UN'AVVENTURA GRANDE COME UN UNIVERSO, di Alabasta2001

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Eccomi qua! Dopo lunghi giorni di essenza ritorno in carreggiata con una nuova storia: "Un'avventura grande come l'universo".
Ci troviamo davanti a Matteo, un quattordicenne che, dopo essere stato risucchiato da un wormhole (un passeggio dimensionale) si ritrova sul pianeta Reversestar. Qui gli viene affidata una missione: ritrovare le Sette Pietre nascoste su Starbool per salvare in il pianeta dalla razza dei Superhomo, e, in secondo luogo, l'universo
Barvear. La storia prende il via alla fine del primo capitolo, ma dopo il salto di Matteo nell'universo Barvear l'azione si riduce di molto. Lo troviamo invischiato nel tumulto di una caccia all'uomo non troppo movimentata e, in seguito, una serie di esperimenti e mini-avventure con Alex e Azzurra. Ma praticamente la situazione è ferma alle ricerche sulle Pietre da parte di Alex.

Questa storia è un vero e proprio guazzabuglio di generi: lo troviamo classificato come "fantasia", ma al suo interno c'è una grande quantità di elementi fantascientifici e di avventura. In primis dico che il genere principale di questa storia è il fantascientifico, non il fantasy, dato che il fantasy, per definizione, è un racconto ambientato in una dimensione narrativa con elementi tipici del folklore e leggendari. Fantasy è Il Signore degli Anelli, sono Le Cronache di Narnia, non questa storia.
La parte fantascientifica è incarnata dal pianeta alieno, la missione affidata al protagonista sul pianeta Reversestar e un po' in generale del trattato della storia e molti altri elementi. Però la presenza di queste pietre magiche e questa stele presentano un'ascendenza tipica del fantasy (la ricerca di un oggetto incantato per salvare il mondo). La parte di avventura riguarda il luogo dove sono ambientati gli eventi: il pianeta Starbool. Un laboratorio segreto sotto il municipio, un'isola semi-selvaggia in un mondo alieno, la ricerca disperata di queste pietre che, si presuppone, andrà a coprire tutto il pianeta; più Indiana Jones di così non potrebbe essere.
Ma tutti questi generi, tutti questi elementi mischiati insieme, formano qualcosa di troppo eterogeneo.
A mio parere l'autore aveva in testa molte idee e le ha volute mettere tutte insieme a mo' di patchwork; la storia, per colpa ciò, risente molto

Ci sono un po' di parti che mi hanno lasciata basita:
1) Matteo, a detta di Peter, è il gueriero della "Profezia della doppia Emme" profetizzata dagli Aziani del pianeta Reversestar. Ma se questi Anziani sapevano che sarebbero arrivati i Superhomo, perché non hanno fatto nulla? Insomma, l'obbiettivo di Matteo è trovare queste sette pietre per impedire ai Superhomo di impadronirsi della Stele, una sorta di arma che può essere sbloccata solo dalle pietre. Ma se era già presente una profezia, perché nessuno sul pianeta Reversestar, il Villaggio Universa, l'Eden della tecnologia, ha pesato bene di fermare questi tizi prima della loro venuta?
2) Matteo compie le più desparate imprese (sfuggire ai laser, finire in una tempesta, lanciarsi dal secondo piano, cadere in un vulcano) e non si fa assolutamente niente. Lui è un umano, non una qualche sorta di supereroe, e se un umano finisce nel bel mezzo di una tempesta ne subisce le conseguenze, se cade dal secondo piano e si attacca ad un filo di ferro si rompe una gamba e si scortica le mani.
3) Nell'universo è difficilissimo trovare un pianeta con le stesse identiche caratteristiche della terra. E nel pianeta in cui Matteo si trova: la vegetazione e il territorio sono terrestri, la gravità è terrestre, le forme di vita sono terrestri, il fenomeni fisici (l'arcobaleno, la marea) sono terrestri. E fino a qui, sebbene non ci sia alcuna spiegazione di questa affinità, è ancora possibile, ma che le tecnologie e le abitazioni siano le medesimo del ventunesimo secolo e che sia un satellite che si chiami pure Luna è estremamente artificioso. A mio parere l'autore ha voluto fare in questo modo perché non aveva né la voglia né le idee apportare dei cambianti a questo pianeta in modo da renderlo alieno. Ha voluto dare per scontato che questo pianeta fosse la Terra numero due, senza nemmeno pensare che una cosa simile non fosse possibile.
4) Con tutti i vocaboli che si possono inventare, perché dei nomi inglesi per due pianeti che non c'entrano nulla con la terra? E poi, scusa, ogni volta che troviamo un nome Starbooliano è tradutto in Italiano. La scusa che ci dà l'autore sono degli "occhiali traduttori" che fornisce Peter a Matteo, ma questi arnesi non vengono mai nominato all'interno della narrazione, tanto che pensavo Matteo li avessi persi durante la tempesta.

Queste sono le principali lacune che ho trovato all'interno del racconto, ma assicuro, ve ne sono molte altre e dei più svariati generi.

La storia non è tanto originale: questo elemento della ricerca di un manufatto magico è un classicissimo del fantasy, e la presenza di questa stele-arma mi ricorda molto i film di Indana Jones e, pensate, tantissimi cartoni a puntate (quali ad esempio Lego Ninjago o Lego elves).
La storia delle pietre mi ha lasciata davvero molto stranita, perché primo: sono tali e quali alle pietre dell'infinito della Marvel; secondo: mi ricordano molto, troppo, la classificazione dei pokemon. Queste sette pietre rappresentano acqua, aria, terra, erba, ghiaccio, elettricità e fuoco, e, teoricamente, dovrebbero essere gli elementi dell'universo Bervaer. Ma, fatemi capire, l'erba è un elemento? Il ghiaccio ha qualcosa di diverso dall'acqua?

La sintassi è complessivamente buona, ma spesso:
- i verbi, nei flashback o nei racconti che narra direttamente i personaggi, sono al passato remoto invece che al trapassato remoto e all'imperfetto;
- ci sono errori con congiuntivo e condizionale;
- non viene messo il punto alla fine di una frase parlata;
- sono presenti svariate espressioni errate come ad esempio "segno ad indicare (che non ha senso)".
L'autore ripete tantissimo le parole "ove" e "caratterizzato" e continua a riutilizzare una grandissima varietà di espressioni. Ci sono molte parole complicate che vengono poste in ogni capitolo per i più svariati contesti, rendendo così il lessico ricco (forse anche troppo) ripetitivo.

La narrazione è strapiena di azioni descritte in modo molto contorto e con un vocabolario troppo specifici. Le descrizioni, sia di luoghi che di persone, sono onnipresenti e prive di particolari significatovi tanto sono ricche confusionarie, e, oltretutto, vengono messe descrizioni di luoghi prima ancora che il protagonista abbia modo di vederli per intero. Questo perché, secondo una strana teoria dell'autore, è scontato che Matteo sappia già come è fatto ciò che lo circonda perché il punto di vista è al passato. La cosa è gravemente errata perché il racconto deve essere in pari con ciò che il protagonista ha visto in quel momento, non bisogna integrare quello che ha scoperto dopo.
I dialoghi sono estremamente irreali, farciti di parole complicatissime che nessuno userebbe mai nel parlato di tutti i giorni. Molti sono anche poco comprensibili e troppo articolati.
Stesso discorso vale per i pensieri Di Matteo: quando, ad esempio, viene inseguito dall'inferocita folla di peasani nel capitolo sei, costruisce un sacco di orli e grechine su ogni azione, mentre una persona normale penserebbe "Oh, no! Queste persone vogliono uccidermi! Devo scappare! Ho paura!". Questa continua aggiunta di particolari e questo linguaggio così forbito non fanno altro che sgretolare pezzo per pezzo la sospance e atrofizzare parola per parola le azioni. E ciò che dovrebbe essere una questione di due parole si trasforma in un calvario di due righe.

I personaggi secondari non sono ben caratterizzati, e apparte alcune peculiarità il loro carattere non è ignoto. Se infatti l'autore scambiasse di posto due di questi personaggi non si noterebbe minimamente. Il problema più grande, però, è il protagonista.
Matteo afferma che il suo più grande segreto è il non riuscire a fidarsi di nessun essere umano. Ma fino al momento dell'alleanza con Alex non mi sembra che abbia dimostrato poi tanto questa diffidenza. Anzi, gli si presentano davanti una serie di sconosciuti e quando lui ci parla crede a tutte le loro parole. Allora dove sta questa diffidenza? Matteo, da ciò che traspare, è un ragazzo introverso e un po' ingenuo, e risulta OOC (Out Of Character) rispetto invece a come l'autore lo vuole presentare. Se, infatti, non si fidasse delle persone, non andrebbe certo per un paese sconosciuto a chiedere informazioni ai passanti su qualcosa di così importante come delle pietre in grado di salvare un universo. Questa sua mancanza di fiducia verso il genere umano non traspare da nessuna parte, e la storia di lui e Riccardo dovrebbe venire fuori man mano, non in un unico flashback. Dovremmo, noi lettori, riuscire a percepire questa diffidenza, cosa invece è del tutto assente.

TRAMA: 3
ORIGINALITÀ: 2
SINTASSI: 6
NARRAZIONE: 4
PERSONAGGI: 3
VOTO COMPLESSIVO: 18 su 50
CONSIGLI: prima di andare avanti con la trascrizione di questa storia, consiglio vivamente all'autore di metterla in pausa. Prima di tutto deve capire in quale genere si vuole collocare la storia e togliere o rivedere tutte le parti in cui i vari generi sono mischiati tra loro. Cambiare stile di scrittura per rendere più fluida e piacevoli, oppure smaltirlo e rivedere che termini usare. Rivedere totalmente la faccenda Terra-Starbool e che personalità dare a Matteo.
Solo dopo una revisione di grandi dimensioni questa storia potrà spiccare il volo e prendere le vesti di libro vero e proprio. Insomma, l'idea c'è, ma va migliorata e mesa in riga.

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