L'orizzonte

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Sento il suo tremore attraverso il tavolo, dannata malattia.
«Vuoi dell'acqua tesoro mio?»
«Sì, grazie! Posso fare anche da sola se..» la interrompo subito «No! Lascia che io mi prenda cura di te»
La sento sbuffare «Okay, va bene» mi passa il bicchiere tremando ed io, lentamente, lo riempio.
Fuori spuntano alcuni raggi di sole ed il vento sembra essersi calmato, sento i gabbiani sulla spiaggia ed il suono delle onde che si infrangono sulla scogliera.
Io e Marta abbiamo sempre amato questa spiaggia fin dal nostro primo ed ufficiale vero appuntamento!
Dopo quel bacio rubato sotto la pioggia ci furono attimi in cui nessuno dei due disse niente ma in realtà entrambi stavamo dicendo una marea di cose bellissime.
«Ti va di vederci domani?»
Ricordo la sua espressione di gioia nel rispondere «Sì!!» per poi prendermi la mano e mordersi di nuovo le labbra, quelle labbra tanto morbide che sembravano disegnate a posta per incastrarsi alle mie.
La avvicinai a me e la guardai dritta negli occhi:
«Ti piace il mare?»
«Amo il mare!»
«Perfetto, domani ci incontriamo proprio qui a mezzogiorno.
Non ti preoccupare del pranzo, ci penso io!» una voce odiosa si sentì in lontananza, era Emily.

«Marta! Accidenti a te! Mi fai preoccupare per niente.
Io ti cerco ovunque pensando al peggio e tu fai la scema con quello?»
Feci un espressione annoiata e Marta fece lo stesso poi mi lasciò la mano e mi disse:
«Ci vediamo domani, okay?» con quell'aria da bambina che amavo e che ancora oggi amo.

«Steve, io mi sdraio un pochino okay?
I piatti li lavo dopo»

Marta non si ferma mai, non si mette mai a letto di pomeriggio, se lo fa è perché sta male.

«Amore mio stai tranquilla, ci penso io ai piatti.
Tu goditi il riposino»

Le sfioro il viso e le do un bacio delicato sulla fronte, mi sento così impotente.
Con fatica laverò i piatti mentre mi godo quell'odore che entra dalla finestra, quel profumo di sabbia bagnata misto a quello di mare in tempesta nonostante la pioggia si sia placata.
Anche quel pomeriggio l'odore era lo stesso.

Andai a prendere Marta proprio dove le avevo detto e la aspettai per circa quindici minuti per poi vederla arrivare di corsa con un sorriso dolce stampato sulla faccia:

«Ti prego perdonami per il ritardo ma mio padre non voleva farmi uscire così ho dovuto aspettare che crollasse sul divano per uscire di straforo!»

«Sei pazza? E se poi si sveglia?»

Le vidi fare un'espressione preoccupata, c'era qualcosa che mi sfuggiva ma non sapevo cosa fosse.

«Non fa niente, ci sono abituata» cercò di tornare ad avere un'espressione tranquilla e aggiunse «Allora? Andiamo?»
Presi il cestino che avevo preparato a casa e le presi, finalmente, la mano.
Mi era mancato tenerle la mano nonostante non fosse passato nemmeno un giorno.

Con tutta la felicità in corpo esclamai «Andiamo!» e iniziammo a passeggiare.
Durante quei minuti di camminata che ci dividevano dalla spiaggia lei mi raccontò mille cose:

Voleva fare la cuoca, era ossessionata da questo sogno sin da bambina perché osservava la madre cucinare e si ripeteva che un giorno lo avrebbe fatto anche lei.. magari per qualche personaggio famoso.
Amava gli animali, amava l'arte, si interessava a cose che non interessavano praticamente a nessuno, studiava, leggeva libri, era pura energia ed io ero così attratto dalla sua mente che ad ogni parola sentivo crescere in me un amore che non avevo mai provato in tutta la mia vita.
Arrivati alla spiaggia ci sedemmo su una coperta e tirai fuori dei panini «Beh, non sono un cuoco provetto ma spero ti piacciano» dissi con tono ironico, lei diede un bel morso al panino e disse:
«Ci avrei messo meno maionese e più tonno ma devo dire che è buonissimo»
Poi si pulì un angolo della bocca con delicatezza, aveva la maionese ovunque, le passai un fazzoletto e le sorrisi con la mia solita faccia da ebete.

«Toglimi una curiosità, non sei Americana vero?» lei sorrise «No, non lo sono.
Mio padre e mia madre sono italiani ed io sono nata in Sicilia, a Palermo per essere precisi.
Sono stata in Italia fino a quando non ho compiuto cinque anni poi mio padre decise di tentare la fortuna in America.
Anche lui cucina, lo sai? Nella mia famiglia sono quasi tutti cuochi ma mia mamma è l'unica che, pur non avendo studiato, cucina in un modo divino... ecco perché la apprezzo più di mio padre»

«Quindi tuo padre ha un ristorante? È famoso?» fece un'espressione cupa e portò il panino sulle gambe, sembrava le fosse sparita la fame.

«Ti chiedo scusa, forse ho detto qualcosa di sbagliato»

«No, non hai detto niente di sbagliato..
Purtroppo mio padre perse il ristorante che aprì con tanta fatica qualche anno fa a causa di due balordi che chiedevano soldi ogni mese, lui si rifiutò e si ribellò a questa ingiustizia e loro incendiarono il locale.
Abbiamo perso tutto e da allora mio padre cominciò a bere, ogni sera torna a casa ubriaco e urla cose senza senso.
Mia madre piange di nascosto ed io...»

I suoi occhi si fecero lucidi ed il mio cuore si strinse in una morsa dolorosa, quella ragazza subiva una vita che non meritava..
Nessuno, in realtà, merita una vita così.
Spostai il cestino con il cibo, di botto, e lasciai cadere il panino tra la sabbia per precipitarmi ad abbracciarla.
Le sue lacrime mi bagnavano la camicia ed io la stringevo con delicatezza al petto, non dissi niente.. lasciai che quel silenzio parlasse per me.
La mia dolce Marta, così forte ma così fragile.
Le baciai la fronte con delicatezza e sussurrai:
«Da oggi ci penso io a te»
Lei mi strinse più forte e pianse, pianse per un po', poi si calmò e mi disse:
«Parliamo di me da ore, non ti sei annoiato? Raccontami un po' di te» mentre si asciugava con il fazzoletto le ultime lacrime.

«Ci si può annoiare nel parlare di cose belle? Comunque, dimmi, cosa vuoi sapere? Sono un libro aperto!»
Accennò un sorriso, finalmente.

«Perché salti la scuola? Cosa vorresti fare da grande? Non so, dimmi quello che vuoi»

Mi alzai in piedi e con tono da attore di teatro dissi:

«Questa è la storia d'un tale di nome Steve! Dicono sia un bravo ragazzo pieno di talenti solo che è un po' scemo è frequenta dei delinquenti!»

Marta scoppiò a ridere.

«Dai smettila libro aperto, sii serio!»

Mi misi di nuovo seduto, il mio momento da buffone era concluso.

«Non conosco mio padre, non l'ho mai visto né so il suo nome, mentre mia madre.. beh.. è come se non ce l'avessi.
Ho una sorella, si chiama Clara, ed è poco più grande di me.
Si deve sposare tra cinque mesi con Roger, un gentiluomo del Kentucky che ha incontrato per caso qui a Brooklyn poiché era in viaggio di lavoro.
Non vado a scuola perché la scuola mi ha rotto! Non mi insegnano nulla di utile, io voglio fare l'artista!» mi fermai di botto, non avevo mai confidato a nessuno questo mio desiderio.
Marta sorrise «Che cosa meravigliosa, che tipo di arte vuoi fare?» subito mi salì l'adrenalina, era la prima volta che qualcuno mi faceva questa domanda!
«Voglio scrivere e dipingere e magari anche suonare e scolpire!» mi alzai di nuovo di colpo e Marta si alzò con me, andai verso il mare ed indicai l'orizzonte:
«Lo vedi?»
«Cosa?» disse lei mettendosi la mano sul viso per coprirsi dal sole.

«Là! Oltre l'orizzonte, lo vedi?»
Mi guardò confusa «Non so cosa guardare» fece un'espressione strana.
«L'orizzonte! Non si vede cosa c'è oltre esso ma qualcosa c'è.
Io sono così Marta, io sono un orizzonte che pochi guardano e nessuno sa cosa ci sia oltre!»

Sorrise.

«E tu lo sai cosa c'è oltre il tuo orizzonte?»

«Sogni, speranze, arte, paure, obiettivi da raggiungere e poi...» mi voltai per guardarla mentre il sole cadeva nel mare, uno dei tramonti più belli che io abbia mai visto, e aggiunsi:
«E poi guarda... ci sei tu, ti vedi? sei l'unica certezza nel mio orizzonte»

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