capitolo uno

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Sono passati tre mesi.
Tre mesi da quella maledetta notte.

Ho passato le prime tre settimane chiusa in camera mia.
Rifiutavo quasi il cibo.
Piangevo quasi tutto il giorno.
Avevo incubi tutte le notti.

Posso dire di aver anche passato tutte le fasi del lutto.

La disperazione, il senso di colpa, la rabbia, il dolore che mi prendeva in tutti i momenti in cui la mia mente era attiva.

Ho perso gli ultimi giorni di scuola.

Adesso siamo a settembre. Sono nella fase della calma e della rassegnazione.

Tra un paio di settimane dovrebbe iniziare la scuola.

Io non voglio stare qua.

Questo posto mi ricorda lui in tutte le sue sfumature più profonde.

La sveglia continua a suonare e io mi costringo ad alzarmi.

Questa mattina devo trovare un modo per andarmene.

Mi alzo e apro il mio armadio.

Prendo i pantaloncini, i più corti che ho, e una maglietta che mi arriva quasi al ginocchio.
Metto le vans ai piedi e mi trucco pesantemente, per nascondere le mie occhiaie.

Il rossetto scuro sulle mie labbra mi fa apparire un pò più sicura e la linea spessa di eye liner nero sugli occhi mi fa apparire grande.

Sorrido amaramente, per Nulla felice di quello che mi sta succedendo.

Guardo i miei capelli, l'unica parte di me uguale a prima di quella sera.

Sento le lacrime che minacciano di uscire e mi dirigo in lavanderia, nel seminterrato.

Cerco disperatamente i coloranti nell'armadietto di Katie e, non appena trovo il colore che cercavo, salgo le scale per andare in camera mia.
Mi fiondo in bagno e, trattenendo le lacrime, chino la testa nella vasca da bagno.

Strofino il colorante e lo sciacquo.

Quando ho finito e vado davanti lo specchio guardo i miei nuovi capelli.

Bianchi.

Non avrei mai pensato di guardare questo riflesso di me stessa.

Nemmeno tra un milione di anni.

Eppure eccomi qui.

Ho stravolto e stessa dopo quella sera.

E mi piaccio anche così. Sembro pazza con questi capelli bagnati e bianchi e il volto truccato così pesantemente.

Ma mi piaccio anche così.

Sento il rumore di una macchina vicino casa mia.

Mi affaccio e vedo la macchina di mio padre parcheggiare.
Sta per scendere quando mi rendo conto che devo farlo arrabbiare adesso, se voglio andare via.

Vado in bagno e mi asciugo i capelli in due minuti.

Inizio a pensare alle cose più tristi e mi procuro delle lacrime.

Scendo le scale e, piangendo, vado ad aprire la porta.

<tutto bene?> mi domanda la voce acuta di Katie.

<no.> dico piangendo.

Muoviti e pensa a quello che potrebbe farli arrabbiare. Mi ripeto ma non mi viene nulla in mente.

<che succede?> chiede la voce di mio padre, vagamente preoccupata.

Dillo, muoviti. Mi infondo coraggio da sola.

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