«Ce la fai o preferisci che ti prenda in braccio?»
Chiese sfiorandomi un braccio, continuai a guardare il pavimento chiaro e feci qualche passo verso la porta allontanandomi da lui.
«Ce la faccio grazie»
Per quanto potessi concentrarmi sul suo viso l'occhio non poteva che finirmi ogni volta sul suo petto.
«Balle»
Sbuffai e mi voltai camminando a vuoto, non avevo idea di dove fossero le scale e il buio certo non aiutava.
«Di qua»
Disse indicandomi un corridoio davanti a me, lo seguì e pochi metri dopo una lunga scala con corrimano decorato si presentò davanti ai miei occhi.
«Okay...»
Sussurrai sentendomi presa in giro, salì il primo scalino e mi tappai la bocca trattenendo un respiro, due braccia mi sollevarono e di nuovo mi sentì morire.
«Facciamo che ti do una mano, okay?»
Rimasi in silenzio guardando altrove e presto le scale finirono.
Diciassette, li avevo contati tutti, compreso il primo scalino che avevo fatto da sola. Entrammo in una stanza poco illuminata ed Ethan mi lasciò andare su un enorme letto a baldacchino, e come toccai il cuscino mi addormentai inspirando l'odore pulito di quelle lenzuola.

La mia mano sfiorò le garze sulla mia pancia e aprì gli occhi disturbata dal silenzio, il suono del mio respiro occupava la mia mente ancora addormentata. Mi guardai intorno, l'enorme vetrata a parete era coperta da leggere e lunghe tende bianche, che lasciavano passare la luce giusta, mi spostai il lenzuolo dalle gambe e le strisciai sul materasso toccando poi le fredde piastrelle color panna. Mi guardai intorno ancora leggermente intontita e mi liberai dalle flebo attaccate alle mie braccia.
«Che ore sono?»
Chiesi al vuoto cercando la mia voce, mi sfiorai la gola e oltre ad un leggero bruciore non c'era nulla che non andasse, mi alzai in piedi e mi sentì meglio, sfiorai i pantaloncini sportivi a vita bassa grigi e il top bianco dello stesso colore della scritta sul tessuto, con la mano mi sfiorai la pancia stretta in diversi giri di garze pulite e mi avvicinai alla specchiera in legno scuro elegantemente incisa.
Il mio riflesso sembrava lo stesso di sempre, la mia pelle era pulita e la ferita sulla fronte era coperta da un grosso cerotto spostato verso sinistra, i miei occhi azzurri sembravano stanchi e mi sfiorai la guancia sinistra guardando quell'iride sferzata di giallo accanto alla pupilla che mi differenziava tanto i due occhi. Presi un respiro e mi passai un indice sui diversi piccoli tagli sul labbro inferiore, lo allontanai sussultando e mi portai una mano sui capelli sconvolta.
Mi erano stati tagliati fino alla spalla e quasi mi sentì mancare sperando fosse tutto un incubo.
«Dai Emma, è un incubo»
Dissi al mio riflesso sorridendo,
«Solo un incubo»
Ripetei con sempre meno convinzione, mi toccai ancora i capelli, così corti non li avevo mai tenuti prima d'ora, infondo non mi stavano poi così male, il mio piccolo viso sembrava vedersi meglio a dire il vero.
«Devo uscire di qui»
I miei piedi nudi non davano peso al freddo delle piastrelle e nemmeno all'ambiente che mi circondava. Raggiunsi la maniglia e l'abbassai tirando la porta verso di me, sbuffai e provai ancora e ancora fino a prenderla a pugni. Chiusa a chiave.
«Di bene in meglio»
Sussurrai ironica appoggiando la schiena al legno e lasciando andare la maniglia, guardai le tende per qualche secondo e sorrisi avvicinandomi, le spostai e provai ad aprirle tutte, ma erano bloccate anche quelle.
«Ma sul serio?!»
Strinsi la tenda e la strattonai per scaricare la tensione.
«Dio!»
Sbuffai lasciandola andare e sedendomi a terra incrociando gambe e braccia.
Soffiai via dal viso un ciuffo di capelli, che puntualmente tornò al suo posto.
«Lo ammazzo!»
Gridai. Ma niente, sembravo essere sola in quella casa e la cosa mi metteva i brividi.
Tornai in piedi e mi guardai intorno, alzai un sopracciglio e mi soffermai sul caminetto davanti al letto, lo raggiunsi e sfiorai l'interno.
«Divertente»
Dissi ironicamente toccando una lastra fredda che bloccava la canna del camino. Alla mia sinistra la parete di un leggero verde era coperta di gigli dipinti, che davano a quella stanza un eleganza invidiabile, i mobili in legno scuro si riprendevano a vicenda per le elaborate incisioni, tranne la scrivania accanto al letto, che con il legno perfettamente liscio e opaco staccava da qualsiasi mobile.
Mi avvicinai all'armadio e aprì entrambe le ante, ma niente, era completamente vuoto.
Notai un foglio a righe strappato da qualche quaderno appeso con dello scotch e lo presi leggendo che ci fosse scritto.

~ Spiacenti, Narnia è chiusa per lutto ~

«Ma mi prende in giro?»
Domandai accartocciando il foglio e lanciandolo da qualche parte alle mie spalle. Alzai gli occhi al cielo e mi portai le mani sul viso.
«Voglio uscire da quiiiiii»
Mi lamentai ancora una volta chiudendo l'armadio.

Forget about me SOSPESADove le storie prendono vita. Scoprilo ora