CAPITOLO SEDICI

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"No aspetta fammi capire bene, tu e lui siete stati benissimo tutta la sera a parte qualche silenzio e momento di imbarazzo, avete camminato per le vie di Milano e infine seduti su una panchina dove lui ha provato ad avvicinarsi a te e baciarti" annuisco ascoltando il resoconto della serata fatto dalla mia compagna di stanza aspettando che continui. Non sono psicologicamente pronta a quando mi urlerà contro i peggio insulti per il mio comportamento che io stessa trovo infantile e ingiustificato.
"E proprio mentre lui era ad un centimetro da te ed era pronto a baciarti tu sei scappata via da lui? Ti prego dimmi che sto sognando, dimmi che mi stai prendendo in giro e che tutto questo sia solo uno dei tuoi soliti scherzi idioti per farmi rimanere sempre più allibita da te" la guardo mentre cammina impazzita avanti e indietro per la stanza e guardarmi con occhi increduli. Credo che se potesse tirarmi addosso qualcosa o attaccarmi con le peggio parole lo farebbe, forse si sta trattenendo per la mia espressione di pietà e disperazione. Non posso biasimarla, anch'io mi tirerei addosso qualsiasi cosa sia di fianco a me, intanto che camminavo per tornare all'albergo il mio cervello pensava cose su cose, ma nessuna in grado di giustificare il mio comportamento di poco tempo prima.
"Marti io non me l'aspettavo, semplicemente avevo pensato sarebbe stata una normale uscita insieme ad un ragazzo, credevo avessimo parlato di noi, che volesse sapere qualcosa su di me ma nulla di più, non avevo messo in programma avvicinamenti pericolosi o effusioni strane. Io.. io mi sono semplicemente spaventata, mi sono trovata in una situazione più grande di me, con il mio idolo a due centimetri dal mio viso che mi guardava negli occhi senza mai smettere o tentennare nell'avvicinarsi a me e io ho sentito mille emozioni contemporaneamente: avevo paura, ero felice, emozionata, sentivo cose che non avevo mai sentito nella mia vita. Non è il primo ragazzo con il quale esco e ho un avvicinamento del genere, ma mai nessuno mi ha mai mandata così il tilt" mi prendo la testa fra le mani e appoggio i gomiti sulle ginocchia cercando di calmarmi un po'. Ricordo quando il migliore amico di mio fratello mi chiese di uscire a mangiare un gelato solo io e lui, passai ore davanti l'armadio a spogliarmi e vestirmi fino che non avevo tirato fuori tutti i capi del mio guardaroba; ero agitatissima e lui era il ragazzo che per tanto tempo avevo guardato e desiderato. So che non è il ragazzo giusto per me, lo sanno tutti, lo sa mia madre, mio fratello, Noemi, Martina e anch'io: lui è il classico ragazzo popolare della mia scuola, tutte le ragazze si girano quando lo vedono passare e non si fanno scrupoli per farsi notare da lui, ma con me ha avuto sempre un rapporto difficile da decifrare. A volte mi parla gentilmente, mi prende la mano, è premuroso e si offre di accompagnarmi anche se devo camminare solo per pochi minuti, mentre altre volte mi tratta male, mi deride e mi fa sentire come se non volesse stare con me nemmeno sotto ricatto. Quell'uscita con lui mi è costata raccomandazioni chilometriche da parte di mia madre, minacce di mio fratello di non portarlo più a casa e parole non molto carine da parte di Noemi sul fatto della mia incoscienza e di voler soffrire e star male per forza. Quando Federico si avvicinò a me per baciarmi lo lasciai fare senza opporre la minima resistenza, quel bacio lo volevo, l'ho sempre voluto e non vedevo l'ora che azzerasse la distanza fra di noi per sentire le sue labbra sulle mie. Perché con Alessio ho così tanta paura di avvicinarmi tanto da scappare lontana da lui?
"Io non ti sto attaccando, non ti sto nemmeno giudicando, capisco quanto può essere stato strano e inaspettato per te, non solo stasera ma tutti questi giorni qui a Milano, l'hai visto così tante volte consecutive che credo ti abbia messo ansie e timori che prima nemmeno ti avevano sfiorato la mente, però Ire hai perso un'occasione davvero fantastica.
Non ti sto dicendo che vi sareste messi insieme, che lui ti avrebbe telefonato ogni sera e raccontato la sua giornata, ma avresti potuto passare momenti bellissimi con una persona che fra tre giorni tornerai a guardare da dietro lo schermo del tuo cellulare, mentre poche ore fa stava parlando con te guardandoti negli occhi, senza fotografi e altre fan in fila, senza i minuti contati di un instore o gli sguardi sfuggenti di un concerto. Avresti potuto averlo fra le tue braccia e goderti quei momenti per tutto il tempo che desideravi farlo" mi stringe la mano facendomi una leggera carezza sul viso. Ha ragione, so che ha ragione, ma sentendo le sue parole mi sto sentendo ancora più stupida e ho voglia di stare un po' di tempo da sola.
"Hai ragione, io ti voglio bene Marti, te ne voglio davvero tanto ma a stare qui dentro insieme a te che mi parli della mia disastrosa serata che io ho appena bruciato mi sta facendo troppo male. Io vorrei solo uscire un po', camminare un po' di tempo da sola per far uscire almeno la metà dei pensieri che in questo momento mi stanno martellando il cervello, spero solo non ti offenda e non pensi che sto scappando pure da te".
Appena vedo il suo sorriso spuntare agli angoli della sua bocca mi rilasso immediatamente, almeno con lei sono riuscita a non essere totalmente un disastro.
"Quando vorrai tornare hai la chiave e se avrai voglia di parlare io sarò pronta ad ascoltarti in qualunque momento" le sorrido stringendola forte in un abbraccio e prendendo la borsa esco dall'hotel. Non so da quanto tempo e in quale direzione io stia camminando, ma appena noto l'enorme giardino di poche ore prima capisco immediatamente di aver fatto la stessa strada che ho fatto quando accanto a me avevo Alessio. Mi siedo sulla panchina e accendo una sigaretta aspirando profondamente il fumo, il pensiero che sarei potuta stare tranquillamente seduta qui insieme a lui si impossessa del mio cervello e sembra non volerne uscire per un bel po' .
"È pericoloso stare qui di notte da sola" una voce alle mie spalle mi coglie di sorpresa e una volta essermi voltata trovo Alessio appoggiato con le mani allo schienale della panchina. Vorrei dirgli che mi dispiace, che sono stata una stupida a scappare da lui e comportarmi in quel modo, vorrei fargli capire quanto in realtà desideravo un suo bacio e quanto era unica la sensazione della sua mano sul mio viso mentre mi accarezzava. Non so perché le parole sembrano non voler uscire facendomi ritrovare di nuovo davanti a lui senza una risposta, senza una spiegazione valida ai miei gesti, mentre continua a guardarmi negli occhi senza spostarsi dalla sua posizione.

Sul bordo del bicchiere le mie labbra scorderai //Alessio Bernabei//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora