti. Al momento la cosa non era servita a molto se non per scoprire che, alcuni di loro, stavano mettendo in dubbio il fatto che forse, quelli che dicevano di salvarli, non erano poi così sinceri.

«Se pensi che ci abbiano rinchiuso lì dentro per salvarci dagli Shadowhunter, allora mi spieghi perché Cesar non è più tornato dopo che quello con le orecchie a punta è venuto a sceglierselo?» Chiese uno dei ragazzini ad un altro che sosteneva che erano stati rinchiusi nella basilica per la loro sicurezza.

La domanda incuriosì Jace che ormai stava perdendo la pazienza. Orecchie a punta poteva significare Fate e finalmente avevano una direzione in cui cercare.

«Non l'hanno scelto» ribatté l'altro quasi offeso.

«Ci hanno rigirati come pezzi di carne in una macelleria» disse ancora quello un po' più vecchio dei due con un tono che sembrava voler constatare una cosa più che ovvia.

Il silenzio calò di nuovo tra i ragazzini impauriti e immobili se non per quelle poche parole che si stavano scambiando. La cosa positiva era che finalmente la lunga attesa non si era rivelata un buco nell'acqua. Jace si mosse in silenzio e uscì dalla stanza calandosi da una delle finestre interne che davano sul corridoio dell'istituto.

Appena appoggiati i piedi a terra fu accolto da Alec e Magnus che fino a quel momento erano rimasti appoggiati al muro in silenzio in attesa che uscisse.

Malec da morire (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora