18)Dove Jimin pensa il "De Jimini Eloquentia"

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Jimin lasciò Hoseok davanti casa, mentre lui continuava il suo cammino verso casa sua.

Faceva freddo, ormai era fine novembre, e il suo cappotto, anche se invernale, non riusciva a bloccare il freddo. Mentere passava di fianco a pedoni infreddoliti e frettolosi, cominciò a notare il cielo pumbeo. Avrebbe dovuto accelerare il suo passo, ma sinceramente non aveva veglia di tornare a casa. Il cielo rifletteva il suo umore, nero e molto vicino al rilasciare grossi goccioloni di acqua.

Tutta tristezza del momento, arrivata in un attimo, e che, Jimin sperava, se ne sarebbe andata altrettanto in fretta.

Con Hoseok non gli veniva mai, ma spesso, mentre proseguiva nel suo percorso da solo, sentiva la malinconia crescere. Oggi, poi, sembrava più grave del solito.

Oramai erano due settimane che lui e il maggiore si vedevano tutti i giorni, un po' per lavorare all'incasinata vita di Jimin, un po' perché stavano diventando molto amici.

Erano due settimane che diceva a Hoseok di stare meglio, di sentirsi meno in colpa, ma la verità era che si sentiva senza speranza. Finora aveva detto di essere occupato, a quasi tutti quelli che gli avevano chiesto di vedersi (ben 8 in due settimane), ma non sapeva se ne sarebbe stato capace ancora per molto.

E quell'unica volta che aveva visto qualcuno, gli aveva detto che non si sarebbbero mai più visti, che voleva chiudere con quella storia. Per quanto lo desiderasse, fare lo stesso con gli altri era un po' più difficile.

Non che gli mancassero le persone, SanDara era troppo superficiale, SungJin ora apparteneva ad un nuovo mondo, JiSoo* e Yugyeom** non erano altro che dei figli di papà che non sapevano come passare il tempo.... A ben vedere si sentiva anche usato. Ma gli mancava alzarsi la mattina e non sentirsi solo, sapere che qualcuno quella sera, ci sarebbe stato per lui.

Doveva, però, ammettere che Hoseok era riuscito a cambiare qualcosa, anche se poco.

Ora Jimin riusciva ad ammettere, anche se solo a se stesso, che non gli mancava avere "qualcuno": gli mancava avere YoonGi.

Gli mancava tutto quel romanticismo, nel quele lui aveva messo di credere, al contrario di YoonGi. Tutte le volte che l'altro si era impegnato a creare l'atmosfera per i loro appuntamenti, quando si impegnava a trovare i posti più belli, a mandargli i messaggi del buongiorno più carini, e le buonanotti che non mancavano mai, per quanto tardi fosse.

E Jimin, per ripagarlo, gli aveva dato il loro primo bacio in un posto trovato per caso, sporco, scelto perché era l'unico che gli veniva in mente quando si era reso conto che toccava a lui scegliere un posto, quel giorno. E l'aveva baciato con l'alito che sapeva di birra, senza dirgli una parola dopo, per la troppa timidezza, imbarazzo e Dio solo sa cos'altro.

Sorrise con le lacrime agli occhi, mentre altri ricordi riaffioravano, sperando che i passanti non lo notassero. Era quasi arrivato a casa, trattenere quei lacrimoni non doveva esserte così difficile. Resisti, Jimin.

I ricordi lo colpirono ancora come un treno in corsa.

YoonGi che scovava tutti i modi per far uscire i suoi genitori e potersi portare Jimin a casa, per un film, del sushi, una pizza o i videogiochi. Sapeva che a YoonGi interessava solo stare con lui. E tutte le volte che lo aspettava fuori da scuola, sapendo che non si sarebbero neanche salutati, al massimo i loro sguardi si sarebbero incrociati.

Eppure lui aspettava, guardava Jimin andare a casa con i suoi amici/amiche (senza sapere che quei ragazzi non avrebbero fatto solo la strada con lui), si voltava ed infilava le cuffiette, per poi allontanarsi a sua volta.

Ogni tanto aveva avuto la voglia, Jimin, di andare a salutarlo, a dargli un bacio, ma poi si ricordava di coloro che lo attorniavano.

Perché doveva dare retta a loro, poi? Perché non poteva semplicemente dire di no, andarsene e stare con quel ragazzo pallido e sensibile, che gli piaceva tanto.

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