capitolo diciotto

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ORION

<amici? > domanda esitante.

No, ti prego, no.

Noi due potremmo essere tutto, ma proprio tutto, tranne amici.

Soprattutto, non dopo quello che è successo là dentro.

E dopo quello che le ho detto.

È vero, quei ricordi erano forte e tutto il resto, ma io non mi sentivo obbligato a farlo.

Io volevo solo baciarla.

Ma...quando mi ha chiesto spiegazioni su quei ricordi, non volevo da farla sentire obbligata.

Non volevo che si sentisse legata a me, non in quel modo.

Le sue emozioni erano un mix di sorpresa e confusione.

La capivo e la capisco tutt'ora, solo che...una punta di delusione si è insediata in me.

<amici> le rispondo.

Ma avrei solo voglia di urlarle e dirle che io non posso esserle amico.
Lei si gira e guarda davanti a se.

E mentre guarda davanti a se, mi perdo a pensare a quanto sia bella.

Con lo sguardo perso nel suo mondo, quello a cui vorrei avere accesso, la bocca socchiusa e i capelli in disordine.

Le guance leggermente arrossate, la schiena curva verso il basso e le mani sulle ginocchia, la mano destra che gioca nervosamente con un elastico al polso sinistro.

Poi la guardo dentro. Sono sorpreso quando vedo la delusione nel suo cuore.

La stessa delusione che provo io.

Ma non dico nulla.

<andiamo?> mi domanda.

<dove? > le domando a mia volta, confuso.

<a lezione> dice ovvia <oggi abbiamo le prove per lo spettacolo...>

Io non dico nulla.

Troppo occupato a maledire tutto e tutti. Soprattutto Shakespeare.

<si> le dico.

Affero la giacca e la guardo alzarsi e tirare giù il jeans sulle sue gambe.

Si allontana e io resto a guardarla, totalmente rapito dalla sua figura esile e piccola.

La statura la fa apparire piccola e indifesa.

<vieni?> mi domanda sorridendo.

La seguo senza dire una parola.

Una volta dentro la scuola va verso un distributore.

Capisco che deve essere molto affamata quando caccia una banconota da dieci dollari e schiaccia i vari bottoni.

Prende avidamente il cibo e resto impressionato nel vedere quello che ha preso.

È passata dal salato delle patatine al dolce dei biscotti al cioccolato.

Sorrido e cerco di trattenere una risata.

Lei mi guarda, in cerca di una spiegazione.

<nulla è solo che...hai infezione dj mangiare tutta quella roba? > domando divertito.

<si> dice alzando le spalle.

Inizia a mangiare i biscotti e mi ritrovo a osservarla mentre sgranocchia, facendo qualche briciola.

Quando si sente osservata, dietologo lo sguardo da lei.

<a-andiamo> dice in imbarazzo.

Annuisco e inizio a camminare per i corridoi.

Arriviamo in auditorium e troviamo il professore, e altri ragazzi, che parlano tra di loro.

Lei mi guarda, raggiante, e poi guarda il palco.

Il ricordo di lei che, per la prima volta, recita sul palco si fa strada nella mia mente.

E mi accorgo che, per quanto assurdo possa essere, lei era diversa per me già quando la odiavo.

E anche quando non la conoscevo.

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