XLIX

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Liam Payne:
È inutile che continui a chiamarmi o a scrivermi.

A Liam Payne:
Non mi devi nessuna spiegazione solo...lasciami in pace.

Hai presente quando il tuo peggiore incubo diventa realtà? Non sai che fare: resti lì, impalato, a fissare il vuoto e a chiederti se è successo davvero. Più lo realizzi, più il tuo stomaco si contrae, l'aria inizia a mancare, la bocca spalancata così come gli occhi eccessivamente dilatati, vorresti urlare o piangere, o prima urlare o poi piangere, addiritura coinvolgere insieme le due azioni, ma resti semplicemente lì, imbambolato a far niente mentre la tua vita sembra cadere a pezzi. E la parte peggiore è che tu non fai niente per impedirglielo, ti lasci andare come il peggiore dei codardi...

Zayn scrisse velocemente quelle poche righe sul suo diario cartaceo, forse non poteva nemmeno considerarlo diario quello, piuttosto una semplice agenda logorata dal passare degli anni dove lui annotava cose. Cose che magari a voce non avevano senso o lui non sapeva come spiegarle, per la maggior parte brutti ricordi ed amare delusioni. Non c'era niente di bello. La felicità non necessita ricordo, svanisce dopo poco come una bolla di sapone, è la sofferenza che tiene le redini dell'intera esistenza. Non stava esagerando, no...o, forse, non aveva avuto modo di costatare il contrario. Ed era triste perché a diciassette anni si deve vivere spensierati non sopraffatti da pensieri- ed episodi- negativi.
Sapeva che si sarebbe pentito di tutta quell'angoscia negli anni a seguire, certo che tutto quel malessere si sarebbe tramutato in rimpianto una volta diventato adulto.

Non tutto è perduto...

Continuava a ripeterselo continuamente, ma non bastava, non bastava perché ad essersi perso era lui. Chissà dove. Come recuperare se non sapeva da che parte iniziare? Come?

Colpì a pugni stretti il cuscino come se potesse servire a qualcosa, una sola piuma ad uscire da esso che lo fece anche starnutire.

Era da qualche giorno che andava avanti così, scuola e casa. Casa e scuola. La sua camera, le sue lacrime di notte, una penna per scarabocchiare ed una matita per abbozzare qualcosa. Basta, nient'altro. Il cellulare quasi sempre spento con la solita scusa "è sempre scarico e whatsapp ha deciso di non andare" e sapeva che non reggeva, lo leggeva negli occhi dei suoi migliori amici. Eppure stava cercando di comportarsi come sempre, di ascoltare quello che avevano da dirgli e di rispondere, anche se in modo vago, a tutto. Forse era più silenzioso, poco partecipe, a tratti assente, ma lui logorroico non lo era mai stato...quindi, sperava con tutto se stesso, che no, non avessero dato tutto quel peso alle sue azioni. Anche perché erano passati pochi giorni. Anche perché era tutto ancora così recente, così recente da sentire il ricordo impresso nella mente in modo vivido, non se ne sarebbe dimenticato facilmente, in ogni caso. Dio...la sua vita faceva schifo. Faceva. schifo. E sì, sapeva che c'era di peggio, ma lui era egoista e quella vita del cazzo in quel modo del cazzo non voleva più viverla, ok ? Doveva cambiare. Voleva andarsene. E andarsene lontano, Dio! Andarsene lontano! Lontanissimo, dall'altra parte del mondo!

A Zayn:
Per piacere, piccolo, Rispondimi

Si limitò a storcere il naso di fronte a quel nomignolo ed, ovviamente, ad ignorare il messaggio.

«Tesoro, la cena è pronta!»

«Arrivo!» rispose in modo poco cortese ma ehi non era mai stata una persona gentile, sua madre avrebbe capito.

La televisione accesa sulle notizie, lui annoiato come al solito mentre alternava lo sguardo dal suo piatto all'espressione corrucciata di sua madre. Era strana. «Tutto bene?» domandò con la bocca ancora piena.
«Uh? Sì, sì tesoro!» rispose, facendo cadere accidentalmente una forchetta a terra.
Zayn la riprese in un secondo. «Che c'è, mamma?» chiese ancora, questa volta con un tono di gran lunga più preoccupato. Aveva il cuore in gola. Che cosa stava succedendo? Che altro stava succedendo? Non era già abbastanza tutto quello per un diciassettenne?
«Mi ha chiamato tuo padre...» iniziò per poi mordersi la lingua ed accarezzarlo «Non è niente di grave, amore, è che io sono un po' agitata...»
«Parla, cazzo, parla!» okay forse non aveva nessun diritto di urlare in quel modo...ma Zayn era forse la persona meno calma del mondo, forse era in ansia più della sua stessa madre, forse era anche terrorizzato dalla piega che avrebbe potuto prendere quel discorso e, forse ma solo forse, stava iniziando a costruire mille castelli in aria perché le paranoie erano, ovviamente, il suo pane quotidiano.
«Zayn, il linguaggio!»
«Sì...» si scusò «Ma dimmi tutto quello che hai da dire!»
«Mi ha chiamato tuo padre e mi ha detto...che la settimana prossima torna! E che, probabilmente, non sarà più via per così tanto tempo. Fatta esclusione sporadici viaggi.» disse, tutta d'un fiato, non riusciva a trattenere la contentezza e sperava fosse lo stesso per il figlio, lei era entusiasta di riavere di nuovo la sua famigliola al completo, come giusto che fosse, lo amava, li amava, era tutto ciò che aveva di più prezioso... «Ha detto che riuscirà a breve ad aprire una galleria d'arte qui a Doncaster, non è fantastico?» e lo disse con un tono fiero ed orgoglioso, sapeva quanto suo marito avesse faticato per raggiungere quel punto, sapeva che era il giusto esempio per Zayn che da lui aveva ereditato la passione per l'arte...

Taffy Love» Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora