"Sean soffre di un disturbo Bipolare di tipo II. I primi episodi si verificarono quando era ancora adolescente, alternava fasi in cui appariva timido e riservato ad altre invece in cui era sfacciato e disinibito. C'erano periodi in cui stava meglio ed era quasi normale, però, poi purtroppo vi erano altri in cui si sentiva depresso e intollerante per qualche tempo, e poi tutto d'un tratto diventava particolarmente euforico e socialmente inappropriato. Ho provato a convincerlo a farsi aiutare, ma non ha voluto darmi ascolto, mi diceva che ero ossessionata da lui e mi ha intimato di lasciarlo in pace. Credeva io lo amassi" scuote la testa incurvando le labbra in un sorriso esasperato, mentre io continuo a guardarla in silenzio completamente scioccata e tramortita dalla rivelazione. "Mi disse che dovevo lasciarlo in pace perché lui voleva, e vuole ancora solo te." Stringo le mani nel tessuto dei miei pantaloni provando a reprimere i singhiozzi. Lui non mi amava, lui non mi hai mai amata. Amava e ama l'idea di possedermi e di rendermi sua schiava, ma quello che mi da Antoine, e completamente diverso da quello che avevamo io e Sean. "Fui costretta a dirgli la verità. In un primo momento rimase traumatizzato, poi invece scoppio in una risata nervosa ed esasperata, non mi credeva, era ancora convinto che io fossi innamorata di lui e che volessi separarlo da te. Gli mostrai i documenti dell'adozione che custodivo da anni insieme al suo certificato di nascita, e quando non lo vidi ancora particolarmente convinto accettai di fare il test del DNA. In quel periodo era intrattabile, era sempre arrabbiato e suscettibile, l'unica persona che gli dava un po' di speranza eri tu, con te era sereno e riacquisiva stabilità. Mi raccontò che ti portò a Tenerife, ma che quando fu il momento di restare da soli tu ti rifiutasti di unirti a lui." Sento il sangue affluirmi alle guance e abbasso lo sguardo sul pavimento, mentre delle piccole lacrime continua a scorrere sulle mie guance facendomi desiderare di essere da tutt'altra parte. "Quando tornaste disse che tu eri diversa, distaccata, che avevi sempre la testa sulle nuvole e che non gli prestavi mai attenzione, così si arrabbiò pure con te che eri la sua unica isola sicura. I risultati del DNA arrivarono quel giorno che andaste a prendere quel frullato a Santa Barbara. Ricordo che lui era ancora particolarmente provato, ma tu lo chiamasti per costringerlo ad uscire perché avevi una pausa dallo studio di registrazione. Si infuriò con me, distrusse tutto il mio ufficio, gettò il mio portatile fuori dal balcone distruggendo il parabrezza della mia auto. Disse che lo avevo abbandonato, che non l'avevo voluto, quando in realtà, io volevo solo il suo bene. Cosa avrei potuto dargli io con un lavoro precario e una madre drogata che vagava per casa come un fantasma? Odiava la sua famiglia per averglielo sempre tenuto nascosto, per averlo riempito di bugie. Non si sentiva più il frutto dell'amore incondizionato dei suoi genitori, ma il prodotto di una violenza, un abominio, un errore. L'abuso di alcol o droga si associa frequentemente al disturbo bipolare aggravandone significativamente i sintomi, e lui in quel periodo faceva uso di entrambi, non riusciva più a reggere la situazione. Avevo capito che era successo qualcosa tra di voi, l'ho visto dai tuoi occhi terrorizzati e gonfi di lacrime quando tornaste insieme allo studio di registrazione quella sera, ma feci finta di niente, o meglio provai a convincermi del contrario perché non riuscivo ad accettare che mio figlio potesse fare una cosa del genere. Quando ti vidi sanguinante su quel pavimento la notte dei Grammy, mi sentii come una morsa allo stomaco che mi impediva di respirare. Affrontai Sean, affrontai mio figlio. Gli dissi che l'avresti denunciato alla polizia e che si sarebbe meritato di marcire in galera per sempre per quello che ti aveva fatto. Ma accadde l'inaspettato. Crollo in ginocchio e iniziò a piangere in preda ad un attacco di panico. Mi disse che dopo aver scoperto la verità, iniziò a fare ricerche su quello che successe quella notte, voleva sapere chi fosse il suo vero padre, voleva affrontarlo. Il denaro ovviamente gli permise di far riaprire il caso a mia insaputa. Riuscii a scoprire la targa e il proprietario dell'auto tramite delle telecamere di sorveglianza di una banca all'incrocio successivo a cui io non arrivai mai quella maledetta notte. Sborsò migliaia di dollari per ottenere tutte queste informazioni alla fine riuscì a rintracciare il suo vero padre. La macchina era intestata ad un certo Edward Lewis, un noto medico della zona, un brav'uomo secondo tutti, un insospettabile dalla polizia. Ed era così Sam, era un brav'uomo morto di cancro nel duemilacinque. Quella sera infatti non era lui alla guida della sua auto, ma suo figlio David che dal duemiladue sta scontando una pena di venticinque anni nel carcere di Rikers Island, nel territorio della città di New York, per violenza sessuale su minori e possesso di droghe pesanti. Mi raccontò che riuscii ad ottenere un colloquio con lui grazie al suo avvocato, Jerry Harris, e che quando lo affrontò e gli sputò in faccia la verità lui semplicemente rise, per poi intimarlo di non presentarsi più. Era completamente ubriaco e fatto quella notte. Mi pregò di abbracciarlo e di proteggerlo sempre e io ancora traumatizzata dalla rivelazione non riuscii a pensare lucidamente. Presi il mio bambino fra le braccia e lo cullai durante una delle sue fasi maniacali acute. Continuava a piangere e a dimenarsi mormorando parole sconnesse e prive di significato. Era arrabbiato con se stesso per quello che ti aveva fatto, ma era come se una parte di lui morisse in quel momento e un'altra che non riusciva a reprimere o controllare prendesse il sopravvento. Continuava a ripetere il tuo nome e implorare il tuo perdono. Decisi allora di convincerti a non denunciarlo. Non potevo perdere mio figlio di nuovo, non potevo permettere che venisse chiuso in una clinica psichiatrica o in una prigione federale. Lo convinsi a farsi aiutare. Andò in riabilitazione per alcuni mesi senza che nessuno lo sapesse, e quando iniziò ad ottenere dei risultati soddisfacenti, lasciò la clinica ed iniziò con delle sedute psichiatriche frequenti. Voleva riconquistarti ad ogni costo, voleva essere abbastanza per te, voleva essere amato da te. Era deciso a farsi avanti quando saremmo atterrati a Los Angeles da Miami, si sentiva pronto, riusciva finalmente a gestire la sua malattia, ma tu quel volo non lo prendesti mai. Scoprì di te e Antoine tramite delle fotografie nel mio ufficio che ero riuscita ad estorcere a dei paparazzi e ti seguì fino a Monterey, vegliava sempre su di te, anche se da lontano. Sapeva che tu non lo avresti mai voluto dopo quello che ti ha fatto, così mi pregò di utilizzare Cameron per allontanarti da Antoine, e quando lui non sarebbe stato più un problema, avrebbe provato a riconquistarti. Sono stata io a dirgli che tu e il tuo ragazza vi trovavate a Montecarlo." Continua a parlare imperterrita, con le parole rotte dal pianto e il viso completamente bagnato. Muove le labbra, ma per me è come se non ne uscisse alcun suono. E' come se io fossi in una grande ovatta, non sento più niente. Mi ritrovo immobile, pietrificata, con gli occhi gonfi per il pianto e le labbra violacee. Abbasso lo sguardo per controllare il pavimento sotto di me, ed è ancora lì, ma per me è come se al di là dei miei piedi non vi fosse nulla. Non avverto più il peso, non sento più nulla sotto di me, è come se tutto quanto sia sparito in un attimo lasciando un vuoto, una crepa che mi avrebbe risucchiato di lì a poco. Rimango seduta sul divano con gli occhi puntati sul viso affranto di Stacie, ma la testa a miliardi di chilometri di distanza, prigioniera di un'ostilità oscura e minacciosa. Provo un grandissimo senso di impotenza e frustrazione, immobile, abbandonata a questo momento struggente e allo stesso tempo raccapricciante. "Sam, mi stai ascoltando?" mi richiama facendomi sussultare. Annuisco distrattamente per poi emettere un sospiro rassegnato. "Ti prego, dobbiamo trovarlo, dobbiamo trovare Sean, è sparito da quando sei andata via con Antoine da Montecarlo. Ha il telefono staccato, è irrintracciabile, potrebbe essere ovunque in questo momento, o peggio, potrebbe commettere qualsiasi follia viste le sue condizioni." Sento come un'oppressione, o meglio un fastidio al petto, mi tremano le gambe e le braccia, ho il respiro corto e la tachicardia sempre più forte. Mi sento soffocare, sono come instabile, pronta a sbandare da un momento all'altro. Una sensazione di torpore mi pervade e sento la nausea salire su fino alla mia gola provocandomi dei conati di vomito. Prendo un grosso respiro aggrappandomi con entrambe le mani al legno di Wengè del tavolino da salotto. Ho come una sensazione di irrealtà, di stranezza, di distacco dall'ambiente, sto per svenire, me lo sento. Stacie mi afferra per il braccio impedendomi di cadere con il viso contro il tavolino, mi aiuta a mettermi immediatamente in posizione supina con le gambe leggermente sollevate. "Respira profondamente Sam" afferma preoccupata spostandomi i capelli dal viso. "Andrà tutto bene, ci sono qui io con te" mi accarezza la fronte come a volermi tranquillizzare mentre io sento già i sintomi della sincope dissolversi piano piano.
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Greatest love of all
RomanceContinuo a fissarlo intensamente senza trovare la forza di distogliere lo sguardo da tanta bellezza: le sue labbra piene e morbide reclamano baci intensi, i suoi capelli biondi con qualche sfumatura di miele ricadono disordinati sul cuscino, la sua...