Quella stupida cosa del filo rosso

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Michael era un tipo romantico. Non gli piaceva dirlo in giro, ma tendenzialmente era un tipo romantico. Amava le piccole cose fatte col cuore, ma ancor di più amava i grandi gesti d'amore: erano belli, bellissimi, invidiabili.

Per questo era imbambolato nel mezzo della banchina con un sorriso enorme sul volto, a fissare la più bella dichiarazione d'amore che avesse mai visto in vita sua: lui era inginocchiato e porgeva l'anello, e sembrava un principe azzurro davvero.

– Vuoi sposarmi?

Sì, lo voglio.

– Sì! Certo, lo voglio!

Un applauso riempì lo spazio angusto della metropolitana mentre la ragazza piangeva e il suo promesso sposo la abbracciava forte per poi farla volteggiare in aria.
Michael rimase per chissà quanto tempo a fissare i due allontanarsi, con il sorriso da ebete ancora stampato sul volto e una discreta voglia di piangere che lentamente lo assaliva.
Era stato bellissimo e lui non avrebbe mai vissuto un sogno del genere. Provava davvero tanta, tanta invidia.

Fece dondolare le buste della spesa e mosse qualche passo avanti e indietro, in attesa della metro.

Quando il mezzo arrivò e le porte si aprirono, folle di persone si riversarono fuori. Michael si tirò più indietro, ma nonostante questo un signore con un lungo impermeabile lo urtò. Il ragazzo perse l'equilibrio e cadde a terra, la spesa che si riversava dalla busta.

– Ehi! – Urlò con rabbia all'uomo, ma questo era già andato via.

Si rialzò e in fretta cercò di risistemare tutto nella busta: a momenti la metro sarebbe ripartita e lui non poteva, proprio non poteva perdere quel treno. Afferrò le buste e per un soffio riuscì a salire, le porte che si chiudevano a un millimetro dalla sua schiena.

Aveva il fiatone e neanche se ne era reso conto.

Molti occhi che erano puntati su di lui si poggiarono altrove quando Michael smise di essere interessante. Il ragazzo arrossì al pensiero di tutti quelli che lo guardavano, ma nascose l'imbarazzo spostandosi dalle porte e aggrappandosi ad un appiglio sul fondo del mezzo.

Erano solo quattro fermate per Brixton e c'era pochissima gente come al solito - chi andava a Brixton a quell'ora se non solo chi ci abitava? Come Michael.

Poggiò le buste della spesa a terra per mantenersi meglio, poi alzò lo sguardo e incontrò due occhi azzurri fissi su di lui. Inclinò appena la testa, interrogativo, allora il ragazzo biondino distolse lo sguardo. Questione di attimi e nessuno dei due si guardava più.

Pimlico. Ancora due fermate e alla terza sarebbe sceso. Fece vagare lo sguardo alla ricerca di qualcosa di interessante e i suoi occhi si fermarono sul libro che stava leggendo una ragazza giapponese molto carina.
Il filo rosso del destino: storie vere legate alla leggenda.
Doveva essere un libro interessante, ma Michael odiava i libri. A causa della sua dislessia ogni volta che pensava ad un libro gli veniva la nausea.

Si avvicinò un po' alla ragazza e sbirciò ancora la copertina. Sì, aveva letto bene.

– È bello? – Domandò, accennando al libro con lo sguardo.

La ragazzina sobbalzò appena e puntò i suoi occhi a mandorla in quelli grandi e rotondi di Michael. Sorrise.

– Sì, molto. Parla di storie d'amore  straordinarie – rispose, l'inglese ottimo ma marcato di un forte accento giapponese.

Michael le sorrise a sua volta. Era molto tenera. La ragazza riprese a leggere.

– Cos'è il filo rosso del destino?

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