Ricordati di lui

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«Mi dica Dottore...»

Prende un bel respiro e mi guarda.

«Venga con me»

Lo seguo tenendolo per il braccio così da non sbattere la faccia su qualche muro, va bene che siamo in ospedale ma evitiamo, fino ad entrare nel suo ufficio.

«Signor Hoakley, sua moglie è peggiorata parecchio e le abbiamo trovato un cancro allo stadio terminale al fegato»

Sì, dopo aver detto ciò ha parlato per altri minuti credo o forse ore..
So solo che ho iniziato a sentire la voce del medico sempre più lieve fino a non sentirla più.
Il tempo si era fermato, lo giuro, si era fermato.
Non c'era più niente, non sentivo più niente, ero sospeso in una bolla dove l'ossigeno stava per finire e l'aria era dannatamente pesante.
Non so per quanto sono stato così.

«Signor Hoakley mi sente? Steve?!»

Scrollo la testa e mi sistemo gli occhiali scuri.

«Quindi la mia Marta deve lasciarci?»

Il medico mi prese la mano.

«Faremo tutto il possibile»

Tornai nella sua stanza per tenerle la mano.
Dorme ancora.

«Marta, amore mio...»

È la stessa cosa che dissi anni fa quando una tagedia toccò la nostra famiglia.
Quel pomeriggio in cui portammo a termine l'affare con il mio quadro andammo a pranzo fuori per festeggiare.

«Ci porti lo champagne più costoso e buono! E i piatti dello chef»

«Steve ma sei matto?»

«Sì amore, lo sono.
Stiamo per fare un bel gruzzoletto e dopo aver tirato la cinghia per anni abbiamo il diritto di goderci un po' di felicità senza pensare ai portafogli no?»

Marta annuì felice.
Iniziammo a mangiare e bere, lo ammetto eravamo un po' brilli a fine pasto.
Tornammo a piedi a casa di Clara per smaltire lo champagne di troppo.

«Clara! Ci sei?»

«Sono sul retro!»

Entrammo dal cancelletto nel giardino sul retro e Clara era là, piegata sul suo orto a coltivare le zucchine.

«Sei l'unica che coltiva le zucchine a Brooklyn, con questo gelo cosa vuoi che esca fuori se non verdure surgelate?»

Scoppiò a ridere.

«Quando nasceranno non te ne darò nemmeno una!»

«Dov'é Nicholas?»

Si pulì la fronte dal sudore con un panno.

«Dentro con mio marito»

Entrai in casa ma Nicholas non c'era.

«Hey?!»

Mio cognato spuntò fuori dalla cucina col grembiule da donna delle pulizie e le mani sporche di farina.

«Chi mi cerca?»

«Dio....ti chiama a sé»

Mi guardò perplesso, non ha mai capito il sarcasmo.

«Scherzo, dov'è Nicho?»

«Di sopra, ha riempito la vasca per le sue barchette di carta»

«Barchette di carta?»

«Hai lasciato mio figlio, di quattro anni, da solo al piano di sopra?!»

Marta era molto innervosita, d'altronde non aveva tutti i torti.
Corse al piano di sopra.

«Allora Steve, com'è andata oggi?»

«Benissimo! Finalmente ho firmato, il quadro è ufficialmente in viaggio per New..»

Fui interrotto da un grido.

«Marta?!»

Clara fu la prima a salire mentre mio cognato mi diede una mano nel raggiungerle.

«Santo cielo»

«Chiama il 911!!»

«Perché? Cosa succede?»
Marta mi prese per la giacca e mi portò sul pavimento.
Mi prese la mano e toccài qualcosa di bagnato.
Era Nicholas.

«Ma...cosa...»

«Steve, l'ho trovato nella vasca col mezzo busto infilato nell'acqua.
Non respira...
Steve...
Nicholas non respira»

«Marta, mi dispiace!»

Clara continuava a gridarlo in sottofondo mentre cercava di capire come fossero andate le cose.
Io rimasi in silenzio con la mano sulla schiena di Nicholas completamente zuppa mentre Marta si disperava.

«Marta, amore mio...»

Sentimmo la sirena dell'ambulanza pochi minuti dopo giusto in tempo per dichiarare l'ora del decesso.

«Suo figlio è morto per un soffocamento signore, aveva una barchetta di carta in mano.
Probabilmente era affondata e nello sporgersi nella vasca per recuperarla è caduto dentro.
Non è riuscito a tirarsi su»

Così ci disse uno dei medici accorsi in ambulanza per il primo soccorso.
Stringevo Marta tra le braccia mentre perdeva i sensi in continuazione, cercavo di sorregerla.
Mio figlio era morto.
Andammo tutti in camera mortuaria dove passai la notte a sfiorare il viso del mio bambino proprio come facevo ogni giorno così da imprimere nella mia mente l'espressione del mio piccolo ometto.
Da imprimerla così forte sulle mie dita e nella mia memoria da poterla sentire ancora al tatto quando, ogni giorno, lo avrei pensato.
Marta ebbe un malore e fu portata a fare delle analisi mentre mia sorella e mio cognato rimasero con lei.
Io rimasi solo col mio bambino chiedendomi se Dio avrebbe ricordato anche lui.
Pregai:

«Dio, per favore, se ci sei, conservalo nella tua memoria proprio come io farò nella mia.
Non lasciarlo morire per sempre.
Ricordati di lui!»

Chi lo avrebbe mai detto:
Il giorno in cui guadagnai con la mia arte fu lo stesso giorno in cui spesi buona parte dei soldi per il funerale di mio figlio.

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