Telefonate e gatti infastiditi

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Jaime era rimasto seduto per ore nella stanza di Alec aspettando il ragazzo. Non sapeva perché l'avesse fatto, era la prima volta che prendeva tanto sul serio qualcuno. La prima volta che l'aveva visto durante lo scontro finale della Guerra Oscura non aveva fatto caso a quanto fosse bello, forse perché all'epoca era troppo concentrato a farsi largo tra le gonne di Cristina che, però, era sempre stata innamorata di suo fratello e non gli aveva mai concesso neppure un bacio. Quando l'aveva rivisto nello studio solo qualche ora prima, il fiato gli si era mozzato in gola e immediatamente aveva deciso che doveva averlo. Mai gli era capitato di desiderare così ardentemente qualcosa o qualcuno.

«Cosa ci fai qui? Come hai fatto ad entrare?» Gli chiese Alec infastidito non appena lo vide seduto sul suo letto.

Jaime si alzò, si avvicinò a lui e gli porse il telefono satellitare che aveva comprato qualche mese prima. Era l'unico apparecchio che funzionava dentro all'istituto e nessuno era a conoscenza del fatto che l'avesse. Non l'aveva detto neppure a Cristina.

«Tieni, è un telefono satellitare. Con questo puoi chiamare Magnus» gli disse prima di avvicinarsi alla porta. «Sono qui fuori quando hai finito» aggiunse agguantando la maniglia.

«Perché lo stai facendo?» Gli chiese Alec sorpreso.

Jaime si girò e lo guardò. Avrebbe voluto rispondergli che lo faceva perché così sarebbe entrato più in fretta nei suoi pantaloni, che quello era il suo modo di conquistarsi la sua fiducia per riuscire a strappargli quei gemiti che tanto bramava, ma non era così.

«Perché non sono quella brutta persona che tutti credono» gli rispose semplicemente, poi uscì aspettando dietro la porta che il ragazzo avesse finito di parlare con il compagno.

Gli faceva male sapere che in quel momento stava aiutando a risaldare il rapporto tra i due ma aveva il sospetto che sarebbe stato proprio Magnus a rovinare quello che c'era senza che lui facesse la figura del cattivo.



Alec era sorpreso dall'improvvisa generosità del ragazzo. Osservò per qualche interminabile secondo il telefono cercando di dare una spiegazione allo slancio di gentilezza ma non ci riuscì. In fin dei conti non gli importava neppure molto del perché l'avesse fatto, in quel momento aveva solo bisogno di sentire la voce di Magnus, di sapere il perché se ne fosse andato, di avere una spiegazione per la situazione che lo stava tormentando.

Provò a chiamarlo diverse volte, il telefono risultava spento. Provò a controllare che il numero fosse giusto, ovviamente lo era. Rimase qualche secondo a pensarci poi decise di chiamare Jace: era l'unico che in quei momenti riusciva a dargli la calma necessaria per ragionare.

«La smetti di farmi perdere conoscenza mentre sono in giro?»

"Scusami, Alec, se mentre lottavo per sopravvivere ti ho creato degli inconvenienti"

«Mi hai fatto spaventare»

"lo so"

«Hai bisogno di me a casa?»

"No, Alec, lo sai che sto bene. Perché mi hai chiamato? Sul serio, il vero motivo di questa telefonata"

«Non lo so»

"Magnus è in ufficio da Maryse da quando è rientrato. Non sappiamo niente, noi siamo rinchiusi in camera agli arresti"

«Ok»

"Alec, ascoltami. Va tutto bene, ok? Fai quello che devi fare e poi torna qua"

«Ok»

"Hai bisogno che venga lì?"

Malec da morire (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora