Capitolo trentaquattro

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«Ma perché no?!» Domandò Lauren, poggiando i gomiti sul tavolo e sporgendosi verso l'altra seduta di fronte a lei.

«Oddio, smettila..» Camila abbassò la testa imbarazzata, le sue guance si erano già imporporate.

Lauren prese un pezzo di pane dal cestello davanti a loro e ne staccò un pezzo, portandolo alle labbra. Scosse la testa risentita, bofonchiando qualcosa sottovoce che la cubana non colse.

«Non capisco quale sia il problema.» Declamò poi, controllando la porta in fondo al locale per scorgervi il cameriere. Le loro ordinazioni non erano ancora arrivate e lei stava morendo di fame.

«Dai, Lauren!» La rimbottò Camila, scuotendo la testa per stemperare il colore vermiglio che colorava le sue guance «Non voglio parlare del mio "culo cubano" a cena.»

«Almeno ci penserai?» Rincasò la dose la corvina, allungando la mano su quella di Camila. Fece scorrere le dita sul dorso e prese a disegnare dei ghirigori sul suo polso, soffermando lo sguardo su quel gesto delicato.

«No!» Sentenziò Camila perentoria, riservandole però un sorriso divertito.

Quando il cameriere tornò con le loro domande, istintivamente la cubana ritrasse il braccio sotto il tavolo, interrompendo il contatto ambiguo con Lauren.

Aveva ammesso a se stessa di provare qualcosa per la sua migliore amica, questo almeno l'aveva accettato... Ma non era pronta ad uscire allo scoperto. Non era pronta ai commenti che le persone avrebbero bisbigliato al suo passaggio, non era pronta a fronteggiare sua madre né i giudizi spudorati dei suoi amici, né a sostenere gli sguardi inequivocabili dei camerieri nelle pizzerie.

Lauren lo sapeva e lo accettava, ma non poté fare a meno di rimirare la mano che poco prima la carezzava gentilmente, adesso caduta bruscamente sul tavolo.
Fece finta di niente. Si sistemò il tovagliolo sulle gambe, altrimenti si sarebbe certamente sporcata, e lasciò che il cameriere le mettesse davanti il piatto.

«Laur...» La richiamò con voce flebile e timorosa Camila «Devo dirti una cosa.»

La corvina lasciò perdere la cena, depositò le posate sul bordo del piatto e giunse le mani sotto il mento nel vano tentativo di minimizzare il tremolio che le vibrava fra le dita. Non le piaceva lo sguardo che aveva Camila, così lugubre e pensieroso. Sembrava precedere una brutta notizia; il vento burrascoso che preannuncia un temporale.

E mentre Camila cercava le parole adatte, Lauren poteva sentire il refolo farsi sempre più vigoroso, stormire fra i suoi capelli, sferzarle il volto con alito gelido, seccarle le labbra; sembrava così reale e vivido che Lauren socchiuse le palpebre per ripararsi.

«Ho fatto il test d'ammissione per Cambridge.» Disse tutto d'un fiato Camila.

Lauren sentì la prima goccia scorrerle lungo la fronte, la seconda bagnarle la guancia. E mentre Camila le spiegava nei dettagli, partendo dal dettarle le domande che ricordava a dirle le risposte che aveva dato, Lauren non sentiva più niente. Solo il fischio del vento che le ululava all'orecchio, la pioggia che scendeva sulla sua pelle sempre più costante e battente.

Sapeva che quel giorno prima o poi sarebbe arrivato, ma credeva di avere ancora tempo.

Più tempo. È questo che la ingannava sempre. Quando credeva di avere a disposizione infiniti giorni, era solo una questione di minuti prima che le lancette le portassero via quella convinzione.

Just friends ~ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora