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Mi sveglio,

Nell'aria c'è profumo di cucina.

Guardo l'orario: 14:23.

Decido di scendere in cucina e saluto mio padre con un bacio sulla guancia.

"Ho provato a svegliarti quattro volte senza nemmeno mezzo risultato. Ho anche creduto che fossi imbalsamata come una mummia." mi dice con una faccia tremendamente simpatica.

Una delle doti più belle che ha mio padre, è quella di saper cucinare italiano. Certo, tutto grazie a mia madre. I ristoranti che chiamano italiani qui non sono per niente uguali alla vera cucina italiana.

"Tagliatelle alla bolognese pronte qui per te!" mi dice mio padre.

Magari fossero tutti così i risvegli.

Divoro tutti i pasti in due secondi per la fame.

Dato che dal letto mi sono catapultata direttamente a tavola, decido di farmi una doccia.

Dopo averla finita, esco dal bagno e sento mio padre parlare al telefono con un sorriso gigante.

"Certo, grazie mille dell'ospitalità. Taylor ha insistito tanto e alla fine ho dovuto cedere."- dice- "Grazie ancora, Amanda."

Amanda? Da quando mio padre ha il numero di Amanda?

Perché dovrebbe parlare con la compagna del padre di Tay?

Mi aspetterei di più che ringraziasse suo fratello anziché quella che è da solo un anno la sua compagna.

Non voglio fare domande a mio padre, magari ha chiamato suo fratello ma ha risposto lei.

Zia Marilyn mi manca tanto. Quando sono nata e Taylor aveva due anni, lei mi ha accudita per i primi mesi, perché mia madre doveva fare un'operazione e quindi trattenersi in ospedale.

Anche per quello io e Taylor siamo così uniti. Appena nata già vivevo con lui.

Ha lasciato tutti, è scappata via quando Taylor aveva dieci anni, senza ragione .

O almeno così sembrava.

Un mese dopo abbiamo scoperto che aveva una malattia grave e preferiva farsi ricordare come una stronza che come una malata, perché sarebbero riusciti a dimenticarla prima e quindi soffrire di meno.

Scoprirlo però non ci ha per niente fatti soffrire di meno. Ma non ci sarebbero state cure, quindi in un certo aspetto è riuscita in quello che voleva.

Senza rendermene conto per tutto questo tempo sono stata seduta sul letto. Amo pensare, parlare da sola. Lo faccio anche muovendo la bocca tranquillamente, solo parlando a voce bassissima altrimenti sembrerei una psicopatica.

Sono le 15:45, alle 16 Taylor mi verrà a prendere, quindi è meglio che mi prepari.

Metto una felpa bordeaux con delle scritte bianche, jeans, Vans e cappello neri.

Sistemo il trucco che è colato su tutto il mio viso perché ieri non mi sono struccata e metto eyeliner, tantissimo mascara e il mio fantastico rossetto Diva di Mac.

Amo i rossetti scuri, perché amo come stanno vicino al mio septum.

D'altronde quel geniaccio di Taylor me ne regala un sacco quindi lo amo.

Giustamente è negato con i regali, quindi piuttosto che ricevere un paio di calzini rosa, preferisco sapere tutto in anticipo.

Sento il campanello di casa e capisco che devo scendere.

"Ciao mostro", sempre dolce con me.

Ci incamminiamo per andare nel centro della città che, a piedi, è non poco distante.

Dopo venti minuti arriviamo dal fotografo e stampiamo tante foto di quelle che Thomas ci ha fatto mentre ballavamo.

Decidiamo di girare un po' per negozi, naturalmente maschili.

Non sono un maschiaccio, solo mi piace vestire secondo i miei gusti musicali. Non mi interessa tanto mostrare le forme, o essere una femmina femminile di quelle che da piccole sognavano di essere delle principesse su un pony alato.

Sono cresciuta con Eminem e ho sempre voluto questo stile. Non piacerò a tutti, ma se non fossi così probabilmente io e Taylor non saremmo così uniti.

Ascoltiamo la stessa musica, balliamo allo stesso modo, ci piacciono gli stessi negozi. E' come me stessa versione completamente maschile.

Avere questo stile non significa che vado a cercare risse, che dico ogni trenta secondi parolacce e che rapinerò le banche quando sarò abbastanza esperta. Anzi.

Questo non lo aveva capito nemmeno Bethany all'inizio.

Io e lei infatti ci stavamo antipatiche a vicenda. Lei ci tiene molto allo stile e guai se esce con qualche capello fuori posto.

Dopo però abbiamo iniziato a conoscerci, e in realtà abbiamo tante cose in comune.

"Sai, appena ti ho vista mi sono innamorato di te. Non riesco a starti lontana e devi essere mia." sento dire da Taylor.

Cosa?

Mi blocco all'interno del negozio.

Ma che sta succedendo?

Quando mi giro vedo che sta parlando con una felpa.

"Coccoe guarda che meravigliaa" mi dice come se stesse in paradiso.

Già, mi ha chiamata Coccoe. Da piccola dicevo di chiamarmi Coccoe perché ancora non sapevo parlare. Lui invece lo chiamavo Tattay.

Mi avvicino per vedere quella felpa e ripeto la stessa scena di Taylor.

Rimango estasiata con la bocca aperta.

"Tay."

"Cleo."

"Pensi a quello a cui sto pensando io?"

Già, alla fine ce ne siamo comprate quattro. Due come quella per averle sempre con noi e due diverse da scambiarci.

I nostri genitori maledicono ogni volta che usciamo insieme per negozi perché ormai le nostre felpe stanno invadendo entrambe le case.

Siamo peggio di Paris Hilton alla fiera del 'Tutto Rosa'.

Sono ormai le sette e solo ora ricordo che avevo dato appuntamento a Beth per stare insieme.

La chiamo e le dico di scendere, perché abita in centro.

La sua reazione quando vede Taylor è fantastica.

In realtà non si vedevano da prima che andassi via, quando si sono solo scambiati uno sguardo di sfuggita.

Si fissano, "H-Hey, B-Bethany. Come stai?", sussurra Tay con un tono così basso che sono riuscita a sentirlo solo io che sto attaccata a lui.

Ogni volta che incontra una ragazza che le piace tanto inizia a parlare come se fosse un salmone. Sembra che si sia appena fatto dodici piercing alla lingua o che il cd nel suo cervello si sia ingrippato.

Lo spingo dandogli una spallata sulla schiena in modo da sbloccarlo.

"Ciao Taylor" dice timidamente Bethany.

Taylor inizia a sudare e si gira per scappare via facendo rimanere male Bethany.

Credo che stia iniziando ad innamorarsi seriamente.

My Dear, Lovely Life.|| Cameron Dallas.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora