Sam: una nave al porto

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Stavamo tutti e quattro attorno al letto della madre di Edward. Da quanto mi aveva detto per strada il biondino venendo qua, aveva quarantacinque anni eppure guardandola adesso, gliene avrei dati una sessantina.
Sdraiata lì, su quel letto, in quella stanza poco illuminata, tra un puzzo di vecchio e di morente, era come se la giovane donna si fosse consumata dentro e fuori.
Non appena ci eravamo presentati, lei passò con lo sguardo uno a uno tutti e quattro. Mi diede come l'impressione di non conoscere nessuno dei presenti nella stanza. I suoi occhi, persi e spenti, guardavano oltre i nostri visi incupiti.
- mamma, mamma... Abbiamo degli ospiti - disse Edward all'orecchio della madre.
Non ottenne minimo cenno di risposta.
Tutti noi rimanemmo in attesa non sapendo cosa aspettarci.
Edward decise così di continuare con il suo discorso - lui è Sam e lui e James. Sono due miei grandi amici. Ti ricordi di loro? Te ne avevo accennato qualche volta - rinunciando all'idea che la madre potesse rispondergli.
- saaam... - disse la madre di Ed lentamente, quasi colpita dal mio nome.
Era messa davvero male. Edward ci aveva detto che i medici le avevano diagnosticato una rara malattia che colpiva il cervello.
- si, è stato molto gentile. Oggi, insieme a James mi hanno aiutato alla stalla. È per questo che sono tornato prima - continuò Edward, incoraggiato dalla risposta della madre.
- Saaamm... - ripetè la madre, come se assaporasse il sapore del suono del mio nome.
- grazie... - disse infine. Gli occhi persi da un po di tempo sul muro di fronte alla testata del letto.
Per che cosa voleva ringraziarmi quella donna sconosciuta? Rimasi perplesso.
Non meritavo quanto mi aveva detto. Iniziarono a sorgermi un sacco di domande a cui sapevo però che lei non avrebbe risposto.
Notai che tutti gli altri erano perplessi quanto me. Edward, in ginocchio accanto a lei, mentre stringeva con entrambe le mani la fragile mano destra della donna, stava con la bocca semichiusa, pensante.
Mi avvicinai dal lato sinistro del letto e mi avvicinai alla donna. Era impregnata di quello sgradevole odore che aleggiava nella sala.
- non si preoccupi - dissi in un sussurro all'orecchio.
Sentii qualcosa afferrarmi i pantaloni. Abbassando gli occhi vidi la mano della madre di Edward. La raccolsi tra le mie dita e rimasi qualche secondo a fissare la povera madre di Edward, pensando al suo tragico destino, che come un'ancora di una nave a cui era legata, segnava la fine del suo viaggio. Non doveva preoccuparsi per suo figlio pensai, promettendomi che avrei vegliato su di lui. Sentii la presa cedere e gli occhi della donna fissarsi lontano, come se osservasse dalla propria nave le calme acque del vicino porto.
Filo nel frattempo si alzò e uscì dalla stanza in silenzio, lasciando dietro di sé soltanto il rumore della porta sbattuta con violenza.
- ciao mamma.. - disse Edward dolcemente, prima di apprestarsi ad uscire.
Io e James salutammo e uscimmo scambiandoci uno sguardo perplesso, sentendo delle urla dal piano inferiore.
- perché l'ha fatto allora? Lei lo sapeva che così avrebbe peggiorato la malattia! -
Le urla di filo giunsero fino alle nostre orecchie.
La voce di Edward invece, molto più calma e risoluta, era ovattata e non riuscii a capire cosa stesse dicendo.
- se ci amava davvero non avrebbe aiutato nostra zia! Se veramente ci voleva bene ci sarebbe stata accanto, sempre! Lei ha preferito nostra zia a noi! - le ultime parole confuse tra i singhiozzi.
- non è così e lo sai - era la voce di Edward che ripeteva al fratello quella frase come una dolce cantilena.
Nel frattempo noi eravamo arrivati a metà delle scale e vedemmo la scena che si stava svolgendo nell'ingresso. Ed stava abbracciando il fratello che soffocava il proprio pianto, stringendo il viso nel suo petto.
- Edward... Io e James penso che an... - non riuscii a finire la frase che il biondino annuì.
Uscimmo dalla casa stravolti, colpiti dalla forte luce di mezzogiorno.

Abbracciami e Non Dire NienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora