Capitolo XL●Reflection●

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RIFLESSIONE

«Allora, Harry, cerca di riposarti il più possibile e non fare sforzi!» gli raccomandò il medico srotolandogli dal braccio l'apparecchio che gli aveva appena misurato la pressione.
«Mmh, è un po' bassina. Chiederò all'infermiera di portarti qualcosa di dolce da mangiare» continuò leggendo i risultati.
«Ma io sto bene!» ribatté Harry come un bambino capriccioso.
«Allora mi spieghi la sua voce flebile! Si lasci aiutare signor Styles!» gli rispose l'uomo facendo abbassare lo sguardo al ragazzo e sbuffare. Poi l'uomo se ne andò dalla stanza mormorando qualcosa come: «Queste celebrità viziate!» e sbatté la porta. Harry sospirò e roteò gli occhi al cielo appoggiandosi poi, al cuscino.
«Ci hai fatto prendere una paura terribile, idiota!» iniziò Liam dandogli uno schiaffo sul braccio. Harry assunse una smorfia di dolore. «Intendevate questo quando avete detto che me l'avreste fatta pagare se non mi fossi svegliato?» chiese ridendo il riccio, riferendosi allo schiaffo. «Quindi ci sentivi?» chiese Gemma, stupita.
«Certo...» rispose, spostando lo sguardo verso Elsa e sorridendole leggermente. Le guance della ragazza si tinsero di rosa e abbassò il capo imbarazzata, pensando a ciò che era successo poco tempo prima.
Anne emise un urlo di gioia e strinse suo figlio a sé.
«Ma-mamma...basta ora! Soffoco!...» disse Harry con la voce spezzata a causa della mancanza di aria. Tutti risero e Anne lasciò che il ragazzo si distese di nuovo completamente.
«Harry, ero così preoccupata!» questa volta fu Margaret a parlare. Si strinse al petto di Harry, poi sollevò il viso per far unire le loro labbra. Tutti distolsero lo sguardo, imbarazzati. Elsa invece non lo fece per l'imbarazzo, ma per la gelosia. Aveva paura che Harry non pensasse davvero ciò che le avesse detto poco prima. Però sembrava così sincero! Quindi, si rese conto in quel momento, che doveva solamente fidarsi di lui.
Era vero che aveva ricambiato il bacio di Margaret, ma dentro di sé, Harry non vedeva l'ora che Margaret si allontanasse da lui.
«Abbiamo avuto così tanta paura, temevamo che tu morissi!» aggiunse Jessica. «Ho capito, non fatemi sentire in colpa ora, però!» rispose Harry prima di scoppiare a ridere. Ma poi si fermò improvvisamente storcendo il viso in una smorfia di dolore e premendo con entrambe le sue grandi mani sul punto ferito.
Scostò le coperte dal busto ed esaminò la fasciatura che aveva una macchia rosso scuro.
«Non rappresenta più in pericolo per te, ora» gli disse Elsa per rassicurarlo, indicando la ferita. «Ora il pericolo è un altro...» aggiunse.
Harry la guardò interrogativo attendendo che continuasse. «Uno dei criminali è stato arrestato, l'altro è ancora libero...» spiegò la bionda. «Erano due?» chiese sorpreso indicando il numero "due" con le dita. La ragazza annuì.
«L'altro è una donna...» continuò. Questa volta il riccio sgranò gli occhi.
«Harry, hai idea di chi possa essere stato?» gli chiese Louis guardandolo attentamente negli occhi. Il riccio ci pensò su e poi scosse la testa. «Non mi sembra di avere dei nemici...»
Poi inarcò un sopracciglio e chiese: «Qual è il nome di quello che è stato fermato dalla polizia?»
«Adam Mitchell!» rispose Simon Cowell cercando di studiare lo sguardo di Harry e capire se lo conoscesse.
Margaret alla menzione di quel nome sgranò gli occhi e poi cercò di riacquistare di nuovo la precedente espressione impassibile e incrociò le braccia al petto guardando ogni angolo della stanza.
«Adam Mitchell?! E chi è?» chiese Harry guardando gli altri.
«Se non lo sai tu!» aveva detto Liam alzando le braccia in aria mentre gesticolava.
Harry fece una smorfia e si strinse nelle spalle giocherellando con i bordi della fasciatura.
All'inizio non aveva minimamente fatto caso alla mancanza di una persona: «Zayn?» chiese, cercandolo ancora con lo sguardo. «Non è venuto...non abbiamo notizie di lui...» rispose Niall tristemente. Harry fece una smorfia di disgusto e si girò a guardare alla finestra.

Il rumore dei passi pesanti degli stivali di gomma nera, riecheggiava all'interno dell'angusta stanzina che di accogliente non aveva proprio nulla. Le mani bloccate da delle manette di ferro, la catenina tra le due così corta da non permettere la separazione delle sue mani.
I passi andavano avanti e indietro aspettando ansiosamente che accadesse qualcosa.
Il pavimento ricoperto solo di cemento marroncino, privo di mattonelle. I muri nelle stesse condizioni, pieni di graffi e in alcuni punti della stanza si intravedevano i mattoni rossicci.
Una piccola finestrella si trovava al centro di uno dei muri. Le spesse sbarre di ferro avrebbero impedito ogni tentativo di fuga da parte dei detenuti.
Adam andava avanti e indietro per la stanzina che gli era stata assegnata. Le braccia poco muscolose piegate verso l'alto e le mani intrappolate da quegli odiosi oggetti di ferro a coprirgli il viso.
Poi le scostò bruscamente facendole scendere lungo la parte davanti delle sue gambe. Sbuffò e mise entrambe le braccia rivolte di nuovo in direzione del suo viso; due dita a torturargli il labbro inferiore.
Era davvero nervoso, sbuffò ancora rumorosamente e si spettinò i capelli che man mano cominciavano a diventare di nuovo abbastanza lunghi.
La guardia lo guardava, stufato di vedere quel fastidioso movimento avanti e indietro. Anche lui non era fermo sul posto e spostava il peso su una gamba all'altra, aspettando uno dei suoi colleghi per condurre il prigioniero da colui che lo avrebbe interrogato. Ad ogni suo movimento si udiva il tintinnio delle chiavi appese ad un gancio della cintura, angolo tenuto sotto estrema sorveglianza dalla guardia stessa.
Ma ad Adam non sarebbe mai venuta in mente l'idea di fuggire. Non si perdonava per ciò che aveva fatto ed ora voleva essere onesto e avere ciò che meritava.
Perché aveva dato retta a lei?
«La smetti di andare avanti e indietro?» disse l'agente sibilando a denti stretti. «Mi stai innervosendo, e non poco!»
«Fanculo!» rispose il biondo alzando un braccio nella direzione dell'uomo, dimenticandosi delle manette, ma arrestando poi subito il movimento a causa del dolore provocato da quegli oggetti di tortura che gli stringevano i polsi lasciando dei segni profondi nella pelle. Le mani potevano separarsi di al massimo due centimetri.
«Conducilo lì»
Adam sentì un'altra voce, le parole erano state pronunciate da un altro agente. «Con piacere!» rispose l'altro.
Prese le chiavi e le fece tintinnare sotto lo sguardo inceneritore del ragazzo e aprì la porta formata da sbarre di ferro. Prese Adam per le braccia e lo condusse fuori. Arrivarono davanti ad una porta di legno nero. Adam la guardò con curiosità. Era leggermente rovinata a causa degli anni passati. «Ti conviene dire la verità» gli disse l'agente accompagnandolo solo per un braccio e aprendo la porta davanti a sé.
«Si sieda signor Mitchell...» l'ispettore di polizia lo fece accomodare su una sedia mal ridotta di legno per poi dirigersi dall'altro lato della scrivania, restando in piedi.
Cominciò a camminare lentamente a destra e a sinistra, il ticchettio provocato dai tacchetti delle scarpe. Adam aveva la testa bassa, ma lo osservava alzando più in alto possibile le pupille dei suoi occhi segnati da delle occhiaie violacee. Esse seguirono i movimenti dell'uomo: avanti e indietro, avanti e indietro.
L'uomo si fermò e si voltò nella sua direzione. Lo studiò attentamente, poi parlò: «Quando avete progettato tutto questo?»
«Qualche mese fa...» rispose il biondo, rimanendo sul vago. Effettivamente neanche lui ricordava precisamente quando era iniziato tutto ciò.
«Perché?»
«Volevamo diventare ricchi...sono stato solo uno stupido...»
L'ispettore assunse un ghigno soddisfatto.
«Volevamo
«Sì, volevamo...»
«Lei e chi?»

Silenzio...

Sguardo basso...

«Deve dirlo» ordinò l'uomo sbattendo il pugno sulla scrivania.
Adam sobbalzò.
Sospirò.
Voleva essere sincero...ma come era difficile!...
Doveva dirlo? Sì
Voleva dirlo?
Sì!...
No!...
Non lo sapeva!
Voleva farle questo? Se non altro se lo meritava!
La amava. Ma lei lo amava?
Sembrava di sì all'inizio. Allora perché lo aveva abbandonato, e perché aveva lasciato che venisse arrestato, svignandosela?
Era solo un'egoista, pensava solo a se stessa.
Come aveva fatto ad innamorarsi di lei? E perché lo era ancora nonostante tutto?
Probabilmente non era neanche pentita di ciò che aveva fatto.
L'ispettore aspettava impazientemente una risposta. La attendeva picchiettando la punta della scarpa sul pavimento più nuovo rispetto a quello della cella del ragazzo. Quest'ultimo lo guardò ancora. Gli occhi spenti.

Adam aveva preso una decisione.

I'll be always here for you//H.S [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora