4. Mark

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Ho perso mia madre quando avevo solo dodici anni, da allora la mia vita non è stata più la stessa. Lei era tutto per me, mi dispiace solo che il suo ultimo periodo l’abbia passato in un manicomio. Mio padre in quel caso dimostrò una grande strafottenza nei confronti di mamma, e anche in quelli miei e di mia sorella.
Quando muore una persona, la mancanza si sente nelle piccole cose. Quando tornavo da scuola e la mamma mi diceva di apparecchiare la tavola, quando dopo aver finito i compiti veniva a complimentarsi con me, quando ero talmente felice e avevo voglia di dirlo a qualcuno. C’era sempre lei, e c’era sempre stata. Quando se n'è andata, un grande buco nero. C’era il vuoto intorno a me. All’inizio al pensiero che la mamma non ci fosse più, non mi veniva molto da piangere, semplicemente non credevo fosse possibile. Lei non era più con noi ma io non volevo crederci. Dopo pochi mesi è cominciata la disperazione: sentivo spesso la sua mancanza e mi veniva da piangere di continuo, avevo incubi notturni e attacchi di panico. Non volevo parlare di lei e cercavo di rimuoverla dalla mia mente. L’unica cosa che avrei voluto fare in quei momenti, era dimenticarla, fare in modo che lei non fosse mai esistita, ma con grande delusione mi rendevo conto che non era così. Quella era semplicemente la realtà ed io dovevo affrontarla. Ricordo di aver sentito il bisogno, in quel periodo, di parlare con lei. Nella mia mente ero convinto che mamma stesse lì ad ascoltarmi e papà si preoccupava molto parchè, di fatto, parlavo da solo. Provò a trascinarmi nello studio di uno psicologo, ma rifiutai perché non volevo parlarne. Quello che sentivo era una cosa tutta mia, se parlavo con lei, era una cosa mia personale. Già il fatto che mio padre lo avesse scoperto m'infastidiva un casino, ma poi dirlo a uno sconosciuto … NO.  Immaginavo mamma in paradiso tra gli angeli e le nuvole; allora avevo solo dodici anni e avevo una visione diversa della morte. Cercavo di vedere il lato positivo nel negativo. È vero che mamma era morta, ma era anche vero che aveva smesso di soffrire e gli angeli le tenevano compagnia. Ero convinto che quando le parlassi lei potesse sentirmi davvero e mi rattristivo quando vedevo che non poteva rispondermi. Così cominciai a scrivere delle lettere, tutte raccolte in un diario, destinazione paradiso. Le raccontavo le mie giornate, come mi sentivo, le dicevo sempre che speravo mi apparisse in sogno. Non l’ho mai sognata. Alla fine di ogni lettera c’era sempre scritto ‘’mi manchi’’.
Ora sto meglio, ma sento la sua mancanza, ovviamente. L’ho sentita incondizionatamente per tutti questi lunghi quattro anni. Mi mancava, mi manca.
Mia sorella Hope, cerca fortuna in talent show la cui unica richiesta è mettersi esposte. Non badano all’intelligenza, al grado di cultura, ai titoli di studio … conta solo la bellezza. Non sono mai stato d’accordo riguardo il suo modo di fare carriera, anche perché credo che lei sia una persona molto intelligente e che questo talent non sia la giusta strada per tirar fuori ciò che lei è veramente.
Mio padre la appoggia completamente, parchè ovviamente a lei è concesso tutto e a me no. Ha sempre avuto una leggera antipatia nei miei confronti, ma quando glielo faccio notare, lui lo nega.
Mia madre è morta in condizioni pietose, abbandonata da tutti e tutto; papà ci impediva di vederla, quindi ci era concesso solo chiamarla. Diceva che non aveva voglia di vivere, che papà l’aveva delusa, che l’unica cosa che desiderava davvero era vederci e guarire. Sono convinta che se mio padre l’avesse voluta bene, se si fosse occupato di lei, a quest’ora sarebbe ancora viva. Aveva iniziato ad avere le allucinazioni e a perdere di tanto in tanto la memoria. Era disorientata e persa nel suo mondo, che sono sicuro, considerava una vera e propria prigione.  In fondo quello era un manicomio, bello fuori e marcio dentro. Sebbene questi ultimi siano stati aboliti da qualche tempo, il modo in cui mamma mi parlava del luogo che la ospitava mi faceva pensare solo a un manicomio. Da quel che papà mi racconta, non è mai stata una buona moglie, ma io so che è stata una buona mamma. Lui non ha mai accettato di avere una donna al suo fianco desiderata da tutti, e mamma sì, li assecondava. D'altronde, come si faceva a non essere attratti dalla grande Samantha Fitch? I miei si sono conosciuti in un locale notturno, mia madre lavorava lì come cubista, papà decise di conoscerla. Mamma tra i tanti pretendenti iniziò a frequentare proprio lui, così dopo un po’ di anni si sposarono. Subito dopo il matrimonio nacque Hope, dopo pochi anni io. Sembra che la mia nascita abbia portato parecchi scompigli, tant’è che i miei iniziarono a litigare spesso e la mia famiglia divenne la barzelletta di tutto il vicinato: eravamo i figli nati da una cubista e da un misero operaio. Nonostante tutte queste voci, non ho mai smesso di amare la mia mamma in modo incondizionato, e soprattutto non ho mai creduto a una sola parola di ciò che sentivo. Il passato per me era passato e con quella vita aveva chiuso. Ora aveva due splendidi figli e un marito fantastico, che nonostante le apparenze e le voci, la amava tanto.
La mamma c’è sempre stata per me, era davvero un punto di riferimento. Quando le dicevo delle voci che giravano su di lei, che i compagni mi prendevano in giro per la mamma che avevo, lei mi zittiva e diceva che erano solo chiacchiere. La gente secondo lei, era invidiosa dell’amore vero che i miei nutrivano l’uno per l’altro e questo creava veri e propri pettegolezzi inutili e dannosi per la nostra reputazione. Mi faceva sempre cucinare con lei, ma più passa il tempo e più mi rendo conto che in tutta la sua vita mi abbia nascosto qualcosa; quando le chiedevo perché papà si comportava in quel modo con me, cambiava espressione, mi diceva che lui mi voleva tanto bene. Mi ricordo di aver realizzato l’idea di essere nato per sbaglio, di essere un regalo indesiderato, che mia madre non avrebbe voluto abortire e papà sì, ma ovviamente, l’ho sempre tenuto per me. Quando è morta la mamma, una delle persone più importanti per me, è stata Mary. È stata la mia prima ragazza, l’ho amata tantissimo ma pensava più la danza che me. L’ho lasciata andare, anche perché mi sono reso conto che nel mio cuore c’era e c’è ancora Sophie. Mary era ossessionata dalla forma fisica e vederla distruggere mi faceva male, molto male. Non ho mai avuto voglia di fare l’amore con lei, ho sempre creduto che debba essere una cosa spontanea, che non bisogni organizzarsi prima. L’amore vero è fatto di attimi di spontaneità, di sguardi che sostituiscono mille parole, di baci che fanno perdere la concezione dello spazio e del tempo. Lei sembrava voler fare una cosa meccanica e basta; l’aveva presa come qualcosa da andar fatto a prescindere, non perché ci amavamo l’un l’altro, ma perché questa per lei sembrava la normalità.
Sophie sento davvero che sia la ragazza giusta per me, ma la vita è piena di ostacoli, ed anche per raggiungerla c’è bisogno di superarne alcuni: uno di questi è David.
David è il mio migliore amico, ma da quando abbiamo conosciuto Sophie, è diventato il mio incubo; è vero che lui ha una storia complicata alle spalle, ma anch’io ho la mia, e così come lui ha bisogno d’aiuto, beh ne ho bisogno anch’io. Nonostante le nostre appassionate litigate per la ragazza che ci contendiamo, sento di nutrire sempre del bene nei suoi confronti, con la differenza che lui se l’è portata a letto già parecchie volte, io nemmeno una. La cosa che mi fa più male in assoluto, è sapere che anche lui la ama. È difficile non amarla!
In sedici anni di vita, Sophie si è già fatta tantissimi ragazzi, quando è in compagnia, non fa altro che fare l’asociale e comportarsi da stronza; è in quei momenti che la odio a morte. Poi però mi basta vedere i suoi occhi, il suo viso dolce, il modo in cui si muove e mantiene le sue sigarette, per farmi perdere la testa. La amo perché adora fare cose proibite, perché fa la stronza ma in fondo non lo è, perché ha affrontato per ben due volte la morte, senza mai caderci completamente, è stata sull’orlo, ma è stata sempre abbastanza forte da non cascarci. La amo perché … non c’è un motivo, la amo e basta.
Nel momento stesso in cui ci chiediamo se amiamo o meno una persona, quel dubbio non è altro che la conferma di ciò che pensiamo.
Se ami una persona, devi dirglielo, farglielo capire, non devi mai tenerlo per te. Diglielo e diglielo forte!

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