Sarà una lunga, lunghissima nottata (parte 2)

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Clary era appostata con altre otto persone sul tetto di un magazzino di Long Island da almeno due ore. Rannicchiata e immobile dietro un muretto troppo basso per nasconderli agevolmente, aveva i piedi ormai atrofizzati e dubitava che sarebbe riuscita a scattare in piedi in caso di un attacco imminente.

Osservava il magazzino e il piazzale di fronte a loro e tutto era immobile e uguale da ore. Era chiaro che non ci fossero Fate ma nemmeno i licantropi che normalmente gestivano quel posto. Era tutto troppo strano, troppo fermo, troppo senza vita. C'era qualcosa che non andava.

«Siamo sicuri di essere nel posto giusto?» Chiese alla donna dai lunghi capelli neri appostata accanto a lei.

Clary non aveva idea di chi fossero quelle persone, aveva sentito i loro nomi solo qualche ora prima, trovava difficile fidarsi completamente di loro. Cercava di spiegare quella insicurezza con il fatto che non era cresciuta in quell'ambiente e doveva solo abituarsi ma in fondo sapeva che non sarebbe mai riuscita a farlo completamente.

«Sì, queste sono le coordinate che ci ha dato Maryse» sussurrò la donna senza mai distogliere lo sguardo dal parcheggio.

«Allora mi spieghi perché non c'è nessuno?» Insistette.

Notò un leggero movimento di stizza nella donna ma poi si girò verso di lei e il suo volto sembrava serio ma non infastidito.

«Evidentemente qualcuno tra i licantropi ha fatto la spia» spiegò con naturalezza.

Clary percepì chiaramente il sangue defluirle dalla faccia e lo stomaco stringersi in una morsa che faceva male. Immediatamente il suo pensiero andò a Luke e sua madre. Accusare i licantropi di avere una spia significava sospettare del marito della madre e la cosa la faceva arrabbiare come poche. Lo sapeva che Luke era innocente e, se avesse anche minimamente sospettato che c'era una spia tra di loro, l'avrebbe consegnata personalmente al Conclave.

«O magari è il magazzino sbagliato, o la sera sbagliata, non credi?» Sibilò Clary furibonda.

In quel momento avrebbe voluto accanto a sé Jace oppure Izzy a calmarla ma ovviamente gli ordini di Maryse non si potevano discutere così si ritrovava lì da sola in mezzo a dei perfetti sconosciuti a cui doveva affidare la propria vita. Quello era uno di quei momenti in cui rimpiangeva la sua vecchia vita, il suo liceo, le lezioni d'arte e tutto ciò che poteva definirsi normale.

«O forse il tuo giudizio è offuscato dai tuoi rapporti con i licantropi» affermò la donna con cattiveria. «Questo è il motivo per cui i Nephilim non dovrebbero mescolarsi con i Downworlder» sputò quasi fosse un insulto.

Clary rimase senza parole. Sapeva che c'erano Shadowhunters con ideologie molto vecchie, era difficile far cambiare mentalità a persone che per generazioni erano state abituate a quel modo di pensare, ma non credeva che potessero essere così sfacciate nel dimostrare quanto fossero bigotte.

Non ebbe il tempo di rispondere che un sibilo arrivò dalle loro spalle. Quello che capitò nei secondi successivi avvenne talmente in fretta che neppure se ne accorse. La donna con cui stava parlando era accasciata al suolo con una freccia conficcata nella schiena. Era viva, si muoveva e si lamentava ma non aveva la forza di alzarsi. Erano attimi concitati, i Nephilim che erano con lei si sparpagliarono per cercare riparo.

Clary si guardò attorno, trovò la colonna di cemento che nascondeva la struttura del montacarichi e, afferrando la donna ancora a terra, la trascinò al riparo.

Le frecce avevano cominciato a sibilare con maggiore frequenza, sia da dietro di loro che in risposta dai Nephilim. Si abbassò per vedere quanto grave fosse la ferita della donna e notò che la freccia che l'aveva colpita era esattamente come quella che aveva ferito Jace. Il sangue scorreva in abbondanza, molto più rapidamente di quanto non facesse normalmente. Il profumo dolciastro che emanava la ferita non lasciava nessun dubbio: belladonna. Erano caduti in un'imboscata.

Malec da morire (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora