11.Un tentativo fallito

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È notte fonda, Sophie si sveglia all'improvviso ed esce di casa come faceva qualche annetto fa, insieme a suo fratello. È spaventata e infreddolita, ha portato con se una coperta per coprirsi le spalle; le labbra le tremano dal freddo, il trucco (ancora non tolto dalla sera prima) le cola e tutta la sua mano adesso è ricoperta da chiazze nere formate da quest'ultimo. Stanca, impaurita e infreddolita, si dirige al parco del quartiere. Quello è il suo posto preferito, come quello di Lucy. Il laghetto che si trova al suo interno è abbastanza profondo, abbastanza per fare ciò che sta progettando da tempo senza mai riuscirci. Di notte il parco è chiuso da un cancello alto, ma non impossibile da scavalcare se si è abbastanza agili; Sophie arrivata davanti a quella mostruosa barriera, getta le coperte dall'altro lato e dopo si arrampica. È più dura di quanto abbia pensato, allora ci riprova e questa volta ci riesce. Si ritrova dopo qualche secondo dall'altra parte del cancello, in un posto abbastanza accogliente di giorno, ma spaventoso di notte. È sicura che questa volta andrà fino alla fine, che nessuno potrà fermarla, è questa la sua intenzione. Quando tra qualche ora tutti si sveglieranno e non la troveranno, sa già che si scatenerà un putiferio, ma non ce l'ha fatta a dare un addio. Vuole che gli altri lo scoprano da soli. È consapevole che la polizia non si metterà alla ricerca prima di ventiquattro ore, questa cosa la rincuora, dato che quando la troveranno sarà sicuramente già morta. Si siede sul prato che contorna il laghetto e osserva quel poco che si riesce a vedere, poiché è buio. Guarda il riflesso della luna nell'acqua e si copre ancora un pochino con la coperta. Ha portato con se un pacchetto di sigarette: lo fumerà prima di uccidersi, e questa sarà la sua ultima fumata. Avrebbe voluto dire a sua madre quanto bene le vuole, ringraziarla per quello che in tutti questi anni ha fatto per lei, nonostante il tradimento con suo zio. Perché Sophie col passare delle settimane, ha capito che quelli sono solo affari che riguardano i suoi genitori, che sua madre le ha dato tutto il calore possibile che una mamma può dare e che suo padre, anche se poco, continua ad essere presente nella sua vita; ma non riesce a passare sopra alla terribile verità che il suo papà le ha confessato qualche giorno prima, proprio non ci riesce. Sente che la sua vita è uno sbaglio, che tutto è stato fatto sbagliato sin dal principio. Non doveva uscire di notte, se non lo avesse fatto non sarebbe mai stata violentata. Non avrebbe dovuto conoscere e innamorarsi di Mark, si sarebbe risparmiata una bella batosta. Non doveva fare l'amore con lui, se così fosse stato si sarebbe sottratta da una situazione più che complicata. La verità è che si trova in una condizione troppo grande e lei non riesce a sopportarla. Le tasche dei pantaloni del suo pigiama sono enormi, raccoglie dei sassi e ce l'infila dentro. Inizialmente sente le gambe tremare, le manca il coraggio; fa un respiro profondo e procede. Ma i suoi passi fanno si che l'acqua emani uno strano suono, così da permettere di capire, anche a chi non è presente lì fisicamente, che c'è qualcuno nelle acque del lago. Lei avanza e il rumore cresce, i singhiozzi del suo pianto non lasciano dubbi a chi aveva le orecchie sull'attenti da un po', perché sospettava qualcosa. Sophie si è mossa con tanta cautela, anche quando ha scavalcato il cancello ha cercato di fare meno rumore possibile, ma i passi, i singhiozzi, il suo cammino sulle foglie secche cadute degli alberi, hanno fatto in modo che qualcuno la sgamasse. E mentre cerca di raggiungere il suo intento, un uomo che supera la mezza età non fa altro che urlare "C'è qualcuno lì?". Ha una torcia tra le mani e vedendo la coperta sul prato e il pacchetto di sigarette ormai vuoto, capisce all'istante che i suoi dubbi sono plausibili. Così la torcia all'improvviso punta il suo viso, e l'uomo vedendola in quello stato le va incontro e l'aiuta ad uscire.


"Come le viene in mente di fare una simile sciocchezza? È una signorina così bella ... voglio credere che sia venuta fin qui solo per fare un bel bagnetto." - dice l'uomo tendendole la mano, con aria calmissima. Poi continua, vedendo Sophie scossa:


"Non credo che una ragazza si svegli un mattino e pensi al suicidio. Lei sta male. Sa, qualche mese fa ho perso mia moglie; sono un uomo giovane, rimasto vedovo a soli cinquantadue anni. Mia moglie per me era tutto, ed io non avevo un lavoro fisso. Lei svolgeva la professione di insegnante e guadagnava abbastanza da permetterci di mantenerci entrambi. Era una grande donna, insegnava matematica in una scuola media. È sempre stata lei il pilastro della famiglia: lei che portava a casa lo stipendio, lei che cucinava, lei che aiutava la sua famiglia quando ne aveva bisogno ... io non avevo un posto fisso, non ho neanche il diploma. Nella mia vita ho fatto un po' di tutto, e quando non lavoravo ero io quello ad occuparmi della casa. Poi quando lei è morta a causa di un infarto, mi sono sentito davvero perso, e così ho pensato che non potevo andare avanti in quel modo. Ho cercato lavoro, ma invano. Poi un giorno mi sono trovato a venire con una mia nipotina qui, e ho letto l'annuncio 'cercasi guardiano ventiquattro ore su ventiquattro', ed ho accettato. Sa, non devo pagare l'affitto, ho una casa gratis, anche se piccola e in più uno stipendio che mi permette di pagarmi da mangiare e il vestiario. Di giorno posso uscire e fare qualche commissione, dato che è pieno di gente e ci sono gli addetti alla pulizia, ma di notte e di sera devo osservare bene, stare sempre sull'attenti. Ho il sonno leggero, non ci ho messo tanto a scoprire che era entrato qualcuno. Questa è la mia storia signorina, qual è la sua? Cosa l'ha spinta a commettere un gesto simile?"


Sophie lo guarda impietrita, con gli occhi lacrimanti e la bocca semiaperta. Il guardiano la invita ad andare con lui nella casetta e a cambiarsi. Lei senza dire una parola accetta e lo segue. La casa è piccolissima, fatta tutta di legno e illuminata da una luce che non è rivestita da alcun lampadario. Il tavolo che padroneggia la cucina è piccolissimo e contornato da sole due sedie, il piano cottura è minuscolo ed è legato ad una specie di lavello. La finestra della cucina affaccia proprio sul lago del parco, probabilmente è da lì che l'uomo si è accorto di lei. Osserva l'ambiente completamente muta, ma incuriosita.


"Le sue braccia stanno sanguinando. Venga in bagno, disinfettiamole."


Si è tagliata prima di andare al parco, ma non eccessivamente e tantomeno non dappertutto, come è solita fare. Entra in bagno e rimane sorpresa dalla piccolezza di esso: una tazza del water, senza tavoletta né copertura, un lavandino di piccole dimensioni e una doccia altrettanto piccola, circondata da un telo colorato che non lascia nemmeno intravedere la persona che si trova al suo interno. Al di sopra del lavandino c'è uno specchio affiancato da un mobiletto, dal quale tira fuori un po' di ovatta e del materiale per medicare quei brutti tagli. Affianco al bagno c'è una porta, Sophie immagina che sia la stanza in cui dorme.


"Ecco qui, si accomodi sulla sedia e scopra il braccio. Non sono un esperto ma ci proverò."


Fa quello che le viene chiesto e l'uomo rimane stupito:


"Sono tutti suoi questi?" ovviamente non ottiene alcuna risposta, sembra imbambolata a pensare chissà cosa.


"Okay, facciamo una cosa, io mi chiamo Paul, qual è il tuo nome?" - chiede lui mentre si occupa del suo braccio. Nemmeno questa volta ottiene una risposta.


"Sai che potrei chiamare la polizia per quello che hai fatto? Sei venuta di notte in luogo pubblico, quando non avresti potuto farlo, ma non l'ho ancora chiamata e non ho intenzione di farlo, perché vedo che sei parecchio sconvolta." - le spiega Paul.


Quando le ferite sembrano essere state medicate, si alza dal tavolo e le prepara un tè caldo, che lei accetta volentieri. Mentre sta bevendo, l'uomo va nella sua camera e le prende una camicia scozzese con un paio di pantaloni da uomo, la invita ad andare in bagno e a cambiarsi, dal momento che i suoi sono bagnati fradici. Ringrazia e va verso il bagno, dove si cambia e getta nel cestino i suoi vestiti bagnati e sporchi di sangue. Dopo esce e ringrazia l'uomo, che col cuore in gola l'abbraccia e spera di vederla presto, in altre circostanze, ovviamente. A quell'abbraccio lei ringrazia e Paul sente per la prima volta la sua voce.


"Mi raccomando, vai a casa e riposati. Tra qualche ora, quando farà giorno, possiamo farci una bella chiacchierata, ora che la voce ti è ritornata."


Sophie lo guarda e accenna un sorrisino, poi si gira e cammina dritta verso l'uscita, che nel frattempo è stata aperta da Paul, e per tutta la durata del tragitto, pensa che ancora una volta è stata ostacolata nel suo intento.







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