#18

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Era vero, salendo su quell'auto e accettando quella chiave avevo chiuso per sempre i rapporti con il mondo esterno, niente più esami il lunedì, niente più appunti per casa o pizza il venerdì sera con un uomo sempre troppo occupato con il lavoro.
Non avevo idea di cosa mi sarebbe successo, ma forse sarebbe stato meno peggio della noiosa routine che aveva preso posto alla mia vita dopo l'incidente.
«Chase?»
L'uomo mi rivolse uno sguardo e tutti smisero di parlare,
«Possiamo fare una deviazione?»
Chiesi continuando a guardare la strada davanti a me, lui accostò e mi rivolse tutta la sua attenzione.

Dieci minuti più tardi mi ritrovai li, in piedi sul vecchio portico di casa mia, le scarpe le avevo lasciate in auto, dove sapevo che ora tutti mi stavano guardando con ansia.
Fissai la porta ancora per un po' e poi feci cenno a Chase di fare il giro dell'isolato, lui tirò su il finestrino e mi diede corda partendo lentamente.
Passò un minuto e io ero ancora li, la gamba che teneva un tempo inesistente e il gambo della sua rosa che mi pungeva le dita. Una macchina frenò dietro di me e chiusi gli occhi lasciando andare quella maledetta lacrima.
Presi un respiro e lasciai la rosa rossa sul tappetino dell'ingresso, i petali ormai erano diventati più scuri e il fiore sembrava aver perso la sua luce, bussai due volte e suonai il campanello correndo giù per quei tre scalini e di corsa lungo il viale mentre la gonna dell'ampio vestito danzava al vento.
Salì in auto e la porta si aprì appena chiusi la portiera, il finestrino ricoperto di fiocchi di neve ormai sciolti, dava l'idea di un finestrino dopo un brutto temporale, appoggiai la mano sul vetro e guardai mio padre uscire e raccogliere la rosa, socchiuse gli occhi verso l'auto e io sorrisi sentendo il cuore spezzarsi un ultima volta.
«Scusa»
Mimai con le labbra lasciando scivolare la mano sul vetro freddo, come Phil fece un passo avanti Chase partì lasciando mio padre a fissare il vuoto con il dolore di chi sapeva di aver visto un volto ormai troppo lontano.
Sospirai e sorrisi asciugandomi la guancia destra, alzai lo sguardo verso la strada e notai il cielo farsi più scuro.
«Era la cosa giusta da fare»
Dissi rompendo il silenzio soffocante che era calato, l'uomo accanto a me strinse il volante con entrambe le mani e strinse le labbra una sola volta.
«Era la cosa sbagliata da fare»
Mi corresse senza staccare gli occhi dall'asfalto umido davanti a se.
Corrugai le sopracciglia e rimasi qualche secondo ad osservare il suo profilo apparentemente perfetto.
«Perché non mi hai fermata allora?»
Chiesi fredda socchiudendo gli occhi, mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e percepì gli sguardi silenziosi e incuriositi dei ragazzi dietro di noi.
«Emma...»
«Rispondi alla mia domanda Chase, se la mia azione è stata così sbagliata ai tuoi occhi, perché hai deciso di non fermarmi quando potevi?»
Lo interruppi con arroganza prima che mi rifilasse qualche stupida lezione di vita.
Le dita della sua mano destra strinsero con forza il volante e sentì la paura crescere nelle mie vene, ma feci finta di nulla aspettando una sua risposta.
«Perché sono un egoista Emma Collins, ma avrai modo di riconoscerlo da sola»
Corrugai le sopracciglia e abbassai lo sguardo sull'orologio attorno al suo polso.
Era appena mezzogiorno.

Il rumore del cancello automatico mi riportò alla realtà, facendomi lasciare indietro tutti quei minuti rimasta a pensare a niente. Chase frenò pochi metri più avanti e io portai la mano sulla maniglia, ma mi fermai vedendo che nessuno stava uscendo dalla macchina.
«Emma per questa settimana ti chiedo di restare ancora in casa, ti pregherei di non rivolgere alcun tipo di domanda ai miei figli su dove andranno nei giorni successivi, per il resto fa pure come fossi a casa tua»
Rimasi in silenzio e annuì una sola volta guardando poi l'uomo sfiorarsi i capelli chiari e uscire chiudendosi la portiera alle spalle. Mi soffermai a guardare il sedile vuoto e aprì poi la portiera uscendo.
«È tutto okay?»
Domandò Ethan rivolgendomi uno sguardo perplesso, mi sistemai la gonna dell'abito e gli rivolsi uno sguardo portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Ho appena rinunciato a quello che rimaneva della mia famiglia, distruggendo l'uomo che è stato mio padre Ethan. Non è affatto tutto okay»
Risposi mascherando la mia angoscia con un tono basso.
«Posso ancora portarti indietro se vuoi»
Le sue dita calde sfiorarono le mie per poi intrecciarsi ad esse. Mi rivolse un sorriso e io ricordai ancora una volta il motivo della mia scelta completamente folle.
«Non ho detto che voglio tornare, solo che ho bisogno di qualche giorno»
I suoi occhi scuri vagavano sul mio viso in cerca di qualcosa di vero nelle mie parole e poi annuì una volta.
«Ricordati che non sei mai morta davvero Emma»
Gli rivolsi uno sguardo confuso cercando di seguire la logica del suo discorso e distolsi lo sguardo lasciando andare le sue mani.
«Ti sbagli Ethan»

Forget about me SOSPESADove le storie prendono vita. Scoprilo ora