Un pranzo quasi perfetto (pt. 2)

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Michael si riscosse e strinse la mano dell'uomo ostentando una sicurezza inesistente.

– Piacere. Sì, sono Michael.

L'uomo lo squadrava con cipiglio severo e il riccio ebbe paura perché non capiva se fosse proprio la sua espressione oppure se avesse già sbagliato qualcosa.

– Ho chiamato il ristorante più vicino per prenotare un tavolo, saremo lì tra una mezz'oretta – cominciò Gregor avviandosi verso il divano del salotto.

Si sedette e Michael e Andreas fecero lo stesso. Michael aveva la schiena perfettamente ritta, sembrava sugli attenti; non si era mai sentito tanto a disagio in quella casa.

Andreas se ne accorse e la cosa lo fece sorridere, ma di più per calmare il riccio non poteva fare.

– Allora – disse l'uomo accavallando le gambe. – Ti va un po' di scotch?

Il ragazzo sobbalzò.

– No, io non... no, grazie.

Per fortuna Gregor non sembrò prendersela, versando il liquore in due bicchieri, uno per sé e uno per suo figlio.
Andreas in realtà si godeva la scena perché sapeva che suo padre era molto meno severo di quanto non volesse risultare in quel momento.

Gregor sorseggiò dal bicchiere mentre Michael, sulle spine, non distoglieva lo sguardo da lui.

– Cosa fai nella vita, Michael?

Ecco, ora mi dice che non sono giusto per suo figlio.
Idiota, idiota, idiota!

– Ehm, lavoro. A Covent Garden.

– Che lavoro fai?

Non vorrei mai dirtelo, credimi.

– Lavoro in un... McDonald's.

Deludente.

– Uhm, okay – rispose con aria di sufficienza.

Il riccio lanciò uno sguardo mortificato al biondo, ma stranamente il ragazzo sorrideva appena.
Che ridi, minimo dirà che non sono fatto per te!

– E dove abiti?

Sbam.

– A-A Brixton.

–  Uhm, non è proprio una bella zona. Giusto?

Scusa se non sono riccone come te. Sai, ma mi piacerebbe.

– Ci sono zone migliori, a Londra. Come questa – rispose neutrale Michael.

Stava cominciando ad innervosirsi, sembrava che ogni domanda rivelasse le cose peggiori di sé. Ma lo sapeva che non era colpa di Gregor se la sua vita faceva schifo.
Ce l'aveva con sé stesso.

– Certo, certo. E che titolo di studio hai?

– Ho lasciato il liceo prima del diploma – sussurrò con una voce piccola piccola.

Quella chiacchierata si stava rivelando più mortificante del previsto.

– Ma non è colpa mia - alzò appena la voce. – Loro non mi hanno...

Gregor lo interruppe con un gesto della mano.

Loro non mi hanno capito.

– Non è un problema, non volevo colpevolizzarti. Sono scelte di vita.

Michael annuì e abbassò lo sguardo.
In realtà non era stata proprio una sua scelta.

– Direi che possiamo avviarci al ristorante. No? – Intervenne Andreas.

Gregor Dermanis annuì.

– Vado solo un attimo al bagno, torno subito – disse l'uomo.

Andreas annuì mentre lui e il riccio si alzavano dal divano.

Quando Gregor scomparve sulle scale il biondo si voltò verso il suo ragazzo e lo trovò molto giù di morale.

– Ehi – gli sorrise afferrandogli delicatamente le braccia.

– Sto facendo schifo. Io faccio schifo Andy, non andrò bene per niente.

Il biondo rise, ma Michael era sconcertato e abbattuto.

– Ma che dici! Non so perché mio padre sia così serio ma ti giuro che non lo è affatto, gli andrai benissimo!

– Sì, certo. Magari tu non sai com'è quando deve giudicare il ragazzo di suo figlio.

Andreas alzò le sopracciglia.

– Certo, scusa, tu conosci mio padre meglio di me – ridacchiò.

Michael stava per ribattere quando l'uomo comparve di nuovo sulle scale.
Andreas lasciò la presa su di lui e si diresse a prendere i cappotti dall'appendiabiti.

– Direi che possiamo andare.

×××

Il ristorante era un posto troppo chic, Michael si sentiva a disagio pure con il suo papillon colorato e con il completo blu scuro.
Lì tutti sembravano usciti dal Red Carpet di Hollywood.
Mancava solo Cate Blanchett con la collana di Swarovski.

L'ambiente e il menù non erano da meno: quei pochi piatti che Michael riusciva a leggere non li aveva mai sentiti nominare in tutta la sua vita.

E poi perché fare una crema di piselli? Metteteci i piselli e basta, no?

Andy lo vide in difficoltà, ma non capì che in realtà il riccio aveva più paura di non riuscire a leggere tutto il menù in tempo.

– Cosa mi consigli? – Chiese sottovoce al biondo, senza farsi notare dal padre.

Andreas indicò un antipasto, un secondo e un contorno e a Michael andò bene così.
Si fidava di lui.
Che poi solo di lui poteva fidarsi in quel momento.

Il cameriere prese le ordinazioni e Gregor si versò del vino rosso. Lo versò anche a suo figlio e a Michael, perciò il riccio capì di non poter rifiutare di nuovo.

Tutti e tre sorseggiarono.

– Dunque, tu vorresti continuare a frequentare mio figlio, giusto?

Michael risputò il vino nel calice.
Non voleva farlo, ma lo aveva davvero colto di sorpresa.

Allontanò il bicchiere con il volto rosso per la vergogna; Andreas si coprì la bocca con una mano per cercare di non ridere mentre Gregor guardava il riccio con un'espressione da "ma guarda te se questo coglione deve frequentare mio figlio. Mai nella vita".

– È giusto – balbettò il riccio, il rumore delle altre conversazioni che quasi copriva le loro voci.

– Bene. Perché sappi che io non ho assolutamente nulla in contrario.

Cosa.
Aveva sentito bene?

– Credo di non aver capito – balbettò il ragazzo mentre Andreas rideva di gusto.

Stavolta fu Gregor a restituirgli uno sguardo confuso.

– Cosa non hai capito?

– Il fatto che, cioè... credevo di non aver fatto una buona impressione, ecco.

Finalmente Gregor sorrise appena, ma sempre senza scomporsi.

– Beh, se devo essere sincero non sei proprio quello che si direbbe un ragazzo perfetto. Ma sei l'opposto di Andreas, e io sono convinto del fatto che gli opposti stanno bene insieme. E poi so quanto Andreas tiene a te, e se siete ancora insieme è perché anche tu tieni a lui.

Gregor Dermanis sorseggiò del vino. Michael non capì del tutto l'ultima frase, ma era così felice che del resto non gliene fregava nulla.

Si voltò appena verso Andreas e finalmente, dopo giorni, sorrise sollevato.

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