XXIV

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Camila stava tremando. Non capiva. Non riusciva a capire come mai suo padre stesse puntando la pistola ad una ragazza. Ma non ad una ragazza qualunque, ma bensì a Lauren. Perché? Perché gliela stava puntando? Non riusciva proprio a capire. Eppure non si erano mai visti e Camila non gli aveva di certo fatto vedere una foto al padre.
Ma quando quella frase risuonò nel corridoio, sputata dal padre così tremolante da sentire quasi dei singhiozzi, riuscì a capire come mai l'avesse già vista. Cercò di controllare tutto quello che sentiva dentro. Paura, rabbia, delusione ma anche una grandissima preoccupazione che la stava divorando dentro. Non proprio Lauren. Non lei. Se solo suo padre avesse premuto il grilletto non avrebbe ucciso Lauren, avrebbe ucciso sua figlia. Non sapeva cosa fossero e in quei pochi mesi che si conoscevano, Camila e Lauren non avevano mai parlato riguardo al loro legame, riguardo a quello che erano veramente. Erano semplicemente loro ed erano felici così. Sentì lo stomaco minacciare di rivoltarsi come un calzino se quella storia sarebbe andata avanti. Si affrettò ad aprire la porta, spostandosi verso la pianta in giardino e vomitando tutto quello che aveva dentro. Il vento della bufera di neve le scompigliò i capelli così forte da far sbilanciare la ragazza già priva di forze.
Sentì l'aria mancarle ma una volta finito si pulì la bocca con il dorso della mano e rientrò in casa asciugandosi aggressivamente le lacrime che le solcavano il viso. Uno sguardo pauroso ma rabbioso si posò su quello di Alejandro.
-Che diamine vai blaterando?!- il tono duro, il tremolio perso fecero venire la pelle d'oca a Lauren. Doveva essere seriamente arrabbiata, non l'aveva mai vista così. Ma quello sguardo doveva essere rivolto a lei, doveva ucciderla con quello sguardo, con quegli occhi infuriati che giuravano rabbia, un'ira così raggelante da far infuocare quelle iridi cioccolato della cubana. Doveva spostarlo verso Camila, perché se solo quella ragazza avesse saputo almeno un pezzo di verità, quel macigno che Lauren si portava dietro da tanti, troppi anni allora l'avrebbe odiata con tutta sé stessa. L'avrebbe ripudiata. Ma lei non capiva, la stava proteggendo per il suo bene, non voleva immischiarla in quella questione così pericolosa. Non sapeva cosa fosse il T.E.D. quel file che le avevano inculcato nella testa per la sua pericolosità, ma l'unica cosa che sapeva e che era lucida nella sua mente era doverglielo togliere da quel telefono. Risolvere quella faccenda il prima possibile, in modo che Camila ne uscisse incolume. Si girò lentamente.
<Non ti muovere!> il polpastrello appoggiato sul grilletto per Alejandro stava diventando troppo pesante e avrebbe sparato se non avesse messo giù la pistola. Doveva abbassarla o avrebbe seriamente forato il petto della ragazza, ma non poteva. Non poteva perché doveva sapere cosa ci facesse lì. Ma soprattutto come faceva a conoscere sua figlia.
<Come la conosci Mija?! Ti ha ricattata?! Ti ha offerto dei soldi per il tuo silenzio?!>
Camila lo guardava confusa. Inclinò la testa con le lacrime che scendevano ancora dalle sue guance.
-Ma di che cosa stai parlando?- Lauren ancora con le mani alzate, le sentiva intorpidite e quella era una delle poche situazioni in cui aveva seriamente paura di muovere anche un solo muscolo se non perfino si respirare troppo rumorosamente.
<Sei sua amica tesoro?!> il tono del padre si addolcì chiedendo spiegazioni. La fronte imperlata di sudore e il tremolio alle mani però tradivano la sua apparente tranquillità. Amica? Poteva definirla così? All'inizio sì, ma con l'avanzare del tempo Lauren per lei era diventata qualcosa di più di un'amica. Poteva definirla sua ragazza? No. Ancora no. Non si erano dette niente ancora e probabilmente non ne erano nemmeno consapevoli di questo sentimento apparentemente chiamato amore. Ma per Camila era davvero così? Poteva definire quel sentimento amore? Nemmeno a questo avrebbe potuto dare una risposta adeguata. Provava qualcosa di più dell'amicizia, ma meno dell'amore. Le piaceva. Ecco. Le piaceva Lauren. Le piaceva eccome. E da impazzire. Tanto che ogni giorno quando la vedeva la sua mente si annebbiava e si riempiva soltanto con degli smeraldi così brillanti da poterti accecare. E allora perché si era concessa a lei? Perché era andata a letto con Lauren se le piaceva e basta? L'amore non era l'ultimo stadio, l'ultima meta da raggiungere per due persone che si amano? La connessione tra due corpi, due menti, due cuori? Per unirsi in uno? Eppure quella volta non poteva ancora definirlo fare l'amore. Era stata dolcissima Lauren con lei, ma non era ancora il vero amore che lei si era immaginata o che forse tutti si immaginano. Eppure era stato così bello quella sera che era rimasto inciso sulla sua pelle. Un vuoto allo stomaco l'aggredì.
-E se anche lo fossimo papa?-
<Allora in quel caso non premerò subito il grilletto e chiederò spiegazioni> abbassò leggermente la pistola, ancora diffidente, mentre Sinuhe lo raggiunse pre prendergli l'arma dalla mano e posarla sul mobile del corridoio.
Camila corse verso Lauren. Tirandola a sé, allontanandola da suo padre. La portò fino alla porta, prendendole il viso tra le mani, notando lo stupore della ragazza grande.
-Che cosa sta succedendo?- lo sguardo deluso, arrabbiato ma con così tanta preoccupazione in corpo colpirono Lauren come un pugno. Occhi verdi la guardò intensamente. Glielo diceva? Avrebbe potuto rivelarle tutto? Era pronta? Ma soprattutto era preparata a svelarle tutto? Si fidava, si fidava ciecamente di Camila. Anche se la conosceva da così poco, di lei ormai aveva imparato per prima cosa a fidarsi. Poteva farlo, ma quello non era il momento buono.
"Io... io, c'è una spiegazione a tutto" disse in preda al panico. Sentì il respiro farsi pesante, i polmoni sempre più piccoli, iniziavano a bruciare.
-Ssh.. sssh va tutto bene- Le accarezzò le guance avvicinandosi alle sue labbra. I genitori di Camila guardavano sorpresi e il padre di della cubana sempre più rabbioso e contrariato. Non poteva. Sua figlia non doveva farlo. Se avesse baciato la ragazza avrebbe scatenato la fine del mondo. Camila posò gentilmente le labbra su quelle di Lauren, godendosi quelle labbra morbide e così carnose.
-Va tutto bene, io sono qui. Lo so che c'è una spiegazione e me la racconterai-
Per Alejandro fu la goccia che fece traboccare il vaso. Riprese la pistola, stavolta caricandola e avvicinandosi pericolosamente alle ragazze.
<NON OSARE! ALLONTANATI SUBITO DA MIA FIGLIA! UNA SPIEGAZIONE A TUTTO?! NON C'È CAMILA. HA SPARATO A DEI COLLEGHI DI LAVORO. HA SPARATO A ME! COME OSI POI, BACIARLA DAVANTI AI MIEI OCCHI?!> Urlò fuori di senno. Questo particolare non fu svelato alla ragazza. Suo padre glielo nascose per non farla preoccupare. Anche se una ferita superficiale, aveva lacerato uno dei legamenti della sua gamba, impedendogli di guarire veramente. Ma questo lo nascose. Non lo disse a sua figlia, per paura che non potesse più guardarlo con la luce che fin da piccola aveva in quegli occhietti da cerbiatto.
Camila si girò verso Lauren, fulminandola. Era per questo che suo padre camminava zoppo? Perché non riusciva a riprendersi?
Alejandro si avvicinò a Lauren, prendendo la figlia per un braccio e allontanandola. Aprì la porta e spinse Lauren fuori chiudendosela alle spalle. Occhi verdi cadde sul prato della casa, sentendo il freddo della neve sugli abiti. Il venti che ormai era diventato troppo forte, provocava un leggero dolore al viso di Lauren per via della neve. L'uomo si mise a cavalcioni su di lei, tirandole appena due pugni sul viso prima che riuscisse a liberarsi. Lauren si mise in piedi, guardandolo impaurita.
<Non avvicinarti a mia figlia!> disse infine, tornando in casa.
Perché non l'arrestava? Perché l'aveva lasciata lì? Perché non le faceva l'interrogatorio per sapere come fosse arrivata a sua figlia? La lasciava andare così? La sua mente venne riportata alla realtà quando sentì il labbro inferiore pulsare. Se lo tastò leggermente, vedendo poi del sangue sul dito. Anche la guancia le faceva male e doveva essere rossa.
Occhi verdi sentì il freddo entrarle perfino nelle ossa. Sentì, gli occhi riempirsi di lacrime, avrebbe giurato di poter sentire le ciglia umide. Aveva paura. Per la prima volta dopo tutti quegli anni era ritornata ad avere paura di qualcuno. Ma quello non era niente al terrore per aver potuto perdere Camila. Guardò verso la porta battendo i denti. Quindi era quello il freddo glaciale di Chicago? Adesso poteva confermarlo. Sentì delle urla e grida provenire dalla casa, ma nessuno era ancora uscito da essa. Sperò in Camila, sperò che non se la fosse presa perché aveva sparato al padre. D'altronde se non l'avesse fatto a quest'ora Lauren sarebbe stata sotto metri e metri di terra bagnata, piena di odori che la rivoltano.
Sfregò fortemente gli occhi, per togliersi le lacrime, poi vagò per la città cercando un locale prima di morire di freddo. Trovo un pub non poco lontano dal centro, entrò scrollando le spalle per il freddo e sedendosi al bancone. Il barista la notò senza giacca.
<Ehi ragazza. Sei impadiva a sfidare il tempo> prese qualcosa dalla teca, lo mise in un bicchierino e lo fece scivolare sulla superficie in legno verso la ragazza.
"Ah sì? Beh, non si è visto che mi piacciono le sfide, vecchietto?" Sorrise spavalda, guardando l'uomo, sorridere sorpreso all'affermazione. Aveva sicuramente i suoi anni, lo si poteva vedere dai lineamenti, dal viso stanco di chi voleva andare in pensione anche se ancora troppo presto, ma portava veramente bene gli anni che se Lauren fosse stata della sua età più o meno lo avrebbe trovato veramente attraente. Scacciò però quel pensiero ridendo tra sé e sé pensando che comunque non avrebbe permesso lo stesso ad un uomo di toccarla.
<Ammetto che hai il tuo caratterino piccante> alzò le mani in segno di arresa.
<Ma che hai fatto al labbro?> Occhi verdi lo guardò per un attimo, cercando una scusa.
"Sarò anche impavida, ma sono maldestra. Sono scivolata e sono caduta di faccia, spaccandomi il labbro, figo, non trovi?" Non sentì risposta dal barista che continuava a guardarla curioso e divertito.
Lauren guardò il liquido marrone nocciola nel contenitore, poi tutto d'un fiato lo mandò giù, lasciando che le riscaldasse persino le interiora. Aveva un sapore troppo forte per i suoi gusti, tanto che le vennero i brividi. Il barista la guardò ridendo di gusto.
<Spavalda ma non reggi eh?!> rise ancora sonoramente con il suo vocione, poi le allungò un altro bicchiere con lo stesso liquido di prima.
<Bevilo, ti riscalda. Offre la casa> poi tornò a servire gli altri clienti.
Quel momento fu per Lauren un attimo di distrazione per tornare ad affrontare la crudissima realtà che le si era sbattuta in faccia. Alejandro l'aveva vista, l'ultima cosa che voleva e che era accaduta. Forse anche troppo in fretta. Sentì un nodo in gola formarsi, giurando di non riuscire più a prendere aria. Come mai ora sentiva quella sensazione? Un nodo. Stava per piangere? No. Non si era mai visto Lauren Jauregui piangere per qualcuno. Dov'era quella ragazza che era chiusa a tutti se non a Lucy? Forse la sua migliore amica, ma anche la persona piu  odiosa che avesse mai potuto conoscere? Sentì qualcosa di bagnato rigarle la guancia. Portò la mano sul viso, per avvicinare quel liquido davanti agli occhi. Una lacrima. Ancora una volta qualcosa di bagnato scese giù dall'altra guancia. Erano lacrime. Stava piangendo veramente. Non aveva mai pianto per qualcuno. Perché proprio per Camila? Perché proprio per quella ragazza che l'aveva messa nei guai fino al collo? Perché per una ragazza che a malapena conosceva e che nemmeno lei sapeva di Lauren? Sentì un peso sullo stomaco farla sprofondare nella verità. Si era legata a Camila senza nemmeno accorgersene. Lei? Affezionarsi a qualcuno? Eppure... eppure, tutti quei baci, non erano come quelli di Lucy. I suoi erano per lussuria, per una voglia da voler placare ardentemente. Quelli di Camila invece, erano dolci, erano voluti perché si sentiva bene e sapeva che con quella connessione anche la cubana sentiva quel benessere. E quando la vedeva felice, sentiva una leggera gioia anche Lauren. E quella notte. Quella notte a casa sua. Dove entrambe ebbero quella notte di passione, di piacere, di una connessione tra di loro. Però, con Camila era qualcosa che lasciò il segno a Lauren, a livello fisico e sentimentale. Forse solo in quel momento capì che proprio quella notte, Lauren si stava innamorando di Camila. E non poteva farci niente. Si era promessa e ripromessa di non cadere in quella dolce favola ma straziante agonia che era l'amore. Un'arma a doppio taglio. La più pericolosa di tutte. Aveva detto fine a quella parola, alle manifestazioni d'affetto. Ma come tutti, nemmeno lei potrva sfuggire ad esso. Così come non si poteva sfuggire alla morte. Sentì altre lacrime scendere, sempre di più, creandole leggeri tremolì e singhiozzi. Per la prima volta quella sera, aveva paura di poter perdere qualcuno, ed era una sensazione così orribile, devastante, struggente. Sentì il suo nuovo mondo, costruito da poco, pezzo per pezzo con cura e impegno, sgretolarsi in poco tempo. Si diede la colpa per essere stata così sciocca da dare retta ad una persona che neanche aveva mai visto veramente, sempre mascherata, per paura di cosa poi? Si diede la colpa per non aver troncato subito quel legame che in poco tempo si era creato e rafforzato come le radici di una pianta. Si lasciò un attimo a quel pianto liberatorio, silenzioso tutto per sé. Lasciò liberare la Lauren che aveva bisogno di attenzioni e affetto tornare alla luce, come quando piangeva per un ginocchio sbucciato e mamma e papà la consolavano e la coccolavano finché non si addormentava. Aveva bisogno di quel calore ancora una volta. Aveva bisogno di Camila. Posò la fronte sulle sue braccia, appoggiate al bancone. Chiuse gli occhi, cercando di ricomporsi. Tirò su con il naso, asciugò le lacrime e prese il bicchierino di quel liquido buttandolo giù. Tossì per averlo mandato di traverso, poi guardò il bicchierino. Sentì solo in quel momento il chiasso e il baccano del locale, di quel 24 dicembre che per colpa di Lauren rovinò la cena delle famiglie di quelle ragazze così dolci e simpatiche che aveva conosciuto appena tre mesi prima. Un baccano tipico di un pub, schiamazzi, un vociare troppo forte, l'odore di alcol e di sudore mescolati.
Le vibrò la gamba, posò lo schermo su di essa, notando lo schermo illuminarsi. Prese il telefono, notando il nome di Normani illuminare la schermata. Premette il tasto verde, rispondendo con un filo di voce.
"Pronto?"
<Lauren!> la ragazza staccò appena la cornetta dall'orecchio per l'urlo che provocò l'amica. Prese un respiro profondo per regolare il batticuore.
"Mani"
<Lauren mio dio! Ma cos'è successo a casa di Camila?! Mi ha chiamata cinque minuti fa in preda ad un pianto disperato> Camila stava piangendo? Era così disperata per quello che era successo? Pensava che una volta svelato che ci fosse stata una lite non poco piacevole tra Lauren e suo padre causandogli un danno irreparabile alla gamba, non avrebbe più voluto parlarne. Sentì le lacrime minacciare di riuscire. Non voleva. Cercò di parlare, ma nessun suono uscì dalla sua bocca.
<Lauren!>
"Sì" sussurrò appena.
<Lauren! Dove sei?!> si guardò attorno. Già. Dov'era? In un pub, sì. Ma fisicamente. Mentalmente stava cercando disperatamente di ritornare a Camila.
"I-io.. in un.. pub" non aveva nemmeno la forza di rispondere. Si sentiva così fragile che avrebbe potuto rompersi in un lampo. Il mal di testa le martellava le tempie troppo forte per riuscire a ragionare.
<Lauren, ti prego rispondimi a dovere>
Si schiarì la voce.
"Sono in un pub"
<Camila è lì con te per caso?> il suo tono divenne preoccupato. Perché? Cosa diamine stava succedendo?
"No" stava pensando al peggio. Stava andando nel panico più totale. Non sentì più l'amica parlare, ma soltanto un respiro profondo pieno di preoccupazione.
"Mani?" Nessuna risposta. Sentì il cuore cedere.
"Normani. Che sta succedendo?"
Sentì la voce dell'amica tremare.
<Camila mi ha chimata prima chiedendo se fossi da me. Ma le ho detto di no e abbiamo chiamato Dinah ed Ally. Ma nemmeno lì c'eri>
"Quindi?"
<Quindi Camila è venuto a saperlo e ora sarà fuori a cercarti>
"Cosa?"
<Laur-> buttò giù la chiamata, guardando il telefono. Solo in quel momento si accorse di avere varie chiamate perse da Camila. Vide l'ora. 20.45. Guardò poi fuori. Notevole come fosse già buio pesto per essere neanche le nove di sera. La bufera era ancora più minacciosa di un'ora prima e Lauren ebbe paura. Freddo. Troppo freddo per riuscire a rimanere più di un'ora là fuori.
Si alzò di scatto andando verso la porta.
<Ehi ragazza> il barista di prima attirò la sua attenzione.
<Sicura di voler uscire? Non ti sembra di un po' esagerato? Con quella felpa addosso?>
Lauren sorridendo come prima, aprì appena la porta.
"No vecchietto. Devo andare. Devo" l'uomo si grattò la barba sorpreso da quella durezza.
<Riguardati. E torna subito a casa> Lauren lo ringraziò poi uscì nella bufera di neve. Il freddo le pervase interamente il corpo, sentendo che non avrebbe retto a lungo un freddo così. Ma sicuramente Camila era la fuori e doveva trovarla. Vide un messaggio di Normani.
Camila è uscita Lauren. Sicuramente ti starà cercando. Noi siamo usciti a cercarla, appena sai qualcosa anche tu, chiamaci.
Cercò il nome di Camila tra i contatti, poi iniziò a chiamarla, correndo per le strade innevate di Chicago.
Sentì il suo telefono squillare. Ma niente. Non rispondeva.
"Coraggio Camila. Ti prego piccola, rispondi"

The T.E.D. || CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora