#20# *Reasons*

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Orario d'inizio: 20.20 [Tanto per farvi capire che MaiUnaGioia di vita io abbia e quanto ci tenga comunque che voi siate felici al posto mio]

Buona lettura e scusate l'attesa. Alla fine, per chi volesse, c'è un elenco con nota autrice, spiegazioni, qualche spoiler se mi ispira e tante scuse per non aver risposto ai commenti di ieri. Ed oggi. E sono una persona di merda, ma ve lo spiegherò dopo. Chi è TIM mi capirà.

Come promesso: l'aggiornamento flash del 20° capitolo

Ps. Non fangirlate troppo, mi raccomando ;) E segnalate gli errori di battitura, che appena posso li correggo... Please 

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Sam

Silenzio.

Riuscivo quasi a respirarlo e a toccarlo con le dita, il silenzio che era calato tra me e Kylar da quando avevamo lasciato il pub.

Lui era sereno e tranquillo, come se si fosse liberato del suo più grande peso, mentre io avevo sbranato due panini, le patatine del bancone, una fetta di torta e pure le mie unghie, che già ne avevano viste di tutti i colori nei giorni precedenti.

E il mio stomaco sembrava non essere ancora sufficientemente appagato, dato che continuava a contorcersi su sé stesso, senza sosta, emettendo di tanto in tanto qualche mormorio sommesso.

"Mi piace stare con te... Mi piaci." La frase tornò a tormentarmi e spostai lo sguardo sul ragazzo che camminava poco più avanti di me, con le mani in tasca e lo sguardo perso nelle luci della città. "Mi piaci"

In quel momento il cuore si era bloccato, poi aveva ripreso a battere ad un ritmo folle e con un'intensità che quasi mi aveva fatto saltare le vene.
La mia bocca si era spalancata ed avevo rischiato di cadere dallo sgabello, ma per fortuna non era accaduto nulla di tutto ciò e Cazzey aveva fatto la sua comparsa con i nostri panini qualche istante dopo la sua confessione, mettendomi nella condizione di potermi concentrare su qualcos'altro che non fossero le sue parole.

Kylar era sembrato talmente sincero e spontaneo... Come se fosse convinto al cento per cento di ciò che pensava. Però... Non poteva essere serio, no?

Cioè... Ero un disastro praticamente in tutto e non potevo di certo competere con la bellezza di Brooke, i suoi capelli biondi come il sole e il suo seno rifatto che tutte invidiavano. La stessa che Derek, al tempo ancora sotto falso nome, aveva silurato senza nemmeno pensarci due volte.
Ero una comune studentessa che l'aveva conosciuto per caso, entrando mentre cantava una canzone in casa sua e dopo aver sclerato per il ritorno di suo fratello. 

La stessa che l'aveva convinto a intraprendere differenti voli d'angelo sul ghiaccio in Svizzera.

La stessa che aveva fatto innumerevoli figure di merda davanti a lui.

Eppure... Era ancora lì e non mollava.
Rimaneva comunque accanto a me anche nei momenti più imbarazzanti, come con Matt: la scenata fatta alle montagne russe e l'avergli dato la colpa di tutto non l'avevano fermato... Anzi.

Lo guardai aggrottando le sopracciglia e mi persi ad osservare il profilo delle spalle, coperte dalla giacca di pelle, col colletto alzato, per ripararsi dall'arietta fresca che aveva investito New York quella sera.

Cosa ci troverà d'interessante in me?  Mi chiesi, arrovellandomi il cervello.

- Siamo quasi arrivati. - Annunciò, indicandomi un'area verde, che comprendeva, in lontananza, delle serre.

Sbattei le palpebre più volte, non capendo se stesse scherzando o se facesse sul serio. - Questo è il quartiere dell'appartamento? - Osservai gli edifici intorno a me, ma non ne riconobbi nemmeno uno.

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