Piccole e dolci attenzioni

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Ogni mattina cerco di alzarmi prima di Marta per prepararle la colazione.

Forse può sembrare stupido o addirittura troppo sdolcinato da parte mia ma anni fa promisi a me stesso che lo avrei fatto.

Una mattina del 1944 mi alzai dalla mia brandina dell'ospedale, eravamo ancora doloranti ma tutti in via di guarigione, le infermiere erano delle ragazze molto dolci e pazienti con noi rozzi e spesso sciocchi soldati ed una in particolare colpì la mia attenzione.

Si chiamava Bernadette ma i miei compagni la soprannominarono "Sventola", anche se era sicuramente un soprannome sessista e poco intelligente vi giuro che era davvero una bella ragazza:

Aveva dei capelli color oro e degli occhi verdi come pietre preziose.

Portava spesso un rossetto rosso fuoco che per qualche strano motivo non si scoloriva mai, nemmeno dopo ore di lavoro in ospedale.
Credo avesse qualche anno in più di me.

Bernadette era molto sensibile, per la morte di uno dei miei compagni pianse a dirotto ed io assistetti alla scena incredulo...

domandai a me stesso come mai quella reazione, non sapeva il suo nome nè chi fosse eppure pianse.

Quella mattina, dato che tutto era molto più tranquillo, decisi di parlarle:

«Bernadette, posso rubarti del tempo?»

«Certo!» rispose mentre sistemava delle fialette in un armadietto.

«Ricordi quando morì Kavin Ludwig?»

«Santo cielo, sì.
Fu un duro colpo»

«Esatto! Perché la sua morte ti scosse così tanto? Perdonami Bernadette, forse la mia domanda appare fuori luogo, ma non sapevi chi fosse né come si chiamasse eppure versasti così tante lacrime per lui.
Vedi gente morire ogni giorno... piangi ogni volta?»

Bernadette si fermò e si voltò verso di me avvicinandosi lentamente, aveva una strana espressione in viso.

«Steve, non ci si abitua mai alla morte.
Solo perché ho vissuto le morti di diversi, poveri, ragazzi non significa che io sia abituata a questo scempio!
E poi...»

«E poi...?» ribattei con voce tremante.

«Un anno fa persi mio marito in questa assurda guerra»

Le scesero alcune lacrime e si sedette su un letto vuoto, con la mano destra accarezzò le lenzuola e disse:

«Era sdraiato qui, sai?
Si chiamava Paul e fu arruolato per forza proprio come voi ed io usai la mia conoscenza in medicina per partire con lui, da volontaria, così da fare l'infermiera.
Un giorno lo portarono qui senza un braccio e senza una gamba, pieno di ferite e sangue.
Era finito su una mina.
Dio solo sa quanto ho lottato per salvarlo ma non ce l'ho fatta!
Prima di questo schifo di guerra ogni mattina facevamo a gara su chi si alzasse prima così da portare la colazione a letto a chi, invece, restava beatamente tra le coperte perché era una dolce piccola attenzione.
L'amore è questo Steve, l'amore è fatto di dolci e piccole attenzioni che messe insieme creano un grande gesto.»

Ero profondamente toccato da quella storia, se fosse successa la stessa cosa a me con Marta sarei morto di dolore.

«Mi dispiace Bernadette... non volevo toccare questo nervo scoperto»

Si alzò e mi accarezzò dolcemente il viso.

«Tranquillo Steve, va tutto bene.
Paul vive ancora dentro di me e sarà così finché un giorno, in un qualche modo, ci rincontreremo»

Abbassai lo sguardo.

«Che succede Steve?»

«Succede che mi manca Marta, in mezzo a questo schifo io non voglio più starci.
Bernadette... io voglio tornare a casa e preparare la colazione a Marta.
Voglio sposarla capisci?»

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