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Sentii girare la chiave nella toppa e finalmente il mio cervello si accese e mi resi conto della situazione: mi trovavo in una stanza d'hotel presa in prestito e qualcuno stava per entrare in questa camera. Balzai su a sedere e cercai di sistemare velocemente il mio aspetto, solo per dignità personale.

La porta si aprì e io mi affrettai ad uscire, passando di fianco ad una signora sulla cinquantina che occupava parecchio spazio, o meglio dire tutta la porta. A causa di ciò la sfiorai su un lato del corpo e subito rabbrividì. Era una strana sensazione: nessuno mi vedeva però tutti sentivano la mia presenza. Da un lato era una cosa divertente perché potevo fare ciò che volevo e questa libertà era molto apprezzata dalla sottoscritta diciasettenne, dall'altro era snervante ricordarsi ogni secondo di essere morta. Era come avere sempre un cartello luminoso davanti agli occhi con scritto "Katy, sei morta!" Era un continuo promemoria.

A questo punto, dopo essere stata svegliata in malo modo, non avevo più voglia di cercare un'altra stanza in cui riposarmi così decisi di incamminarmi verso l'uscita.

Mi avviai per il corridoio lentamente e sentii una voce arrabbiata provenire dalla stanza in cui avevo passato la notte: << perché mai la doccia è bagnata? >>

Io risi sotto i baffi. Ops, credevo di non poter spostare realmente qualcosa, ma effettivamente l'acqua fluisce da sola, senza bisogno del mio intervento, quindi, quando l'avevo aperta, lei era uscita normalmente. Bene, ora sapevo una cosa nuova: dovevo stare attenta e non fare cavolate!

Uscii dall'hotel e decisi di prendere in prestito lo spettro di un'altra macchina per tornare a casa mia per  vedere come se la passava mia madre da sola, senza nessuno: ero l'unica persona che le era rimasta.  A questo pensiero dovetti appoggiarmi un secondo al muro per rimanere a galla e non essere sommersa dalla tristezza e dalla disperazione sempre in agguato, pronte dietro l'angolo a balzarmi addosso nei miei momenti di debolezza. Quando mi sentii finalmente meglio cominciai a cercare una macchina che mi ispirasse. Dopo un giro, notai una bellissima macchina argentata, mi avvicinai, la osservai ed infine decisi che questa sarebbe stata la mia auto della giornata anche se non avevo la minima idea di quale macchina si trattasse: non sono di certo un'intenditrice di questo genere di cose!

Salii sull'argentata macchina da corsa e subito misi in moto. Partii in direzione di casa mia, ci misi un bel po' di tempo a causa del traffico, cosa alla quale ero abituata dato che, fin dalla mia nascita, ho sempre abitato a New York. Tutto questo tempo mi servii per riflettere e tranquillizzarmi dato l'imminente incontro. Conoscevo molto bene mia madre e sapevo quanto doveva essere dura per lei vivere questa perdita. Dopo la morte di papà ci avevamo messo un sacco di tempo per riprenderci e ce l'avevamo fatta solo perché eravamo rimaste unite, speravo che questa volta riuscisse a farcela da sola e non si lasciasse andare.

Dopo circa mezz'ora, riuscii finalmente ad arrivare davanti al giardino di piccole dimensioni di casa mia, parcheggiai la macchina e scesi, sentendomi le gambe pesanti. Avevo paura di vedere mia mamma, avevo paura di vedere la luce spenta dei suoi occhi, luce che le avevo portato via io per colpa di quella stupida festa di fine anno.

Mi feci coraggio ed entrai in casa, sentendola più estranea che mai in questo momento. Era sempre la stessa abitazione di quando ero bambina ma ai miei occhi adesso apparve solo come un nido di tristezza, questo luogo aveva visto troppe persone stare male ed era come se ne fosse impregnata fino alle fondamenta.

Mi diressi in salotto dove trovai mia mamma seduta sul divano. Aveva gli occhi gonfi a causa del pianto e tra le mani tremanti stringeva una cornice in cui si trovava la nostra foto più bella: eravamo io e lei al mare, entrambe con un grandissimo sorriso, felici per quella vacanza meravigliosa e felici del fatto di essere lì insieme. Ricordavo perfettamente quella vacanza, la vacanza migliore di sempre. Avevo quattordici anni e avevamo vinto una vacanza di una settimana con destinazione le spiagge spagnole di Barcellona. Era la nostra prima vacanza dopo la morte di papà ed aveva segnato come una svolta nella nostra vita. Ci eravamo divertite moltissimo insieme, avevamo visitato luoghi della città, giocato nel mare azzurro come il cielo, schizzandoci o tirandoci la palla. Avevamo finalmente fatto dei sorrisi sinceri.

Scacciai via le lacrime che minacciavano nuovamente di scendere e mi costrinsi a guardare avanti senza disperarmi per tutto quello che avevo perso.

Mi andai a sedere di fianco a lei e appoggiai la mia mano sopra le sue. Al mio tocco sembrò risvegliarsi da quell'apatia spaventosa. Si guardò intorno spaesata: sentì la mia presenza ma non aveva nessuna conferma del fatto che io fossi realmente qui.

Sapevo che non mi poteva sentire ma ci tenevo veramente a dirle ciò che sentivo.

<< Cara mamma, innanzitutto voglio dirti che mi dispiace, mi dispiace di averti lasciata sola.

 Ti avevo promesso che non sarebbe mai successo, che saremmo rimaste sempre insieme: te l'ho giurato dopo che papà se ne era andato e ora me ne sono andata anche io.

Non ho potuto mantenere la parola.

 Ricordo ogni singolo momento che abbiamo passato insieme: la vacanza in spiaggia dove abbiamo scattato la foto che tieni tra le mani, la tua foto preferita, la pasta che cucinavamo insieme ogni domenica e che veniva sempre scotta perché ci dimenticavamo di toglierla nel momento giusto a causa delle risate e dei pettegolezzi, le notti passate insieme a ripensare a papà per sconfiggere la mancanza e la tristezza.

 Ricordo ogni singolo secondo di tutto il tempo che abbiamo passato insieme e vorrei solo non aver mai deciso di andare a quella festa che mi ha portata via a te.

Sappi che non me ne sono andata, sono ancora qua con te, anche se non mi vedi e cercherò di proteggerti in qualunque modo possibile.

Ci sarò sempre per te mamma, ti voglio bene. >>

Detto questo la strinsi in un abbraccio mentre le lacrime mi scorrevano sul volto senza fine ed una di esse cadde sui pantaloni della tuta di mia madre creando una piccola chiazza d'acqua che si allargò come i cerchi si allargano concentrici quando lanci un sasso nell'acqua. Lei la notò e sorrise nella mia direzione.

<<Ti voglio bene bambina mia e anche se non ti posso vedere so che sei qui! >>

Sentì la disperazione nella sua voce e tutto questo mi distrusse il cuore.

Mi alzai e le lasciai un piccolo bacio sulla guancia  e me ne andai prima di cedere al dolore.

Davanti alla porta d'ingresso, appoggiato su un mobile c'era un foglio di carta.

Stampati c'erano la mia foto e la data del funerale: domani pomeriggio.

Ci sarei andata e avrei dato un ultimo saluto ai miei cari prima di andarmene via da qui: era quello di cui ho bisogno, salutare tutti, cercare di lasciare il passato alle spalle per poter guardare avanti nonostante le terribili prospettive di ciò che mi avrebbe aspettato nel futuro.

Poi avrei potuto cercare di ricominciare in qualche bizzarro modo, ma prima di tutto, dovevo trovare qualcuno che mi spiegasse tutta questa assurda situazione.


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