Epilogo

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Camila spostò il peso del corpo da una parte all'altra, curandosi di non inciampare nei vicini che le sostavano ad ogni lato. Allungò il collo oltre il vetro, si sporse per raggiungere tutte le etichette ed ispezionare le opzioni che la mensa offriva quel giorno.

Constatò che il pollo era una scelta valida, ma solo se accompagnato dalle patatine fritte e dato che era finite, optò per un hamburger vegetariano che, in fin dei conti, la mise a posto con la coscienza per tutti i giorni antecedenti in cui si era sostentata solo con schifezze e cibi poco sani.

La fila scorse lentamente, il brusio di spezzoni di conversazioni arrivava indistinto alle sue orecchie e la disturbava, come sempre. Erano già tre anni che sentiva quel fastidioso ronzio, ma ancora oggi non si era assuefatta alla diversità delle voci che si accavallavano, irritandole i timpani.

Finalmente arrivò il suo turno, che aveva pazientemente atteso. Afferrò il piatto con il burger di verdure e lo trascinò sul suo vassoio, accompagnandolo ad acqua e frutta. Stava quasi per uscire dalla fila e andare a prendere posto, quando vide l'ultima fetta di torta predisposta sullo scaffale in alto.

Camila, di questo passo tu e il diabete diventerete migliori amici. La rimproverò il suo subconscio, ma lei gli diede un calcio ben assestato e lo zittì immediatamente.

Sicuramente si sarebbe pentita di aver ceduto ad un'altra tentazione e avrebbe attribuito la colpa allo studio, che la stressava a tal punto da riversare la frustrazione sul cibo. Poi si sarebbe ripromessa di imprendere un'attività sportiva, ma avrebbe rinunciato a tali propositi solamente constatando la fatica che le occorreva per allacciarsi le stringhe.

Comunque non desistette dai suoi buoni propositi, nonostante sapesse bene che sarebbero presto dissipati.

Tese la mano verso il piatto, si dovette alzare sulla punta di piedi per arrivare ad afferrare il piatto che, però, le venne sottratto da sotto il naso prima che potesse compensare il divario, fra lei e la torta che la svantaggiava.

«Mi dispiace, Cabello.» Una risatina sarcastica accompagnata da quel sorrisetto sardonico che, purtroppo, doveva sopportare ogni giorno «La prossima volta impara ad essere più veloce.»

«Normani, quella è la mia torta.» Ostentò tranquillità, mentre dentro sentiva una pungente rivalità arroventarla.

«E chi lo dice? Hai preso il piatto? C'è per caso scritto il tuo nome sopra questa cioccolata buonissima? A me non pare e, oh, guarda! La torta si trova sul mio vassoio, perciò è di mia proprietà.» La canzonò, uscendo lentamente dalla fila, facendo attenzione a non inciampare sui suoi stessi passi e rovesciare tutto a terra... Proprio come l'ultima volta, dalla quale aveva imparato a porre più attenzione ai movimenti che compiva, invece che al di dietro dei giocatori in calzamaglia che incrociava casualmente il suo sguardo.

«Ascoltami, Kordei, sono stanca di questi dispetti.» Ringhiò a denti stretti Camila, al limite dell'esasperazione, seguendola attraverso al ressa di persone che le attorniavano.

«A te nemmeno piace questa torta!» Dichiarò Camila irritata, lanciando più di un'occhiata fugace al pezzo di cioccolata che avrebbe tanto voluto addentare.

«Chi lo dice?» Ribatté Normani, alzando un sopracciglio, confusa.

«Come... Come chi lo dice!!? Non l'hai mai presa, ergo non ti piace. Ammettilo, stai cercando di farmi innervosire. Beh, ci sei riuscita!» Terminò stizzita Camila, cercando di arrogarsi la torta con una mossa furtiva che, però, non sfuggì allo sguardo vigile di Normani che stava fissando il vassoio certa che prima o poi la cubana avrebbe miseramente tentato di riprendersi ciò che reputava suo.

Just friends ~ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora