Il mese di luglio fu una botta di calore a Londra. Le temperature non erano alte come quelle di altri Paesi del sud-europa, ma erano alte abbastanza da veder spuntare le prime canotte e mezze maniche.
Joannie piombò nella stanza di Michael di nuovo e lo vide ancora avvolto come un baco da seta nelle leggere lenzuola.
– Michael, ti muovi?! Tra poco arriva Fortunè alla stazione e tu sei ancora mezzo nudo!
Il riccio mugolò qualcosa e tornò a chiudere gli occhi.
Ci fu un momento di silenzio, ma Joannie non aveva intenzione di mollare così facilmente.
– Michael! Lo so che ieri hai fatto tardi al lavoro, tesoro, ma non posso chiedere alle tue sorelle. Su, facciamo in fretta e torni a dormire.
Sì, l'idea di tornare a dormire era abbastanza allettante.
Poteva essere un buon compromesso.Si alzò per recarsi in bagno e guardò allo specchio la sua figura assonnata e impresentabile.
Dopo una doccia fresca e una scelta rapida di vestiti era pronto per accompagnare sua madre.
Ormai la metropolitana faceva parte della vita di Michael. Era come un organo di vitale importanza per il suo organismo, nonostante si trovasse all'esterno del proprio corpo.
Sì, insomma, era difficile come ragionamento. Ma era così.
La London Underground gli scorreva nelle vene.Fortunè li aspettava alla stazione di Wembley Park, il che implicava cambiare tre linee della metro per raggiungerlo e le stesse tre per tornare a Brixton.
E con tutti i bagagli che il fratellino si portava dietro, Michael cominciava a capire perché sua madre avesse svegliato proprio lui alle sei e mezza del mattino.Il percorso fu lungo e stressante, confusionario, ma alla fine Michael e Joannie giunsero a Wembley Park.
Fortunè frequentava ancora il primo anno di liceo e quella a Wembley Park era stata la loro gita di fine anno.
Il riccio la reputava una gita di merda, ma perlomeno era poco costosa e anche Fortunè aveva potuto parteciparvi.
– Dillo che ti sono mancato, fratellone! – Gridò Fortunè lanciandosi sulla figura snella del ricciolino.
Mancare era una parola grossa, era stato via solo una giornata e mezza.
Michael cercò di scollarselo di dosso senza successo.
– E dai, Fort! Staccati che mi soffochi!
Il fratellino fece come richiesto e poi abbracciò forte sua madre, mentre Michael recuperava i bagagli.
Ma che ci ha messo dentro, le pietre?
Afferrò le valigie e con la madre e il fratello si avviarono alla stazione per tornare a casa.
Ancora tre linee, ancora tre cambi.
I bagagli di Fortunè erano pesantissimi e Michael stava sudando come un maialino.Dopo tutti quei mesi di maltempo nessuno era abituato alle temperature alte e nella testa di Michael rimbombava pure quella raffica di parole di Fortunè circa la sua gita.
Chiuse un attimo gli occhi e sentì la testa girare appena. Pensò che fosse una cosa momentanea, quindi riaprì gli occhi e fissò il tabellone sulle porte.
Mancava poco alla fermata di Brixton.
Poi si sarebbe steso un po' sul letto.Quando le porte si aprirono Joannie e Fortunè uscirono per primi. Michael subito dopo afferrò le valigie e scese dal mezzo.
Ma la testa ricominciava a girargli anche di più, quindi mosse appena un paio di passi sulla banchina che tutto intorno divenne nero.Quando riaprì gli occhi inizialmente vide tutto un po' appannato. Sbatté le palpebre e riconobbe i contorni di persone che lo guardavano preoccupate.
Perché era disteso a terra?Suo fratello e sua madre erano le figure più preoccupate. Poi c'erano alcune donne e un uomo sulla quarantina che aveva l'aria più tranquilla di tutti.
– Si sta riprendendo, forza. Qualcuno ha una caramella o qualcosa con un po' di zuccheri?
Doveva essere un medico.
C'è sempre quello che quando succede qualcosa urla: "tranquilli, sono un medico! Lasciate fare a me!"Joannie estrasse un paio di caramelle dalla borsa e Michael, ancora frastornato, ne mangiò una.
Era a fragola, tutta ricoperta di zucchero, ed era buonissima.
– Come ti senti? – Chiese l'uomo.
– Non lo so. Bene, penso. Cos'è successo?
– Sei svenuto. Niente di grave, un calo di zuccheri. Ora sta' un po' seduto e poi ti alzi lentamente. Penso tu abbia la pressione un po' bassa per il caldo.
Una serie di informazioni dette troppo velocemente, il riccio neanche capì tutto.
Il dottore (forse?) gli lasciò una pacca sulla spalla prima di allontanarsi. Joannie lo ringraziò e con lui si disperse tutta la folla di curiosi.
×××
Ogni volta che lo sguardo di Andreas cadeva su quell'ombrello rosso la sua mente si annullava e pensava a Michael.
Ogni volta si ripeteva di smetterla di pensarci, che non faceva altro che rallentare il suo studio, ma ogni volta non ci riusciva.
Perché si stava facendo coinvolgere così tanto?
Si era comportato da stronzo con lui e non aveva voluto riparare.
In fondo, restavano due estranei.E il destino, a quanto pareva, neanche funzionava.
Eppure lui continuava a pensarci, alle ore più improbabili della notte e nei modi più assurdi.
Solo quando arrivò finanche a sognare Michael, decise che doveva tagliare la testa al toro.
Aveva realizzato tutto in fretta, nello spazio di un dormiveglia: forse il destino non era così autonomo.
Forse aveva bisogno di una spinta.
E forse doveva essere lui a dare quella spinta.
Perciò quel pomeriggio, prima di ripensarci e pentirsene, afferrò l'ombrello rosso di Michael e uscì di casa.
Direzione: il McDonald's di Covent Garden.
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Perfect little life
FanfictionMichael e Andreas hanno delle piccole vite tutt'altro che perfette. Quante volte si incontreranno ancora prima di capire di essere destinati a stare insieme? AU, long, Mikandy. (#583 in Fanfiction)