Come una storia che si ripete

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Andreas aveva evitato Michael per due giorni. Due lunghissimi giorni.
Gli era sembrato un tempo infinito, ma anche giusto, e avrebbe atteso ancora e ancora se non fosse stato Michael a fare il primo passo.

Il riccio si era presentato a casa sua e lui gli aveva aperto e lo aveva lasciato entrare, ma senza dire una parola.
Michael si rigirò tra le mani il braccialetto rosso mentre si accomodava su quel divano che gli era mancato così tanto.

Era passato poco tempo, eppure gli mancava tantissimo Andreas, la sua presenza e il suo profumo. Le sue braccia che lo stringevano.

– Mi sono comportato da stupido – pigolò Michael.

– Lo so. Qualcosa di nuovo? – Fece il sostenuto Andy.

Michael storse involontariamente la bocca.

– Hai ragione a dire che quando è colpa mia tiro sempre te in mezzo per difendermi. Non lo farò più, promesso. Ho capito.

Il biondo annuì, ma era deciso ad andare fino in fondo.

– Voglio sapere perché eri così nervoso nei giorni scorsi.

Ovviamente il riccio se l'aspettava una domanda del genere: conosceva Andy e sapeva che non si sarebbe arreso alla sua semplice richiesta di scuse.

– Ti ricordi quel ragazzo in quel bar? Quando mi hai tirato via e io ti ho ricordato di questo – indicò il braccialetto.

Andreas cominciò a intuire qualcosa, ma stavolta non voleva correre e rischiare di sbagliare ancora. Annuì.

– Si chiama Anthony. L'ho rivisto alcune volte al McDonald's di Covent Garden, mentre lavoravo. Ha cercato varie volte di attaccare bottone, ma gli ho sempre risposto negativamente.

– E quindi? Se lui ti innervosiva perché non me lo hai detto? Avrei sistemato la questione.

Michael scosse la testa.

– Non è così semplice da spiegare. Vedi, ci ho pensato molto su in questi due giorni. La verità è che ad innervosirmi non era lui, ma quello che stava succedendo.

Andreas corrugò la fronte e lo guardò interrogativo. Non stava capendo. Michael sospirò e cercò di essere più chiaro.

– Andy, si stava ripetendo la nostra stessa storia. L'ho incontrato di nuovo, varie volte, proprio come incontravo te prima che la nostra relazione cominciasse. E dentro di me credo di aver realizzato che odiavo tutto quello.

– Perché non me lo hai detto subito? Io ho pensato che tu mi tradissi, sinceramente.

– Avevo paura di dirtelo così.

Andreas finalmente si addolcì un poco e andò a sedersi accanto a Michael, sul divano.

– Tu non devi aver paura di dirmi la verità. Nessuno di noi due deve. Io te la dissi la verità e tu mi hai perdonato, e questo non è niente in confronto a quello che ti ho fatto io.

– È passato – concluse il riccio, nella speranza di far cadere quel doloroso argomento.

– Lo so, e grazie a te. Ora dobbiamo essere sinceri l'uno con l'altro e basta, okay?

Michael annuì e il biondo gli lasciò un leggero bacio sulle labbra.

×××

Pioveva a dirotto e i due malcapitati stavano condividendo lo stesso ombrello, alla ricerca del posto in cui Andreas aveva parcheggiato l'auto.

– Sei assurdo! – Disse Michael. – Come fai a non ricordare dove hai parcheggiato?

– Neanche tu lo ricordi, se è per questo.

Il riccio gli fece il verso e Andreas rise. Dopo un po', finalmente, il biondo fece scattare l'antifurto e individuarono l'auto. Si precipitarono dentro e richiusero le portiere: erano entrambi completamente zuppi da capo a piedi.

– Che si fa? – Chiese il riccio.

– Direi di andare a mangiare da qualche parte. Un pub?

– Ci sto. Ma ci faranno entrare così bagnati?

– Passiamo da casa mia e ci asciughiamo, su – propose Andreas.

Michael annuì e partirono. Il traffico lungo le strade di Chelsea era incredibile, quel giorno, ma anche scontato. Il cielo era sempre più scuro e sembrava quasi giusto per i passanti indossare i giubbotti catarifrangenti per farsi vedere. Andreas sbottò suonando ancora il clacson e il riccio sobbalzò.

– Avvisami quando devi suonare, mi spaventi!

Il biondo rise, ma Michael gli tirò un leggero schiaffo sul braccio.
Mentre erano in coda un ragazzo indiano distribuiva volantini ai conducenti delle auto, beccandosi talvolta qualche insulto e procedendo nel labirinto di macchine sotto il suo ombrello grigio. Andreas tirò giù il finestrino di malavoglia e prese il volantino per poi poggiarlo sul cruscotto.
Il riccio si allungò ad afferrarlo e lo lesse rapidamente: "Il Circo degli Orrori".
No, decisamente no.

– Cosa dice? – Domandò Andy, stranamente incuriosito.

– Circo degli orrori.

– Forte! Da' qua.

Michael gli passò il volantino sbuffando e il biondo lo lesse mentre avanzava di un passo nel traffico.

– Ci andiamo? – Propose.

– Scordatelo – fu la risposta pronta del riccio.

– Perché no? Hai paura?

– Certo! Hai mai visto in tv che fanno quelli?

– No, perciò voglio andarci. E dai, ti prego...

Gli ci volle molto per convincerlo, ma alla fine Michael cedette sotto l'insistenza dell'altro.
Allo spettacolo mancavano tre ore, avevano tutto il tempo di uscire dal traffico, andare a casa ad asciugarsi e ripartire.

Ma la prospettiva non era tanto entusiasmante, per Michael.

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