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<< E' di Shade. Quella casa è di Shade.>> Riuscii a dire con un filo di voce.

Non riuscii a trattenermi e scoppiai in un pianto disperato: le lacrime mi uscirono dagli occhi forti come due fiumi in piena. Non riuscivo a comprendere quello che stava succedendo, non sarebbe dovuto essere così. La mia migliore amica, l'unica persona che insieme a mia madre mi era sempre rimasta vicina, non avrebbe dovuto avere a che fare con problemi di questo genere. Lei era viva e meritava di godersi la vita; per la morte avrebbe avuto tutta l'eternità. L'unica cosa a cui riuscii a pensare era il mio sogno e in un secondo tutte le sensazioni e le immagini mi ripiombarono addosso. Le urla e le lacrime di Shade, le sue preghiere di aiuto, la morte che portava con sé. Le emozioni erano troppo forti, troppo intense e dolorose per essere sopportate. Le lacrime continuavano a sgorgare dai miei occhi senza sosta, consentendomi uno sfogo troppo piccolo rispetto all'enormità del peso che mi gravava nel petto. Quello che avevo appena vito era troppo davvero. Da giorni mi tenevo dentro una marea di emozioni contrastanti e, dopo la vista della casa di Shade, la disperazione aveva preso il sopravvento rompendo definitivamente il mio autocontrollo.

Due forti braccia mi strinsero forte e mi portarono la testa al petto.  Una mano mi accarezzava i capelli cercando di tranquillizzarmi mentre Nathan mi sussurrava parole dolci e calmanti. Tutto questo sarebbe dovuto essere confortante, rilassante, avrebbe dovuto aiutare, ma il vuoto che sentivo nel petto era troppo grande per essere riempito dall'affetto di due piccole e deboli braccia anche se appartenevano ad una persona meravigliosa che, nonostante tutto, aveva fatto breccia nel mio cuore. 

Un urlo disperato uscì dalla mia bocca, dando sfogo a tutto quello che stavo provando e che non riuscivo ad esprimere solo attraverso il pianto e, dalla mia stessa pelle, venne sprigionata dell'energia argentata che scagliò via Nathan.

Mi guardò negli occhi e nei suoi vidi la paura: aveva paura di me, delle mie reazioni incontrollate, del potere che non sapevo usare e che poteva esplodere da un momento all'altro se perdevo il controllo di me stessa. Come avrebbe potuto non averne? Io ero diversa, io ero un problema, un problema irrisolvibile anche per una persona con un enorme pazienza come Nathan.

In quell'attimo di distrazione presi una decisione, mi dovevo allontanare, dovevo smettere di ferirlo. Mi buttai giù dalla piattaforma e spiccai il volo scendendo in picchiata verso il suolo. Ora sapevo cosa stavo cercando: risposte.

Non sapevo cosa stesse succedendo alla mia amica, ma forse c'era una persona con cui potevo parlare e con la quale, forse, avrei potuto ottenere qualcosa di concreto. Prima di fare qualunque cosa decisi di andare a vedere la mia amica, per vedere con i miei occhi cosa le stava succedendo, sperando con tutto il mio cuore che il mio sogno fosse solo il più terribile degli incubi.

Mi diressi in volo verso la sua casa e atterrai nel portico interno, nascosto da alcune piante che creavano una sorta di tenda naturale. Mi affacciai alla finestra della camera della mia migliore amica e guardai dentro.

Nel mezzo della camera, in piedi che camminava avanti e indietro come un animale in gabbia, c'era Shade.

Quando la vidi in volto feci un balzo e tirai una ginocchiata alla porta finestra. La mia migliore amica si girò e fissò i suoi occhi nei miei, come se mi vedesse.

<< E' impossibile! >> Sussurrai io. Lei non avrebbe dovuto vedermi, io ero morta. Gli umani non potevano vedere gli angeli. La cosa sconcertante, però, era il suo volto. I suoi bellissimi e grandi occhi azzurri erano scomparsi, sostituiti da due stranissimi dai quali sgorgavano copiose le lacrime.

Un occhio era grigio argentato, come se volesse competere in luminosità con la luna; l'altro invece era nero come le più oscure tenebre notturne.

La stranezza non finiva qua però. Intorno a Shade c'era un aura che la circondava completamente, metà era nera come la pece, metà era argentata. La parte nera emanava un'oscurità terribile e sprigionava negatività da ogni poro, la parte argentata invece emanava purezza e ogni altra cosa magnifica si potesse immaginare.

La mia migliore amica si avvicinò alla finestra e la aprì.

L'unica cosa che riuscì a dire in un sussurro fu: << aiutami! >> Poi cadde a terra in preda a delle convulsioni come se avesse qualcosa che la stava dilaniando dall'interno. Riuscii a prenderla in tempo prima che sbattesse la testa sul duro pavimento marmoreo per poi adagiarla sul suo letto.

Le accarezzai la fronte e, dopo averle promesso che avrei fatto tutto il possibile per farla tornare come prima e salvarla, uscii nel buio della notte intenzionata a scoprire cosa stava succedendo alla mia migliore amica.

Mi diressi verso un luogo preciso, volai rapidamente e in modo deciso e, come prima, le mie ali sapevano esattamente dove andare. Mi condussero nello stretto e buio vicolo ed io atterrai agilmente.

In questa strada non c'era il minimo rumore, nessun segno che questa via fosse reale, normale. Era troppo silenziosa, troppo vuota, troppo buia. Camminai a passo svelto verso la fine del vicolo dove sperai di trovare ciò che  stavo cercando e che mi serviva immediatamente.

Arrivai davanti, era ancora là, quasi mi stesse aspettando.

Lo osservai a lungo, quel buio tornado di oscurità sarebbe potuto essere la mia unica possibilità di avere delle risposte.

Non avrei mai potuto  parlarne al governatore poiché solo io riuscivo a vedere l'aura che circondava la casa della mia amica rivelando così la mia diversità e, in più, non ero sicura che il re fosse molto fedele al popolo angelico.

Se non potevo avere le riposte dagli angeli, le avrei avute dalle ombre.

Senza pensarci un secondo di più mi buttai nel nero tornado.

|| N.A. ||

Ecco il nuovo capitolo. Siamo purtroppo alla fine delle feste per cui non lo so... rattristiamoci insieme u.u

Baci, Erica!!!!

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