LV

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If it's meant to be, it will be.

È il momento del confronto tra Matthew e Louis, per chi non ricordasse, consiglio una rilettura del capitolo LIII.
Ci tengo tanto a questo capitolo, mi sono emozionata in varie parti mentre lo scrivevo.
Sono contenta anche di essere riuscita ad aggiornare abbastanza velocemente, spero che il capitolo vi piaccia tanto quanto è piaciuto a me scriverlo.
Buona lettura e buona domenica,
Angela x

Il tempo, Louis lo sa, è solo l'ennesima convenzione di troppo inventata dall'uomo per provare a gestire la propria vita. Un'ora non è mai davvero solo un'ora quando senti l'ansia scorrere nelle vene e guardi ossessivamente le lancette dell'orologio, aspettando che queste si velocizzino, ma continuano a rallentare. Per come la sta vivendo lui, un'ora può durare anche un anno.
E forse un anno è passato già, il caffé che sta bevendo è ormai andato da un pezzo così come le sue gambe che non smettono di picchiettare il suolo. È in ansia, ma non è nemmeno questa la novità del secolo.
Sta aspettando Matthew, il caro vecchio Matthew, al bar dietro la scuola, in una giornata di marzo qualunque, una temperatura totalmente nella norma, ed il cuore a palla perché non sa cosa aspettarsi da questo incontro. Odia la sensazione da déjà-vu, la odia e non la sopporta, forse si è anche pentito della sua decisione perché non lo sa, non sa, cosa aspettarsi da quella giornata, da quella persona, dalla sua testa di merda ed il suo cuore che perdona tutto e tutti con facilità, perché, davvero, si può mai farsi scivolare tutto addosso solo con delle sincere scuse? E no, questa non vuole essere una frecciatina a nessuno, ma non è possibile mettere una pietra su ogni cosa, non lo è, non è eppure lo fa, sempre.
Ha già finito la sua ordinazione (dà la colpa all'anticipo di quarantacinque minuti e alla "fame nervosa" così come la definisce lui), sta per chiedere altro al cameriere ma la sua mascella si blocca quando lo vede arrivare da lontano, si ferma, poi riesce giusto a dire di volere un bicchiere d'acqua. Il cameriere non batte ciglio, trattandolo con la giusta indifferenza di cui ha bisogno.
Quando arriva, con il ciuffo biondo sparato in alto, come se avesse la presunzione di voler toccare il cielo con questo, gli fa un breve cenno, un sorriso riservato, accennato appena, legge il disagio nei suoi occhi. «Ciao» gli dice semplicemente, al che Louis risponde a malapena. Non ha intenzione di parlare molto, alla fine colui che deve dargli spiegazioni è Matthew, lui ha solo accettato di ascoltarlo e così sia.
«Beh...» si schiarisce la voce «Mi fa piacere tu abbia accettato di vedermi» inizia poi, nell'apparente intento di voler iniziare una conversazione pacifica. Louis non è della stessa opinione però, perché lui non prova piacere, è solo dispiaciuto di dover essere arrivato a tanto con una persona in cui aveva riposto piena fiducia, tempo addietro. Ne è amareggiato e gli fa ancora male, non lo nasconde, glielo si legge in viso, la sua espressione è contrariata. Anche Matthew se ne accorge e sospira, passandosi una mano tra i capelli, comprendendo che la situazione è parecchio complicata e la colpa è solo sua per averla danneggiata così tanto. «Non hai intenzione di rivolgermi la parola, vero?» domanda retorico, sa di non ottenere risposta, Louis glielo ha scritto chiaramente nel messaggio: "Vengo solo per ascoltarti" «Allora vuol dire che parlerò a ruota libera...Un thè al limone, per favore» dice poi, dando le direttive al cameriere che, poverino, si è ritrovato a passare proprio in quel tavolo ricco di tensione.
«Lou, non vengo ad implorare perdono.» quel nomignolo fuoriuscito dalla sua bocca fa storcere il naso a Louis, non vuole che si comporti come il vecchio Matthew quello carino, buono e gentile perché non esiste più o forse non è mai esistito. «Non ti chiedo perdono. So di avere sbagliato con te. Non avrei dovuto reagire così.» ripete a raffica quello che si è ripetuto per tanto tempo «Ci sono delle cose che non sai, però. E non giustificano il mio comportamento, ovviamente no, però hanno influenzato il mio metodo di giudizio. Ero solo un ragazzino, in fondo...» dice, per poi correggersi «E lo eri anche tu, però sei sempre stato più coraggioso di me. E lo sai...»
Louis riflette su queste ultime parole, facendo percorrere la mente verso quel ricordo in particolare...

Taffy Love» Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora