capitolo ventuno

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ORION. (❤)

<ci vediamo alle otto> le dico e lei annuisce, sorridendo.

Non so dove ho trovato il coraggio, sta mattina, di invitarla, ma ne sono felice.

La guardo arrivare fino al suo portone e scomparire dietro di esso.

Rimetto in moto il motore e parto.

Adesso che non devo guidare piano, pur di passere più tempo con lei, posso divertirmi e guidare come preferisco.

Arrivo, infatti, a casa in pochi minuti.

Butto a terra lo zaino e valuto l'idea di studiare o meno.

Preferisco il meno.

Inizio a giocare alla PlayStation e solo ad un tratto mi rendo conto di un piccolo, piccolissimo dettaglio.

Non ho la più pallida idea di dove portarla.

Impiego un paio di minuti prima di chiamare Nash.

<cosa vuoi?!> Mi domanda annoiato dall'altro capo del telefono.

<ciao> dico <anche per me è un piacere parlare con te>

<hai appena interrotto il mio programma TV preferito> dice serio <spero sia per una buona causa >

<mi scuso per aver interrotto una puntata di Spongebob.>

<cosa vuoi?> ripete annoiato.

<dove posso portare qualcuno?> domando.

<intendi un cadavere?>

Potrebbe essere una pessima battuta detta tra migliori amici.

Peccato che lui è serio.

<no, idiota > dico <una ragazza>

<chi è? > domanda curioso.

<una ragazza di cui meno sai meglio è > dico <allora?>

<senti, se è la tipa strana dello sgabuzzino, secondo me...>

<Nash, dove posso portare una ragazza? >

<sempre simpatico> dice sbuffando <io andrei al McDonald, ma sono gusti >

Per quanto può sembrare una proposta assurda e orrenda, l'immagine di lei davanti un panino enorme mi diverte.

<grazie > dico <adesso ti lascio in pace >

Borbotta un 'era ora' e attacca.

Rido delle maniere delicate del mio migliore amico e vado a fare una doccia.

Quando esco, con un asciugamano attaccato alla vita, mi rendo conto dell'orario.

Sono le sette e quaranta.

Magari ho perso un pò troppo tempo sotto la doccia.

Faccio irruzione in camera mia e indosso i jeans e le Jordan.

Prendo una camicia e la abbottono velocemente.

Non mi preoccupo dei capelli, sono quasi ascutti.

Afferro le chiavi ed esco di casa.

Dieci minuti più tardi, sono sotto casa sua.

Mi meriterei una medaglia come l'uomo più veloce del mondo.

Manco Bolt avrebbe fatto così velocemente.

Suono in clakson e lei si affaccia alla finestra, sorridendomi.

Chiude la finestra e, qualche secondo più tardi, è seduta affianco a me.

Dire che è bella da mozzare il fiato è poco, forse ingiusto.

<buonasera> dice sorridendo.

La guardo.

Mi ci vuole tutta la mia lucidità per rendermi conto di quanto sia effettivamente bella.

Indossa una gonna nera di pelle, lunga fino a sopra le ginocchia e una maglia a maniche lunghe rosa pallido, con sopra un chiodo nero.

Non è volgare, come la maggior parte delle ragazze che conosco.

I vestiti, per nulla succinti e scollati, la fanno apparire più grande. Più bella.

I capelli, ordinati in una treccia, le scoprono il viso.

Ed è la cosa più bella che io abbia mai visto.

Supera anche la cioccolata.

<ciao> dico nervoso e faccio l'unica cosa che mi passa per la testa. La bacio.

Quando ci separiamo le sorride.

Sembra un angelo.

Il mio.

Inizialmente ero convito che lei fosse la mia disgrazia, la mia punizione.

Adesso sono più che sicuro che lei sia il mio angelo, che è qui per rendermi migliore di quello che sono.

<dove mi porti?> domanda.

È troppo bella per andare in un fast food.

<su una stella> le rispondo.

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