capitolo trentasette

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Domenica. Domenica. Finalmente è domenica.

Le gioie esistono per davvero.

Mi sono svegliata con tutta calma, oggi. Ho fatto la doccia e ho potuto perfino sbrogliare quel cespuglio che ho intesta.

Oggi andrà tutto bene. Me lo sento. Ho fatto colazione con calma, con i miei cereali preferiti, mi sono truccata con la nuova trousse e ho indossato il mio nuovo vestitino preferito: tutto nero con i profili bianchi.

Il mio cellulare squilla e corro a rispondere.

È Orion.

Ovviamente sorrido come una cretina.

<buongiorno > dico sorridendo e camminando per casa come una ubriaca. Sono passati alcuni giorni da quando ho trovato il diario di mia madre. Ho praticamente imparato ogni pagina, ogni parola, di quello che c'è scritto.

Potrei recitarlo nel sonno. Ancora non capisco nulla, nulla di questa situazione. Non capisco perché mia madre abbia sognato la mia vita. In dettagli assolutamente inquietanti.

Ma ho capito che tutto si aggiusterà. Mia madre non era stupida o oazza, anzi. Se ha scritto quelle cose ci sarà un senso. E io devo solo aspettare che questo senso mi trovi. Non ho alcuna fretta.

<buongiorno. Sei di buon umore, oggi? > domanda.
<si, puoi ritenerti fortunato. Cisa vuoi fare? >
<hanno aperto una specie di caffè letterario, in città> mi informa <ti andrebbe di farci un salto? >
<quando passi a prendermi? > domando cercando una birsa in cui mettere il portafogli.
<sono sotto casa tua> dice e chiudo la chiamata.

<GALE! IO ESCO. TORNO DOPO> urlo. Lui risponde con un verso indistinto e io mi precipito per le scale.

Quando sono giù trovo Orion, vicino la sua auto. Gli vado incontro e lo bacio

<cosa ti è successo, oggi, per farti essere così di buon umore? >
<nulla> rispondo e lo bacio.

<mi piaci di buon umore, sai?, anche se sei inquietante >
<vaffanculo > dico e gli mordo un labbro.
<sei sempre la solita> dice, baciandomi la mascella. E io temo un infarto improvvisso.

Saliamo in macchina, dopo una serie infinita di baci e qualche sguardo curioso.

Il caffè letterario non è molto lontano, impieghiamo circa dieci minuti per arrivare. È un locale ampio, dalle pareti bianche e i mobili in legno di mogano.

Ci sediamo su un tavolo e inziamo a leggere alcuni libri, a caso. Tra questi quello che attira la mia attenzione è ''poema dell'hashish''. Credo che lo comprerò, in settimana.

Beviamo un caffè e io sento la testa inziare a girare. Le mie gambe hanno l'impulso di alzarsi e correre...
Ma mi trattengo. Trattengo tutto.

Orion mi guarda, preoccupato. Sorrido e bevo il caffè.

Due ore dopo siamo fuori. Alla fine abbiamo anche pranzato lí. Non rra affatto male.

<Dobbiamo riandarci> dico felice.
<certo, magari domenica prossima> propone Orion.

Ma potrebbe essere più perfetto?
No. È già troppo perfetto così, poi mi verrebbero i complessi di inferiorità.

Chiacchieriamo per un bel pò, di tutto quello che ci passa per la mente. Mi sento sospesa in una bolla di sapone. È una sensazione bellissima. Siamo lontani da tutto. Da noi stessi.

Ad un tratto io sento una strana fitta. Una voglia matta di correre, dinuovo.

Mi volto ma non vedo nulla. È tutto normale.

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